AGI - Il gradimento del nuovo primo ministro britannico è al minimo storico. Secondo un nuovo sondaggio di Redfield & Wilton Strategies realizzato il 5 ottobre, è il più basso mai registrato in assoluto fra i primi ministri.
Solo il 15% degli intervistati apprezza la nuova inquilina di Downing Street e, fra l'elettorato conservatore, un esiguo 25% ha fiducia in lei.
Il momento del suo possibile rilancio, due giorni fa, con un discorso alla conferenza nazionale del partito conservatore, non ha sortito i risultati sperati.
L'intervento è stato infatti considerato, da molti osservatori anche conservatori, inconsistente e divisivo.
Se da un lato, il primo ministro, ha cercato di mostrare il suo lato umano e "proletario", affermando - erroneamente - di essere l'unica inquilina di Downing Street ad aver frequentato una scuola pubblica, dall'altro ha stigmatizzato i cosiddetti "nemici della crescita".
E la lista comprende l'opposizione laburista, i liberaldemocratici, i sindacati, il partito nazionalista scozzese, chi non accetta la Brexit, chi protesta per il cambiamento climatico come Extintion rebellion, Greenpeace e un generico "Interessi travestiti da think tank".
Un lungo elenco suonato come un passo falso dopo 12 anni di governi conservatori con tutti i numeri in Parlamento per realizzare qualsiasi cosa.
A pesare sull'immagine compromessa del primo ministro, ci sono sicuramente gli errori commessi con la manovra finanziaria e il fatto che un gruppo nutrito di ex ministri, guidato dal fautore della Brexit e veterano della politica, Michael Gove, è sul piede di guerra e le rema apertamente contro.
Truss ha basato tutta la sua campagna per arrivare a Downing Street sulla promessa di aiutare i ceti più deboli a fare fronte all'impennarsi del costo della vita.
Il cosiddetto mini-budget, nelle intenzioni sbandierate, doveva aiutare i meno abbienti a fare fronte all'aumento dell'inflazione, dei beni di consumo e dell'energia, ma si è trasformato nell'esatto opposto.
Togliere il tetto ai bonus dei manager della City o abbassare le tasse a chi guadagna più di 150 mila sterline l'anno, non è sembrata una mossa a favore del ceto medio o della cosiddetta working class.
La parziale inversione di marcia sulla manovra, lunedì, su pressione degli analisti fiscali, è stata vista come un'ulteriore umiliante performance di primo ministro che non sa che pesci prendere e, in più, non ha risolto il problema.
La conseguenza della manovra ha infatti già toccato direttamente le tasche dei cittadini. Il 40% delle proposte di mutuo sono state ritirate dalle banche per il timore che la Banca d'Inghilterra, l'estate prossima, debba alzare i tassi fino al 6% per bilanciare gli scompensi creati dal forte indebitamento.
Dopo l'inversione di marcia, le cose non sono migliorate. L'aumento dei tassi sui mutui, nell'estate 2023, è previsto comunque al 5,5%.
Ma il danno è già stato fatto. La banca NatWest, ad esempio, ha annunciato domenica che avrebbe aumentato le tariffe da lunedì di questa settimana.
Oggi, chi vuole ad esempio ritrattare il proprio mutuo con tasso fisso per due anni, si è visto incrementare gli interessi dal 4,28% al 5,62%.
Inoltre oltre un milione e 800 mila persone vedranno i propri mutui aumentare di 500 sterline al mese. Alcuni anche di più.
In condizioni così volatili, gli istituti di credito devono anche valutare come muoversi. Se mantengono un tasso molto inferiore rispetto a quello dei rivali, potrebbero rischiare di essere sopraffatti dalla richiesta di mutui e non avere la capacità per erogarli.
Un'altra spinosa faccenda riguarda gli ammortizzatori sociali. Su questo, Truss e Kwarteng non si sono ancora espressi apertamente.
È evidente che con l'inflazione alle stelle, gli interessi e il costo delle bollette in aumento, i sussidi attuali non sono più sufficienti.
Su questo fronte si giocherà gran parte della credibilità di Truss agli occhi dell'elettorato. Non solo c'è il rischio che non vengano aumentati ma addirittura che vengano decurtati.
Non è infatti escluso che Kwarteng debba fare un'ulteriore marcia indietro sulla manovra oppure tagliare pesantemente la spesa pubblica per riparare la credibilità malconcia del Regno Unito presso gli investitori globali.
E come il vecchio detto "piove sempre sul bagnato", ieri, la multinazionale britannica di servizi di elettricità e gas, National Grid, ha annunciato che esiste la reale prospettiva, questo inverno, di dover tagliare la fornitura energetica per ben tre ore al giorno.
Si tratterebbe di un vero a proprio blackout tra le 16:00 e le 19:00 mirato a risparmiare perché le previsioni di approvvigionamento non sono garantite.
In questo scenario, Truss ha deciso di evitare una campagna di sensibilizzazione al risparmio energetico, rischiando così di cogliere i cittadini alla sprovvista.
Questa instabilità e lo scetticismo dei mercati che ne deriva, non aiutano in un momento in cui il Paese è già fortemente provato, ma il problema vero di Truss è che non è mai stata la candidata prediletta dei parlamentari per guidare il Paese.
Sono gli iscritti al partito ad averla preferita all'indiano Rishi Sunak. Sarà dunque in parlamento la sua battaglia più dura. C'è chi dice, fra alcuni esponenti conservatori, che Truss non mangerà il panettone.
La sensazione è che la sua reputazione sia troppo danneggiata per riuscire a tornare in sella in maniera autorevole. I suoi nemici interni, quelli veri, potrebbero voler staccare la spina a questo governo piuttosto che farla rimanere al comando per altri due anni.