AGI - Le elezioni presidenziali di oggi in Brasile sono un riscatto politico ed umano per Luiz Inacio Lula da Silva, candidato del Partito dei lavoratori (Pt), ex presidente del Brasile dal 2003 al 2011, reduce da 19 mesi di carcere sulla base di false accuse. Gli ultimi sondaggi indicano un netto vantaggio per l'ex sindacalista e popolare ex capo di Stato 76enne, accreditato del 48-50% delle intenzioni di voto, contro il 34% per il suo grande rivale, il presidente uscente di estrema destra Jair Bolsonaro.
Domenica, se dovesse ottenere il 50% dei consensi Lula potrebbe anche realizzare l'exploit di una vittoria al primo turno, senza dover andare al ballottaggio il 30 ottobre. In quella che rappresenta una sfida personale e il riaffermarsi di un progetto di società ben preciso, Lula ha scelto come vice Geraldo Alckmin, ex avversario di destra alle presidenziali del 2006. L'alleanza con questo devoto cattolico, governatore di San Paolo, mira a creare un fronte repubblicano contro l'estrema destra per sbarrare la strada a Bolsonaro.
Di Lula i media e lui stesso ricordano spesso le origini molto umili, figlio di una famiglia povera e analfabeta di Caetes, nello Stato brasiliano rurale di Pernambuco, dove è nato il 6 ottobre 1945. A 7 anni, con la madre e i 7 fratelli e sorelle si trasferì nella città costiera di Santos, nello Stato di San Paolo, ma Luiz Inacio dovette lasciare la scuola dopo la quarta elementare.
La sua vita lavorativa cominciò a 12 anni, come lustrascarpe e venditore di strada, mentre a 14 trovo' il suo primo lavoro regolare in una fabbrica di rame. Quindi prosegui' gli studi e ricevette un diploma equivalente al conseguimento della scuola superiore. Nel 1956 nuovo trasferimento nella citta' di San Paolo, dove Lula con la famiglia visse in una piccola stanza nel retrobottega di un bar.
A 19 anni perse il mignolo della mano sinistra in un incidente, mentre lavorava come operatore di una pressa in una fabbrica di componenti automobilistici e fu allora che si avvicino' al sindacalismo, osteggiato dalla dittatura militare al potere in Brasile, e per reazione la sua visione politica si indirizzo' a sinistra.
Nel 1978 Lula fu eletto presidente del sindacato dei lavoratori dell'acciaio di Sao Bernardo do Campo e Diadema, le citta' dove si trova la stragrande maggioranza delle industrie automobilistiche e componentistiche e tra le aree piu' industrializzate del Paese. Il 10 febbraio 1980, un gruppo di professori universitari, dirigenti sindacali e intellettuali, tra cui Lula e Chico Mendes, fondarono il Partido dos Trabalhadores (PT), ovvero Partito dei Lavoratori, di sinistra e con idee progressiste. Nel 1982 aggiunse il soprannome Lula al suo nome legale e si candidò a una carica pubblica per la prima volta, come governatore dello Stato di San Paolo. Perse, ma aiuto' il suo partito a ottenere un numero sufficiente di voti, tali da sopravvivere.
Nelle elezioni del 1986, Lula conquistò un seggio al Congresso brasiliano. Tre anni dopo, quando era ancora deputato, si candido' alla presidenza come esponente del PT. Nonostante fosse molto apprezzato da una grossa fetta della società brasiliana, non piaceva agli imprenditori e ai banchieri. Fu preso di mira dai media e penalizzato da alcuni brogli durante le elezioni. Per diversi anni continuò le sue battaglie politiche ma senza candidarsi, salvo poi ritentare di conquistare la presidenza nel 1994 e nel 1998, ma senza successo.
Finalmente eletto presidente nel settembre 2002 e riconfermato ad ottobre 2006, Lula ha posto i programmi sociali in cima alla sua agenda politica, con "Fame Zero" e "Bolsa Fami'lia". Durante la sua presidenza, grazie a nuove politiche di welfare, milioni di brasiliani hanno sensibilmente migliorato la propria condizione di vita. Il ceto medio brasiliano è così arrivato a raggiungere il 54% della popolazione nel 2013.
Tra il 2004 e il 2012, grazie alle politiche ambientali della presidenza Lula, la deforestazione amazzonica e' diminuita da 27.700 km all'anno a 4500 km. Con il programma "Luz Para Todos" (Luce per tutti) il governo Lula aveva come obiettivo l'universalizzazione dell'accesso all'energia elettrica, impegnandosi affinche' 1,4 milioni di case rurali fossero raggiunte dall'energia elettrica nel 2006, ma il traguardo non fu conseguito.
Anche questa ennesima campagna elettorale è stata particolarmente intensa per il veterano Lula. Non ha esitato a mettersi in gioco sui social, mostrandosi su TikTok mentre si allenava in modo intensivo e col sorriso, conquistando in pochi giorni più follower di Bolsonaro, terzo politico piu' popolare in rete. Un Lula che fa sport, balla, piange nel raccontare il carcere.
In un accorato appello ai brasiliani ha sottolineato che il voto servirà a "porre fine alla guerra" avviata nel Paese a suo dire "da quando l'attuale presidente" e' salito al potere, nel gennaio 2019. Ha descritto il rivale come "disumano" e "incompetente" per "non aver versato una sola lacrima" per le oltre 685 mila vittime del Covid, per aver "diviso le famiglie" e "trasformato vecchi amici in nemici", invitando i brasiliani a sceglierlo per "ricostruire il Paese che sogniamo, basta con tanto odio, distruzione, bugie, sofferenza e morti".
Al centro del programma di governo del candidato di sinistra c'è il credito per le imprese, l'adeguamento del salario minimo, il ripristino di programmi come 'Minha casa minha vida' - per agevolare l'acquisto della prima casa - e 'Luz para todos', per portare l'elettricità da fonti rinnovabili nelle aree rurali. Così Lula vuole porsi in continuità con i suoi precedenti governi, fortemente focalizzati sulla lotta contro la povertà. Il numero di persone che soffrivano la fame in Brasile è calato di 10 milioni di unita' in 20 anni, tra il 1992 e il 2013. Inoltre il candidato del Partito dei lavoratori ha promesso di "porre fine all'estrazione illegale di oro e combattere seriamente contro la deforestazione", impedendo che gli alberi vengano abbattuti per fare spazio a pascoli e piantagioni di soia, oltre a voler restituire i giusti poteri ad autorità di monitoraggio come l'Istituto brasiliano dell'ambiente e delle risorse naturali (Ibama), indebolite negli ultimi quattro anni.
Particolarmente decisivo per la vittoria di Lula potrebbe essere proprio il voto dell'Amazzonia, devastata dal mandato del presidente di estrema destra in termini di deforestazione, sfruttamento delle risorse quali soia e bestiame da parte della lobby dell'agribusiness, e di attivisti per l'ambiente uccisi.
Oltre all'Amazzonia il candidato del PT e' dato vittorioso in 14 dei 27 stati brasiliani, compresi i due con il piu' grande collegio elettorale, San Paolo e Minas Gerais nel Centro-Ovest del Paese, mentre Bolsonaro e' in posizione di vantaggio in altri 7, nel Sud e in quelli agricoli del Nord, e negli altri 6 sono in parita'. Allo spettro delle violenze elettorali, del rischio brogli paventato dal presidente uscente, si aggiunge l'aggravante che il Brasile e' ancora attanagliato dalla piaga della corruzione, da cui Lula - definito da Bolsonaro "un ladro" - non e' del tutto immune. Una lunga stagione di scandali, tra cui quello della Petrobas, la compagnia petrolifera nazionale, che nel 2016 ha portato alla destituzione dell'allora presidente Dilma Rousseff, 'erede' dello stesso Lula. Lui stesso, nell'ambito dell'Operazione Autolavaggio, è stato arrestato tra aprile 2018 e novembre 2019 dopo la sua condanna per corruzione, salvo poi riacquisire tutti i suoi diritti politici nel 2021, quando la Corte di Cassazione ha ribaltato la sentenza e il successivo procedimento.
In caso di elezione, Lula - al suo terzo mandato presidenziale - si troverà davanti una situazione socio-economica molto complessa. Reduce dalla pandemia di Covid-19 e colpito dal carovita globale, il Brasile è alle prese con un tasso di inflazione a due cifre, colpendo decine di milioni di brasiliani. In 33 milioni patiscono la fame e più della metà della popolazione, ovvero 125 milioni di persone, ha problemi alimentari. Una sfida per il futuro presidente, presumibilmente Lula, che puo' anche contare sul forte consenso dei giovanissimi dai 16 anni in su, secondo gli ultimi sondaggi intenzionati a votare per l'ex sindacalista del quale condividono valori e idee.