AGI - Mancano pochi giorni al funerale della regina Elisabetta II e mai come in queste ore l’apparato di sicurezza di un intero Paese è stato messo tanto sotto stress. Ne abbiamo parlato con Carlo Biffani, esperto di sicurezza.
È davvero un evento senza precedenti dal punto di vista della sicurezza?
Organizzare, pianificare e coordinare tutti gli aspetti correlati al corretto svolgimento di una cerimonia simile, è una sfida senza eguali che fa quasi impallidire quanto messo in campo per lo svolgimento di un G8, visto che a partecipare ai funerali saranno chiamati tutti i presidenti, i capi di governo e le teste coronate del pianeta. Pur non sapendo chi fra gli innumerevoli invitati sarà presente e chi declinerà l’invito, inviando comunque un suo rappresentante di rango, c’è da immaginare che gli invitati da proteggere non solo durante la cerimonia, ma dal momento del loro arrivo a Londra sino alla ripartenza, saranno infinitamente più numerosi di quelli che partecipano a un summit come è appunto il G8.
Ma si tratta anche di un test importante...
È una sfida esaltante per l’apparato di sicurezza anglosassone, ma per altri aspetti di un incubo che farà tirare a tutti un respiro di sollievo solo quando martedì 20, l’ultimo degli invitati avrà ripreso il proprio aereo e sarà decollato dalla capitale inglese per fare ritorno in patria.
Cosa bisogna mettere in campo in una situazione simile?
Una capacità organizzativa impressionante, costruendo un apparato che sappia armonizzare team provenienti da altri Paesi (va ricordato infatti che ogni ospite è protetto anche dal proprio dispositivo) con le risorse offerte dal Paese ospitante. Siamo abituati a guardare “solo” all’aspetto tattico, ovvero agli uomini che si occupano della sicurezza ravvicinata del vip, che spesso vediamo nelle immagini ufficiali accanto alla personalità dimenticando che le unità e la tecnologia da mettere in campo sono davvero imponenti in termini numerici. Si pensi ai team che affiancano quelli di protezione personale dei singoli ospiti, alle decine di unità tattiche SWAT in impiego come QRF (Quick Reaction Force) ai team di tiratori scelti con funzioni di anti-sniping (contro i cecchini, ndr), a quelli impegnati nel comparto K9 (cinofile, ndr), e in quello anti-esplosivi, e ai tecnici che governano i droni come a quelli che debbono abbattere con sistemi di tecnologia (anche italiani) strumenti di questo tipo che fossero eventualmente utilizzati in attacco.
Per non parlare del fatto che si tratta delle strade di Londra...
Si provi ad immaginare che si devono studiare percorsi principali ed alternativi, sia secondo le necessità standard che da utilizzare in caso di attivazione in seguito a un possibile attacco, e si pensi alle centinaia di telecamere le cui immagini devono essere visionate e processate per monitorare le aree e vigilare sui percorsi, telecamere dotate in molti casi di sistemi di riconoscimento facciale con i quali provare ad individuare soggetti che l’intelligence ha certamente segnalato e che tiene sotto controllo da sempre ma con maggiore attenzione in situazioni come queste. Si pensi alla centrale operativa che deve processare, analizzare ed elaborare centinaia di informazioni, trasformandole in disposizioni operative ed allert di vario genere e livello da diffondere i responsabili di settore, agli ufficiali in comando ed ai team leader, fino a giungere ai dispositivi dei singoli protetti. Ci saranno unità mediche di primo soccorso pronte ad intervenire e sale operatorie allertate con il massimo livello di risposta possibile ed elicotteri dedicati alle emergenze mediche, alla evacuazione di ospiti, al trasporto di unità tattiche e altri ancora con il compito di riprendere dall’alto le aree interessate. Non dimentichiamoci poi delle comunicazioni fra centinaia e centinaia di interlocutori che dovranno avvenire su canali protetti. Ed in ultimo non si può non fare riferimento alla enorme quantità di agenti in borghese che, posizionati tra la folla che ci si aspetta essere imponente, saranno pronti ad intervenire nel caso di attacchi perpetrati da malintenzionati o peggio ancora, da terroristi.
Di quanti uomini stiamo parlando?
Migliaia, che a vario titolo saranno pronti a fronteggiare la minaccia, ad evacuare ed a mettere in salvo e soccorrere chi fosse fatto oggetto della azione di un possibile terrorista o di quelle portate a termine da manifestanti che potrebbero cogliere l’occasione e la ribalta garantite dalla copertura mediatica in mondo-visione, per promuovere azioni di disturbo se non addirittura per attentare alla vita degli ospiti.
La capitale britannica è stata più volte teatro di attacchi eclatanti
Londra e più in generale l’Inghilterra sono negli ultimi anni state una fonte di reclutamento importantissima, del terrorismo jihadista e la patria di una notevole quantità di foreign- fighters. Credo che sia lecito aspettarsi che gli apparati di sicurezza stiano monitorando attentamente tanto determinati ambienti quanto taluni soggetti. Appare evidente come per ottenere un risultato eclatante in termini di visibilità e di propaganda sfruttabile dal punto di vista della comunicazione, non sia necessario riuscire a portare a termine una azione proposta da un team di assalitori che, armi in pugno, spara e colpisce muovendosi per le vie di Londra. Questo determinato tipo di azioni hanno bisogno di un certo grado di pianificazione ed a meno che qualcuno non si stia preparando da tempo, non è a mio modo di vedere, ipotizzabile che la si possa architettare ed organizzare con così poco preavviso. Appare altresì evidente come, in termini di comunicazione e propaganda anche un attacco portato in due punti diversi della città con armi di facile reperimento come un coltello da cucina, oppure utilizzando un veicolo come ariete, potrebbero far ottenere al terrorismo jihadista un risultato pieno. Perché se c’è una cosa che dovremmo ricordare sempre e che invece tendiamo a rimuovere come tutte le vicende umane che ci portano al confronto con il sentimento della paura, è che la fatwa pronunciata dal califfo al Baghdadi “colpite l’infedele ovunque e con qualsiasi mezzo” non ha scadenza e che costoro non hanno certamente smesso di odiarci solo perché se ne parla di meno.