AGI - Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è stato uno dei principali protagonisti sulla scena politica internazionale, in particolare dagli albori dell'invasione russa dell'Ucraina. Tuttavia il leader turco ora sembra in fase di attesa, mantiene un profilo più basso del solito e da giorni sembra concentrato solo su misure economiche e la strage di minatori della scorsa settimana, costata la vita a 41 persone.
Negli ultimi mesi oltre ad aver riaffermato con prepotenza la centralità della Turchia all'interno della Nato, al punto da indispettire non poco la Casa Bianca, Erdogan ha mantenuto una linea aperta con il presidente russo Vladimir Putin senza mai far venire meno il sostegno a Kiev.
La guerra e il gas
Erdogan non è riuscito nell'intento di far sedere le parti allo stesso tavolo e favorire un cessate il fuoco, ma ha portato a casa due importanti risultati con gli accordi per il 'corridoio del grano' e per lo scambio di più di 200 ostaggi tra Russia e Ucraina. Ora il presidente turco sembra in una fase di attesa e da qualche giorno ha decisamente diminuito il volume di dichiarazioni rispetto ai temi caldi di questi mesi.
Al piano di Putin, che appena una settimana fa ha dichiarato di voler fare della Turchia un hub energetico per smistare il gas russo verso l'Europa, il leader turco ha reagito con un silenzio, durato anche mentre il presidente russo parlava ad Astana a margine dell'incontro tra i due. Il quarto in quattro mesi. Solo il giorno seguente Erdogan ha commentato il piano del presidente russo. Rispondendo alla domanda di un giornalista, il presidente turco ha confermato la disponibilità della Turchia, ovviamente, dichiarando che le istruzioni per gli studi di fattibilità sono state già date.
All'interno di un intervento durato più di un'ora in Parlamento, al tema Erdogan ha dedicato una sola frase: "L'Europa riceverà il gas dalla Turchia. Stiamo cercando il posto dove realizzare il centro".
Una risposta minima e comunque dai toni bassi, sia rispetto al modo di esprimersi solito del leader turco, sia rispetto a un progetto che rafforzerebbe enormemente la posizione della Turchia sul piano internazionale, in particolare rispetto all'Unione Europea. A far calare il silenzio sul tema la strage nella miniera di Bartin, nel Mar Nero Occidentale, dove 41 minatori hanno perso la vita in seguito a un incendio. Il tema unico su cui Erdogan è tornato in questi giorni, dichiarando oggi che "non ci sarà pietà per le lacrime dei negligenti".
Una tragedia che ha costituito uno schiaffo per Erdogan, politico che di certo non manca di senso pratico, passato in 24 ore dalla prospettiva di rendere il proprio Paese un hub energetico a 44 morti che riportano alla realtà di un Paese che ancora estrae carbone in condizioni di sicurezza precarie e alla mente la strage di 301 minatori avvenuta nel 2014 a Soma.
Una tragedia che Erdogan aveva promesso non si sarebbe ripetuta già in quegli anni e che ora, con le elezioni nel 2023, è negli ultimi giorni l'unico tema su cui Erdogan è tornato a parlare. Una tragedia che ha spinto il leader turco a mettere in disparte altri temi in questi giorni.
In particolare la polemica incrociata con Grecia e Usa per gli F16. Ankara è infatti in attesa di 40 nuovi aerei da guerra F16 e di 80 kit per la modernizzazione della flotta turca. Un’attesa prolungata dalle pressioni della Grecia, che preme su Washington affinché neghi gli F16 che Ankara ha però già acquistato e pagato. La Grecia preme sugli Usa e chiede il riconoscimento dei diritti di sfruttamento di risorse energetiche all'interno di una piattaforma continentale di dimensioni su cui la Turchia non cederà.
Il governo turco accusa Atene di continue violazioni dello spazio aereo, di armare le isole del Mediterraneo orientale contrariamente a quanto stabilito dai trattati in vigore e di respingere illegalmente decine di migranti ogni giorno verso le acque turche. Erdogan sul tema si è espresso con chiarezza due settimane fa, ha rifiutato l'apertura del premier greco Kyriakos Mitsotakis a un incontro e lo ha accusato di "ipocrisia".
Appena ieri la Casa Bianca ha specificato di essere "imparziale" nella contesa tra Turchia e Grecia nel Mediterraneo Orientale, ma il silenzio di Erdogan è un silenzio di attesa di fatti concreti e soprattutto degli F16.
L'allargamento Nato
Erdogan ha ripetuto più volte di attendere i terroristi inseriti nelle liste di Ankara e di cui pretende l'estradizione da parte di Svezia e Finlandia per togliere il veto all'allargamento.
Il neo premier svedese Ulf Kristersson ha ribadito che per Stoccolma l'ingresso nella Nato è prioritario e appena due giorni fa ha garantito che gli impegni con la Turchia, che passano necessariamente attraverso l'estradizione dei nomi nelle liste di Ankara, saranno mantenuti. Erdogan attende l'estradizione per togliere il veto e aspetta segnali da Stoccolma, convinto che la Finlandia agirà poi di conseguenza.
Erdogan, che su questi temi si è espresso a cadenza quasi quotidiana negli ultimi sette mesi, sembra ora più concentrato sulle questioni interne e sulle elezioni in arrivo a giugno 2023. La miniera, una nuova legge contro la disinformazione dai contorni ancora poco chiari, le misure economiche da prendere all'interno di un Paese con l'inflazione avviata verso il 90%, il salario minimo da alzare ancora, gli attacchi dell'opposizione da rintuzzare e rispedire al mittente con la solita energia al limite dello sprezzo.
Il leader turco è consapevole di aver prepotentemente riaffermato la centralità della Turchia sul piano internazionale, ma sa anche che perdere le elezioni a giugno renderebbe tutto vano, e nella corsa alla riconferma era dato nettamente in svantaggio fino a pochi mesi fa. Una rimonta che per deve essere completata necessità' di risposte chiare alla strage di minatori, ma anche di misure che possano concretamente sostenere un Paese in difficoltà dinanzi le continue impennate dei prezzi.