AGI - Sulla sepolta leadership di Liz Truss, The Economist ha scagliato il suo sasso con un paragone che dovrebbe lasciarle un livido sul cadavere: “Welcome to Britaly” titola in copertina, con una vignetta che ritrae la premier dimissionaria con l’elmo di Scipio, uno scudo affettato a forma di pizza e mentre impugna una forchettona cui sono arrotolati – ovviamente – spaghetti.
Considerato in Italia leggermente meno autorevole della Bibbia, ma più citato che letto, The Economist è ricordato più per i titoli di copertina che per i contenuti che li argomentarono. Bastò quell’”Unfit to lead Italy” del 2001 a lasciare qualche ammaccatura al premier di allora Silvio Berlusconi, che molti anni dopo avrebbe supportato con il suo cognome il biasimo semantico rivolto a Boris Johnson, quando Oltremanica venne rinominato “Borisconi”.
L’idea della cover ha forse preceduto quella dell’articolo oppure in redazione non si sono parlati, perché il pezzo asserisce – primo rigo del secondo capoverso – seccamente così: “Il paragone tra i due Paesi è inesatto”. La “Britaly” insomma non c’è malgrado l’italico look di Liz Truss. La Gran Bretagna, si spiega, non è l’Italia se si considerano il tasso di crescita, l’età media della popolazione, la competitività dell’economia, il livello del debito, la diversa posizione rispetto al club europeo e ancora la sovranità sulla moneta per cui – tutto ciò sceverando – Londra non è Roma e quindi no, la “Britaly” non c’è. Serve più che altro come monito, lo spauracchio Italia, come quello sventolato giusto dieci anni fa nel pamphlet “Britannia Unchained” che recava due firme attualmente piuttosto interessanti: Liz Truss e Kwasi Kwarteng. (La Nemesi esiste).
Ma nel warning odierno The Economist sventola tre fattori per cui nel corso degli ultimi anni “la Gran Bretagna si è spostata assai più vicino all’Italia”: l’instabilità politica, il mercato dei titoli, la bassa crescita (conseguenza della prima condizione: “Quando i cambiamenti di leader e di governo sono sempre dietro l’angolo, la pantomima e la personalità prendono il posto della politica. Johnson fu soprannominato da qualcuno ‘Borisconi’…”. Appunto).
Palmare è il parallelo tra l’instabilità politica italiana e quella della Gran Bretagna, che ne è stata “pienamente contagiata”: da maggio 2015 si sono succeduti quattro premier in ciascuno dei due Paesi (a Londra Cameron, May, Johnson e Truss). Ben più forzato s'è rivelato il parallelo "sul prossimo futuro", come di per sé è arduo anche per i poeti barocchi un paragone fra l’alba e il tramonto: The Economist sostiene - a questo punto sosteneva - che i due Paesi procederanno probabilmente “di pari passo” circa le sorti di Giorgia Meloni e Liz Truss. Salvo il dettaglio che l’una deve ancora giurare per l’incarico e l’altra ha completato la parabola con le dimissioni. A Roma non ci sono ancora i ministri. A Londra non ci sono più.
L’Italia in copertina però fa sempre notizia (soprattutto in Italia).