AGI - Con la sua consueta mescolanza di positivistica analisi dei dati materiali e idealistica speranza di successo, l’intelligence britannica ha voluto scorgere nella rimozione russa delle spoglie mortali di Grigorij Potemkin, Principe di Tauride, il segno che il Cremlino si stia apprestando allo sgombero dalla Tauride stessa. O persino qualcosa di più.
Tutti hanno diritto alla propria versione interpretativa della mantica; se di vaticinio imbroccato si tratta, lo si vedrà solo domani. Però è vero: se le forze russe hanno spostato quella tomba apparentemente ben poco significante (qualsiasi chiesa romana ne ha a decine di più belle e più vistose) piantata nel terreno della Cattedrale di Santa Caterina un motivo c’è, ed è ben concreto. Tutto sta a capire quale sia.
La Russia è uno dei paesi europei dove il passato conta di più. No che non passi, al contrario; solo che viene costantemente rivissuto a rimembranza del futuro, oltre che del presente.
Persino i ritocchi sovietici alle foto della nomenklatura sovietica, che tanto ispirarono Orwell, o la damnatio inflitta ad un Trotsky ormai in esilio non sono altro se non il segno che mai si dimentica, nulla si distrugge e tutto si rumina.
Potemkin, spirito libero e libertino, non fa eccezione. Sono andati a recuperarlo in quella che doveva essere una sorta di esilio perpetuo decretato ai suoi danni post mortem da un figlio geloso divenuto zar, e lo hanno portato chissà dove. Soprattutto, chissà quando e dove riapparirà. Perché il nocciolo della questione è tutto qui.
Potemkin a Kherson venne sepolto ormai in disgrazia. Non gli fu data una trotskiana martellata nel cranio, morì di febbre, ma si ebbe il buon gusto di nascondere l’avversione con l’ammirazione. Caterina aveva cambiato favorito, però ostentò dolore. Fu così che lo adagiarono nella terra che egli aveva russificato in onore della sua focosa amante tedesca. Amante e forse moglie: di qui la gelosia di Paolo, primo con il suo nome nella dinastia dei Romanov.
Mentre Caterina la Grande prendeva i suoi conterranei e li spediva sul Volga a fare il loro mestiere, quello di contadini, Potemkin girava per l’Ucraina a fondare città. La stessa Kherson, ma anche Mykolayv e la ribattezzata Odessa. Al centro del triangolo pose una flotta che un giorno avrebbe compreso una famosa corazzata.
Basta leggere certi toponimi per capire perché i russi non potevano tollerare che Kutuzov continuasse a riposare in pace a San Pietroburgo lasciando il signore della Tauride nelle mani degli infedeli. Il Passato è futuro e poi, quando si tratta di tombe, il passato è tutto: terra, potenza, sangue, popolo e nazione. Insomma, quello che accadrà.
I turchi, altra potenza affacciata sul Mar Nero, lo sanno altrettanto bene. Nel pieno della guerra di Siria, nel 2015, rischiarono vite umane e crisi internazionali per compiere un’incursione a sud, oltre il confine, per portare a casa i resti di Suleyman Shah, nonno di Osman I fondatore della potenza ottomana. Non avrebbero mai tollerato che quella polvere mortale finisse nelle mani, arabe, dei tagliagole dell’Isis.
È il motivo per cui, all’inizio che fu anche la fine della Quarta Crociata, il corpo di Luigi IX il Santo fu messo a bollire e tenuto nell’aceto: per essere trasferito a Parigi con tutta la sua regalità; a Tunisi chissà che fine avrebbe fatto.
Persino la Chiesa, quella moderna, quella odierna, quella postconciliare non è immune da certe fascinazioni, e il cardinal Dziwiz, che fu per anni segretario di Wojtyla, propose di riportarne almeno il cuore nella sua Cracovia.
Ma i santi vanno collocati più in alto dei fanti e non si può trattare Giovanni Paolo Magno come un qualsiasi re di Francia a San Denis.
Il corpo del signore è fonte di legittimità per chi gli succede. Quando perì per una strana febbre Alessandro, Grande anch’egli e come pochi altri, la guerra si scatenò non attorno alla divisione del suo impero, ma a quella delle sue spoglie. Perdicca le volle per sé, Tolomeo le fece proprie con un’azione inaspettata di rapina. Le portò con sé alle foci del Nilo, e nelle acque del Nilo affogò Perdicca giunto a riprendersele con un esercito.
Da quel momento Tolomeo ed i tredici omonimi successori conservarono il corpo di Alessandro, ancora vestito d’armatura, in una tomba aperta alle visite. Cesare volle vederlo, traendone ispirazione, ma anche Caligola e Settimio Severo. Poi, nel quarto secolo, giunse un maremoto e di quel corpo non si seppe più nulla; contemporaneamente declinava anche Alessandria la perla d’Egitto.
Ma fu un caso, questa concomitanza, perché un re senza tomba è importante quanto la tomba di un re. Alessandro svanito nel nulla dette il via alla creazione della sua leggenda medievale, che lo voleva assurto al cielo alla guida di un carro.
La suggestione valse anche per il Barbarossa, che i tedeschi non vollero ammettere di aver perso nel Meandro e lo fecero riposare sotto un monte, ora in Sicilia ora in Germania. Sotto un monte dicevano i celti riposasse anche Artù. Entrambi, lui e l’Hohenstaufen, in attesa di appalesarsi nuovamente e riportare il proprio popolo alla grandezza.
Perché di questo si tratta, del sogno di una nuova grandezza. I russi lo sanno bene, perché anche loro hanno avuto il loro Re Nascosto: Demetrio, l’ultimo erede di Ivan IV il Terribile.
Anzi, ne ebbero tre, di Demetri, ma tutti assolutamente falsi. E la loro presenza immonda e usurpatrice fu, quella sì, corrispondente alla decadenza del regno. Ad esser più precisi: all’egemonia polacca sulla Russia.
Qui si spiega l’arcano, qui sta la chiave dell’inspiegabile traslazione. I russi, è opinione accertata, vogliono l’Ucraina per il suo grano ed il suo mare, ma anche e soprattutto per ritornare all’antica grandezza. Riprendendosi il corpo del Potemkin principe di Tauride, ora che l’esito della guerra non è più tanto scontato, dicono una cosa: a agli ucraini, ma a tutti. E cioè che il re è nascosto, ma tornerà. Sì, tornerà. E anche loro.