AGI - Si all'Armenia, no alla Grecia, ni alla Siria di Assad, avanti con il dialogo tra Russia e Ucraina. Si potrebbe riassumere così la partecipazione del presidente turco Recep Tayyip Erdogan al summit della Comunità politica europea di Praga, un summit in cui il leader turco, attivissimo da mesi, è stato ancora protagonista.
Qualcuno pensava che la prima edizione, da un'idea del presidente francese Emmanuel Macron, con 44 Paesi invitati, potesse essere solo l'occasione per una passerella e per le foto.
Non per Erdogan, dall'inizio dell'anno iperattivo sul piano diplomatico e impegnato su più tavoli. Nella giornata inaugurale del summit Erdogan ha incontrato il premier spagnolo Pedro Sanchez e avuto un trilaterale con il premier ceco Petr Fiala e con la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, prima di un faccia a faccia con il presidente bulgaro Rumen Radev.
Tuttavia è nel pomeriggio digiovedì che ha iniziato a circolare una foto che ritraeva Erdogan tra il premier armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev. Al termine dell'incontro, informale ma comunque storico, Aliyev ha dichiarato che il processo di pace con l'Armenia "ha subito un'accelerazione", rivelando che i lavori per un accordo condiviso da mettere nero su bianco vanno avanti da alcuni giorni.
Sia Aliyev che Pashinyan hanno confermato che un incontro tra i ministri degli Esteri dei due Paesi è in programma, il secondo in pochi mesi, impensabile solo un anno fa, impensabile dopo i giorni di scontri che hanno reinfiammato il Nagorno Karabakh appena poche settimane fa.
Momento a suo modo storico, che ha preceduto di poco il bilaterale di Erdogan con Pashinyan. Il contatto di più alto livello tra Turchia e Armenia dal 2009, quando un processo di normalizzazione naufragò al momento delle ratifiche. Oggi i due Paesi sembrano più vicini che mai, messo da parte il nodo irrisolvibile del 'genocidiò armeno, termine su cui ad Ankara nessuno si piegherà mai, a prescindere da Erdogan, per poter parlare di una storica normalizzazione tra Turchia e Armenia serve mettere fine al conflitto nel Caucaso.
"Credo sinceramente che possiamo raggiungere l'obiettivo di una piena normalizzazione. Vogliamo che le relazioni tra Turchia-Armenia e Azebaigian siano buone e i problemi siano risolti il prima possibile. Non poniamo precondizioni", ha detto Erdogan a margine dell'incontro.
Un'affermazione vera soltanto a metà, perché è essenziale per Erdogan la fine del conflitto in Nagorno Karabakh e la firma di un accordo di pace tra Armenia e l'alleato Azerbaigian Un accordo di pace che però prevede l'attribuzione dei territori del Nagorno Karabakh contesi all'Azerbaigian.
Una condizione in linea con il diritto internazionale ma da sempre indigeribile per la popolazione armena, che considera quelle terre come armene perché storicamente abitate da armeni (ma date all'Azerbaigian dall'Unione Sovietica).
Pashinyan sembra orientato ad accettare e significativa è stata la stretta di mano tra Erdogan e il presidente francese Emmanuel Macron dinanzi lo stesso Pashinyan, dopo che Macron e il leader turco avevano in passato polemizzato ripetutamente proprio sul genocidio armeno.
Se con l'Armenia il dialogo sembra andare bene come mai prima, la stessa cosa non si può dire della Grecia, con cui la tensione ha raggiunto livelli altissimi. La cancelleria del premier greco Kyriakos Mitsotakis si era detta "disponibile e aperta a ricevere una richiesta di incontro da parte del presidente turco".
Ma con Erdogan non funziona cosi. Il leader turco ha invitato il premier greco a "ripassare le regole di protocollo".
Una sferzata arrivata dopo quella di Praga: "Non c'è nulla di cui valga la pena discutere con la Grecia" e anzi rilancia sul riconoscimento di Cipro turca da parte della comunità internazionale. Ed è da maggio che Atene e Ankara non si parlano, dal viaggio di Mitsotakis negli Stati Uniti. La Grecia preme sugli Usa affinché non vendano ad Ankara nuovi jet da guerra F16. Tuttavia rimane l'eterna irrisolta disputa su Cipro e la rivedicazione da parte greca dei diritti di sfruttamento di risorse energetiche all'interno di una piattaforma continentale di dimensioni su cui Erdogan non può cedere, pena una grave perdita di consensi.
Allo stesso tempo il governo turco accusa Atene di continue violazioni dello spazio aereo, di armare le isole del Mediterraneo orientale contrariamente a quanto stabilito dai trattati in vigore e di respingere illegalmente decine di migranti ogni giorno verso le acque turche. Entrambi i Paesi si avviano alle elezioni nel 2023 e la crisi non sembra poter passare.
Ulteriore benzina sul fuoco è arrivata con l'accordo concluso la scorsa domenica dal governo turco con il governo libico di Tripoli, che riguarda ricerca ed estrazione di petrolio e gas in Libia. Accordo definito "illegale" da Atene.
Critiche definite "prive di peso" dalla diplomazia di Ankara. Un accordo con cui Erdogan mette le mani su risorse libiche e la marina turca mette un piede e mezzo fin nelle acque a sud di Creta creando una situazione potenzialmente esplosiva. La Russia non era invitata a Praga, il presidente ucraino Volodimir Zelensky, intervenuto in video, ha inviato il premier. Praga non era l'occasione per lavorare sul conflitto in Ucraina, tuttavia nessuno in questo momento possiede una posizione di mediatore paragonabile a quella del leader turco.
Erdogan ha rilanciato un piano negoziale dopo aver condotto con successo la tratttativa per il corridoio del grano e per lo scambio di ostaggi tra i due Paesi Ma a ribadire l'iperattvità di Erdogan la telefonata oggi con il leader russo Vladimir Putin, al termine della quale ha annunciato un probabile prossimo incontro tra i due, sarebbe il quarto da fine luglio e rassicurato che "il dialogo va avanti con entrambi", Putin e Zelensky. "Verrà il momento anche per parlare con Bashar el Assad".
Cosi' Erdogan ha, un pò a sorpresa, scelto Praga per aprire al presidente siriano. Il leader turco spinge per il ritorno in patria di profughi siriani rifugiati in Turchia, ma anche per l'eliminazione dell'organizzazione separatista curda Ypg dai propri confini, da un territorio che Erdogan preferirebbe nelle mani di Assad. Due obiettivi fondamentali che rimetterebbero Erdogan sulla strada di un trionfo elettorale che con la crisi economica in corso sembrava impossibile fino a solo pochi mesi fa. "Un incontro non è in discussione per ora, ma quando arriverà il momento potremo incontrarci.
Al momento vanno avanti incontri di più basso livello" ha detto Erdogan, strizzando l'occhio a quella che potrebbe essere una nuova pagina del conflitto siriano. A una precisa domanda sull'avviso lanciato ad Atene poche settimane fa, "possiamo arrivare di notte", Erdogan non si è sottratto, anzi. "Lo ho detto in riferimento alla Grecia e credo abbiano recepito il messaggio. Tuttavia non m rivolgevo solo a loro, ma a tutti quelli che ci disturbano o attaccano: possiamo arrivare all'improvviso di notte". Tutti sono avvisati.