AGI - "Mar Musa è un segno, partito da Paolo, che ora in modo autonomo continua ad andare avanti, sentendo sempre forte il carisma del fondatore. La parte fertile del messaggio di Paolo, che è fondamentale sempre di più, è viva". A parlare con l'AGI è Francesca Dall'Oglio, sorella del gesuita romano scomparso nel luglio 2013, fondatore di Deir Mar Musa, comunità monastica arroccata sulle montagne della Siria a 80 chilometri da Damasco, che ha fatto dell'accoglienza e del dialogo interreligioso la sua vocazione.
Un tema che verrà dibattuto martedì 18 ottobre alle 18.30 presso Sant'Egidio a Roma la presentazione del libro di Francesca Peliti, 'Paolo Dall'Oglio e la Comunità di Deir Mar Musa', con la partecipazione anche della stessa Francesca Dall'Oglio. Un'occasione per ribadire l'importanza del dialogo e per raccontare la storia della comunità monastica attraverso la voce dei suoi protagonisti.
Un viaggio iniziato per mano di padre Paolo, ma che non è finito con la sua scomparsa: in questi scritti la comunità rinnova un voto di fede che trascende le vicende storiche per rimettere al centro il pensiero del suo fondatore. Da questo libro viene fuori "proprio il carisma di Paolo, la sua vocazione al dialogo con il mondo musulmano, questa sua chiamata al dialogo con i figli di Ismaele, che è stata la spinta a vedere Mar Musa come un luogo piu' profondo", racconta all'AGI Francesca, sottolineando come "al monastero il venerdì andavano famiglie musulmane, vi arrivava gente da varie parti del mondo, nel deserto, con il silenzio, a interpellarsi in modo profondo"
La sparizione di Paolo, rapito il 29 luglio 2013 a Raqqa dove si era recato per un'opera di mediazione con l'Isis su alcuni sequestrati, non ha messo fine all'esperienza di Mar Musa: "Il monastero è rimasto aperto, i monaci sono sempre stati lì tranne un brevissimo periodo. Hanno ripreso le attività con la comunità locale di Nebek, hanno creato una scuola di musica, aiutato famiglie locali a ricostruire delle case, hanno cercato di dare lavoro nel paese, hanno continuato l'opera di Paolo".
Il libro mostra "come il messaggio si sia incarnato in questo luogo e in questa storia": "Mar Musa è un genius loci", prosegue la sorella del gesuita, ricordando le tante persone che sono passate per il monastero, che si fermavano, a volte restavano; "gli esercizi spirituali che duravano anche un mese, il silenzio, la porta d'ingresso che costringe ad abbassare la testa in un gesto di umilta'".
Nell'opera della Peliti ci sono lettere inedite di Paolo, nel periodo tra 1985 e 1995, che si intrecciano con il racconto autobiografico di monaci e di altre persone legate alla comunita', come padre Jenz e padre Jacques Mourad, quest'ultimo monaco di Mar Musa rapito dai jihadisti nel maggio 2015 nell'antico monastero di Mar Elian e liberato dopo cinque mesi di prigionia. La guerra è sullo sfondo, non è raccontata in dettaglio. Cio' che si avverte è "questa chiamata di Paolo al dialogo e alla vita monastica e contemplativa che lui sentiva fortissima. L'accoglienza è stata il tratto distintivo, si è sempre piu' caratterizzata e ha acquisito spessore".