AGI - Sfida all'ultimo sangue per il ballottaggio presidenziale in Brasile. Il clima di tensione è alle stelle anche per il crescente rischio di violenze pre e post elettorali oltre agli accesi scambi di accuse a colpi di disinformazione e fake news, mentre lo scarto tra i due candidati si sta riducendo. Domani alle urne andranno 150 milioni di brasiliani. Ieri l'ultimo duello tra Luiz Ignacio Lula da Silva e Jair Bolsonaro.
I due hanno cercato di catturare l'elettorato degli indecisi, sfidandosi su questioni chiave dall'economia all'aborto, ma confrontandosi anche su pandemia, ambiente e relazioni internazionali. La sfida dialettica ha mostrato due candidati più preparati rispetto ai dibattiti precedenti e che hanno dato risposte molto più calcolate rispetto alle questioni più spinose.
Minacce morte a lula e rischio violenze
A Luiz Inacio Lula da Silva, candidato del Partito dei Lavoratori, in vantaggio nei sondaggi, al 48,4% contro il 43,2% di Bolsonaro, sono arrivate anche minacce di morte. La polizia federale del Brasile ha avviato un'inchiesta sulla mail ricevuta dall'ex presidente di sinistra in cui si affermava che sarebbe stato ucciso in una sparatoria nella sede dell'istituto Lula di Sao Paulo. Non è la prima volta che Lula finisce nel mirino, ma a questo punto della tesissima campagna elettorale sale ulteriormente la pressione da parte sostenitori di Bolsonaro, che in video apparsi sui social incitano alla violenza, esortando il presidente uscente di estrema destra a vincere il ballottaggio, non escludendo la possibilità di fare un golpe.
Un altro fatto preoccupante, ha riferito El Pais, è stata l'aggressione dell'ex deputato Roberto Jefferson, già alleato di Bolsonaro, ad alcuni poliziotti durante il suo arresto, quando ha esploso ben 50 colpi d'arma da fuoco e lanciato tre ordigni sugli agenti. Il quotidiano spagnolo ha fatto notare che il presidente uscente ha chiaramente preso le distanze da Jefferson, ma quanto accaduto innalza il livello d'allarme su possibili episodi di violenza il giorno del voto.
Veterano della politica, Jefferson è già stato in carcere per corruzione, si trovava agli arresti domiciliari ed ora è tornato in detenzione con l'accusa di quattro tentati omicidi oltre al fatto di detenere in casa una ventina di armi da fuoco e un'ingente quantità di munizioni, essendo ancora in possesso di un permesso. Bolsonaro, che ha raggiunto il grado di capitano dell'esercito prima di entrare in politica, sostiene l'uso delle armi per la difesa personale. Durante il suo governo, ha reso l'accesso più flessibile, il che ha comportato un aumento di pistole e fucili in mani private: in tutto sono 4,4 milioni i brasiliani che detengono in casa un'arma da fuoco.
Il numero di cacciatori, tiratori e collezionisti ha raggiunto un livello record: secondo il Forum di pubblica sicurezza brasiliana, sono cresciuti del 473% tra il 2018 e il 2022, oltre al fatto che il Paese sta vivendo una vera esplosione di aperture di club di tiro. Sebbene il tasso di omicidi sia notevolmente diminuito dal 2017 al livello più basso degli ultimi 15 anni da 30,9 per 100 mila abitanti a 22,3 nel 2021, un'analisi statistica della stessa fonte afferma che 6.379 omicidi si sarebbero potuti evitare se il possesso di armi da fuoco non fosse aumentato. Il caso Jefferson è stato quindi interpretato come sintomatico del livello di violenza radicato anche negli ambienti politici, oltre a diventare motivo di accuse incrociate tra sostenitori di Lula e Bolsonaro, gettando ulteriore benzina sul fuoco. Un'altra forma di violenza molto diffusa nella campagna elettorale per le presidenziali è stata quella verbale, espressa direttamente dai candidati e dai loro sostenitori, sia nei media, in particolare durante dibattiti televisivi e in varie interviste, che sui social.
Accuse, fake news e disinformazione
Le accuse reciproche e relative fake news che hanno contrassegnato il periodo elettorale sono state incentrate su una serie di tematiche ricorrenti e portate avanti a più livelli dell'informazione e della propaganda politica: corruzione, deforestazione dell'Amazzonia, gestione della pandemia di Covid-19, vaccini e persino cannibalismo. La disinformazione è a tutti gli effetti un'arma pericolosa e diffusamente utilizzata dai due candidati. La corruzione, spina nel fianco nelle istituzioni e nella classe politica brasiliana, è stata al centro della campagna per le presidenziali e delle accuse tra i due contendenti. Bolsonaro ha messo in luce un grave scandalo di corruzione iniziato durante il mandato di Lula, quando circa 18 miliardi di dollari sono stati rubati in tangenti e contratti petroliferi troppo cari legati alla compagnia petrolifera statale Petrobras. Lo stesso Lula è stato ritenuto colpevole di coinvolgimento e nel 2017 è finito in prigione, ma la sua condanna è stata annullata l'anno scorso, consentendogli di candidarsi a queste elezioni.
Da parte sua, Lula ha puntato il dito contro Bolsonaro per aver favorito la corruzione, accusandolo di aver perso il controllo delle finanze del Paese. Con questo si riferisce a un "bilancio segreto" incluso nella legge di bilancio approvata nel 2019, che consente la spesa di fondi pubblici da parte dei legislatori federali con una supervisione limitata. Il Congresso vota su veti e progetti, compreso il Budget, e ora, grazie ad emendamenti poco trasparenti approvati di recente, controlla ingenti somme di denaro pubblico. Bolsonaro nega di aver approvato questi controversi emendamenti e sostiene di aver posto il suo veto in Congresso al nuovo meccanismo incluso nel bilancio. In realtà nel dicembre 2019 la presidenza brasiliana ha inviato al Congresso una nuova proposta di legge, che includeva il meccanismo "segreto" al suo interno, ed è stata poi approvata.
"È un'istituzionalizzazione della corruzione, un modo per comprare il Congresso utilizzando il budget del Paese" ha commentato Bruno Brandao, direttore esecutivo della sezione nazionale brasiliana di Transparency International. Secondo Brandao indagini della stampa e della polizia hanno dimostrato che esistono diffusi schemi di frode coinvolti nell'applicazione di questi fondi pubblici.
Deforestazione Amazzonia
Altro tema caldo e sul quale Bolsonaro è stato spesso oggetto di accuse sia in patria che da leader di altri Paesi è la crescente deforestazione dell'Amazzonia, polmone verde per l'intero pianeta, e la mancata tutela delle sue risorse nonché delle popolazioni indigene, favorendo invece multinazionali e poteri forti. La foresta pluviale svolge un ruolo fondamentale nell'assorbire l'anidride carbonica dannosa che altrimenti sfuggirebbe nell'atmosfera e circa il 60% dell'Amazzonia si trova in Brasile. Entrambi i candidati hanno affermato di avere assicurato la miglior protezione possibile al polmone verde amazzonico.
Durante un dibattito presidenziale, Lula ha assicurato che durante il suo governo è stata registrata la più bassa deforestazione in Amazzonia, e in quello di Bolsonaro la più alta. In realtà durante i primi tre anni di governo di Bolsonaro la quantità di deforestazione è stata significativamente inferiore rispetto allo stesso periodo sotto Lula, circa 34 mila km quadrati, contro 71 mila, secondo l'Istituto nazionale per la ricerca spaziale (Inpe).
Ma dopo i primi due anni di presidenza Lula, il tasso di deforestazione è diminuito in modo significativo e quando ha lasciato l'incarico, nel gennaio 2011, aveva raggiunto i minimi storici. Sotto Bolsonaro, invece, il tasso di deforestazione è aumentato ogni anno, portando avanti una tendenza iniziata un paio d'anni prima del suo insediamento nel gennaio 2019. Ha implementato politiche che, secondo i suoi detrattori, annullano le misure di sicurezza cruciali mentre le azioni penali contro il disboscamento illegale sono diminuite durante la sua presidenza.
Lotta al covid e ritardi vaccinazione
Bolsonaro è stato spesso accusato di aver diffuso disinformazione sul Covid e sulla vaccinazione, essendosi rifiutato di farsi vaccinare lui stesso. Lula ha pesantemente criticato gli sforzi del presidente in carica per controllare la pandemia. "Il Brasile ha il 3% della popolazione mondiale e il Brasile ha avuto l'11% dei decessi a causa della pandemia nel mondo" ha denunciato il candidato di sinistra. Secondo la Johns Hopkins University, con un bilancio di 687 mila decessi, il Brasile ha effettivamente registrato il secondo numero di vittime ufficiale più alto al mondo dopo gli Stati Uniti.
Il Brasile ha anche pagato uno dei più alti tributi di vittime globali registrati in proporzione alla sua popolazione, anche se non così alto come il vicino Perù. Lula ha anche messo in dubbio l'organizzazione e il tempo perso prima di lanciare le vaccinazioni anti-Covid. Difendendo il record del suo governo, Bolsonaro - che ha continuato a tenere comizi affollati durante la pandemia, senza distanziamento e mascherine - ha assicurato che "abbiamo acquistato oltre 500 milioni di dosi di vaccino e il Brasile è uno dei Paesi più vaccinati al mondo e nel minor tempo".
Il suo governo ha ora acquistato circa 750 milioni di dosi, ma il primo milione di ordini è arrivato molto più tardi rispetto ad altre nazioni, pertanto inizialmente il Brasile è rimasto indietro rispetto a molti altri Paesi dell'America Latina e del mondo. Ad oggi sono state somministrate 220 dosi ogni 100 persone, ancora al di sotto dei livelli di molti altri Paesi della regione, tra cui Argentina, Cile e Perù.
Satanismo e Cannibalismo
Entrambi cattolici, Bolsonaro e Lula, cercano ovviamente sostegno anche tra gli elettori cristiani evangelici, che costituiscono quasi un terzo della popolazione brasiliana. Le strategie dei due candidati - che in piu' occasioni hanno pregato con fedeli di un'altra religione - sono state cariche di disinformazione religiosa. Ad esempio due dei figli di Bolsonaro e altri politici hanno condiviso un video in cui un influencer, che si definisce satanista, dichiara il suo sostegno a Lula. Sulla scia di questo video diventato virale, sono stati rilanciati diversi messaggi allarmistici in cui si affermava che il Brasile avrebbe corso un "rischio spirituale" in caso di vittoria di Lula. Come replica, il suo team di campagna ha rilasciato una dichiarazione ufficiale con la quale rifiutava qualsiasi coinvolgimento del candidato del PT nell'adorazione del diavolo, ma il video in questione e' stato bandito dalla Corte elettorale, l'organismo che sovrintende al voto.
È venuta a galla anche un'intervista rilasciata da Bolsonaro al New York Times nel 2016 in cui affermava di aver visitato una comunità indigena in Brasile che presumibilmente stava cucinando un morto e che lui aveva chiesto di guardare. Gli era stato detto che se volesse guardare avrebbe dovuto unirsi al pasto, al che Bolsonaro avrebbe risposto: "Lo mangerei. Non avrei problemi a mangiare l'indigeno". Il team di Lula ha rilanciato un video di quella clamorosa intervista, commentando i suoi contenuti come "mostruosi poiché Bolsonaro rivela che mangerebbe carne umana". Dietro richiesta del diretto interessato, la Corte elettorale ha poi vietato il video della campagna di Lula, dicendo che aveva estrapolato dichiarazioni dall'intervista fuori dal contesto. Inoltre i leader del popolo Yanomami, a cui faceva riferimento il gruppo indigeno visitato da Bolsonaro, hanno respinto tale affermazione, assicurando di non praticare il cannibalismo.
Per arginare il fenomeno delle fake news, la scorsa settimana il Tribunale superiore elettorale del Brasile (TSE) ha approvato una risoluzione che velocizza il ritiro dei contenuti incrinati e obbliga i team di campagna dei candidati a ritirare dalla rete una serie di pubblicazioni, tra cui diversi video. Per lottare contro la disinformazione, sanzioni finanziarie saranno attuate nei confronti di quanti infrangeranno le regole vigenti. La risoluzione è stata adottata in fretta e furia, dopo un incontro tra il presidente del TSE, Alexandre de Moraes, i responsabili di campagna di Lula e Bolsonaro oltre a rappresentanti di Facebook, Instagram, WhatsApp, Google, TikTok, Telegram e YouTube.