AGI - La Commissione europea ha proposto al Consiglio di tagliare all'Ungheria 7,5 miliardi di euro dai fondi di Coesione a causa della "sistematica violazione dei principi dello Stato di diritto".
Si tratta di una misura, applicata per la prima volta, a tutela del bilancio dell'Unione. Il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn, l'ha definita "una chiara dimostrazione della determinazione della Commissione a proteggere il bilancio dell'Ue e a utilizzare tutti gli strumenti a nostra disposizione per garantire questo importante obiettivo".
La decisione è stata presa all'unanimità dai commissari riuniti via straordinaria di domenica. "Difendiamo i valori dello Stato di diritto e proteggiamo il bilancio comune europeo. Le autorità ungheresi sono chiamate a rispondere con misure correttive concrete", ha spiegato il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni.
Oggi @EU_Commission ha proposto di sospendere una parte dei Fondi di coesione per #Ungheria. Difendiamo i valori dello stato di diritto e proteggiamo il bilancio comune europeo. Le autorità ungheresi sono chiamate a rispondere con misure correttive concrete.
— Paolo Gentiloni (@PaoloGentiloni) September 18, 2022
La Commissione propone di sospendere il 65% dei fondi destinati a tre programmi operativi dei fondi di Coesione destinati all'Ungheria, per un taglio di circa 7,5 miliardi di euro. L'ammontare complessivo dei fondi di Coesione dedicati a Budapest è di circa 22 miliardi di euro. A chi lamenta che il taglio sia, tutto sommato limitato, Hahn fa notare che "si tratta della stessa somma richiesta dall'Ungheria nel suo Pnnr" che risulta comunque ancora bloccato sempre a causa delle carenze sullo Stato di diritto. La Commmissione propone inoltre il divieto di assumere impegni legali con i fondi di interesse pubblico (al centro delle carenze) per programmi attuati in gestione diretta e indiretta.
Allo stesso tempo, i destinatari finali e i beneficiari dei fondi dell'Unione dovrebbero continuare a ricevere i pagamenti direttamente dallo Stato membro interessato.
L'esecutivo europeo, nella sua procedura che va avanti dallo scorso aprile, ha individuato "una sistematica incapacità, involontà o riluttanza, da parte delle autorità ungheresi, di impedire decisioni contrarie alla legge, in materia di appalti pubblici e conflitti di interesse, e quindi di affrontare adeguatamente i rischi di corruzione".
In particolare “vi sono state percentuali insolitamente elevate di appalti aggiudicati in presenza di un solo offerente, attribuzioni di appalti a società specifiche, che stanno gradualmente conquistando ampie fette di mercato, nonché gravi carenze nella attribuzione di accordi quadro”. Inoltre, “vi sono indicazioni di possibili aste irregolari di terreni agricoli demaniali nonché problematiche relative a prevenzione, individuazione e correzione dei conflitti di interesse”. Infine, “vi sono preoccupazioni in merito alla non applicazione delle norme sugli appalti pubblici e sul conflitto di interessi ai "trust di interesse pubblico" e agli enti da essi gestiti, e alla mancanza di trasparenza per quanto riguarda la gestione dei fondi da parte di tali trust”.
Da luglio l'Ungheria aveva proposto una serie di misure correttive per affrontare le preoccupazioni individuate dalla Commissione ma per Bruxelles affinché le misure possano essere considerate adeguate, dovrebbero porre fine alle violazioni dei principi dello Stato di diritto e/o ai rischi che creano per il bilancio dell'Ue e gli interessi finanziari dell'Unione.
La conclusione della Commissione è che le misure correttive proposte potrebbero in linea di principio affrontare le questioni in questione, se sono correttamente dettagliate nelle leggi e norme pertinenti, e attuate di conseguenza.
In attesa del completamento delle principali fasi di attuazione, la Commissione ritiene che in questa fase permanga un rischio per il bilancio. Questo spiega la decisione e le misure proposte, che tengono conto anche dell'azione correttiva presentata dall'Ungheria.
Il Consiglio dispone ora di un mese per decidere se adottare tali misure, a maggioranza qualificata (il 55% degli Stati membri vota a favore, e devono corrispoondere ad almeno 65% della popolazione totale dell'Ue). Il periodo può essere prorogato di un massimo di altri due mesi in circostanze eccezionali.