AGI - Temendo una nuova epidemia di Covid, che avrebbe potuto trasformare la Danimarca in una “nuova Wuhan”, la premier socialdemocratica Wette Frederiksen ha ordinato la soppressione di 17 milioni esemplari di visoni, un'iniziativa che ha distrutto un'importante industria del Paese ed è costata alle casse pubbliche 2.500 milioni di euro di risarcimenti agli oltre tremila allevatori, in pratica 19 mila milioni di corone del luogo.
“Ha agito autoritariamente. Non c'era alcuna motivazione e solida base legale", ha affermato poi un giudice. Wette Frederiksen, 44 anni, è stata costretta a riconoscere che l'ordine di abbattere tutti i visoni era effettivamente illegale, ma che non ne era a conoscenza. E si scusata.
Scrive il Paìs che la Danimarca non è stato però l'unico membro dell'Ue a ordinare l'uccisione dei visoni durante la pandemia. In Spagna sono stati massacrati più d 100 mila esemplari e nei Paesi Bassi più di un milione, ma solo il paese scandinavo insieme all'Irlanda, hanno dato istruzioni perché non ne rimanesse in vita nessuno.
Il caso però portato ad una quasi crisi di governo. Il presidente del Consiglio ha ricevuto un rimprovero ufficiale, dopo il fallimento dei tentativi dell'opposizione di promuovere l’impeachment nei suoi confronti. Ciononostante, il Partito social-liberale - tradizionale alleato dei socialdemocratici - ha poi chiesto alla presidente di indire elezioni anticipate se non voleva essere sottoposta a una mozione di censura.
Di fatto l'industria delle pellicce di visone in Danimarca è oggi morta e secondo alcuni non tornerà mai più in auge, per la felicità degli animalisti, anche se pur tuttavia il divieto di allevare visoni scadrà il prossimo 1 gennaio.
Resta ancora irrisolto il nodo delle elezioni. Il Frederik Waage, giudice ad interim dell'Alta Corte orientale, ritiene che non vi siano fondati motivi per sottoporre la premier a un processo politico, e che, in ogni caso, potrebbe trattarsi semmai solo di un caso di negligenza e lei andrebbe incontro a lievi sanzioni.
Però nel caso in cui la leader socialdemocratica uscisse vincitrice nel voto e riuscisse a prestare giuramento per un secondo mandato ma la maggioranza del parlamento danese approvasse di sottoporla a un processo politico, questo sarebbe il primo processo a svolgersi nel paese scandinavo ai danni di un primo ministro.