AGI - Il Mali orami sembra essere solo e totalmente in balia dei jihadisti. Dopo la decisione di affrancarsi dalla presenza francese e di lasciare la forza ragionale del G5, le azioni dei terroristi si sono intensificate. Secondo alcuni analisti i jihadisti sarebbero alle porte della capitale Bamako.
Le azioni dei militari regolari e di personale straniero stanno sempre più facendo strage di civili. La denuncia è contenuta in un rapporto dell’Onu secondo il quale almeno 50 civili sarebbero stati brutalmente uccisi da “personale militare straniero” durante un’operazione delle Forze armate dell’esercito maliano il 19 aprile scorso, su un totale di 96 civili uccisi nel corso del secondo trimestre di quest’anno. Un numero elevatissimo.
Il governo maliano ha sempre respinto questa ipotesi, ma secondo la missione Onu in Mali, Minusma, altri 500 civili sono stati arrestati. L’episodio del 19 aprile è la conseguenza, sempre secondo le Nazioni Unite, del fatto che un convoglio militare è stato preso di mira da un ordigno esplosivo, provocando la reazione “sproporzionata” dei militari, ma il governo ha sempre insistito e respinto queste affermazioni e, inoltre, non mai supportato la Minusma nelle indagini e non ha commentato le conclusioni.
L’Onu, tuttavia, non ha mai specificato chi fossero i combattenti stranieri, ma il Mali è da mesi al centro di aspre polemiche per la sua collaborazione coi mercenari russi del gruppo privato Wagner.
La solitudine, voluta da Bamako, nella quale le autorità del Mali stanno combattendo il terrorismo non sta dando i risultati sperati. Anzi, le azioni terroristiche si stanno sempre più intensificando. Secondo uno studio pubblicato dall’Africa center for strategic studies (organizzazione statunitense) la violenza dei gruppi islamisti sta accelerando, in particolare con l’insurrezione nel nord, nel centro e sempre più a sud e sta minacciando la stessa stabilità del paese.
Secondo l’organizzazione statunitense i gruppi jihadisti sarebbero, ormai, alle porte della capitale Bamako. Sempre secondo lo studio, la violenza degli estremisti è peggiorata in tutto il paese, soprattutto dopo il colpo di sato militare e la situazione della sicurezza non è mai stata così critica. Le vittime legate alla violenza dei militanti islamisti nel 2022 hanno già superato quelle di qualsiasi anno precedente e gli analisti dell’Africa center for stategic studies prevedono che aumenteranno del 150% rispetto al 2021. A farne maggiormente le spese, come in ogni guerra, sono i civili: i jihadisti hanno ucciso il triplo delle persone nel corso di quest’anno rispetto al 2021.
L’ondata islamista è segnata dalla sempre più capillare diffusione geografica. Il Fronte di liberazione Macina (Flm), parte della coalizione di gruppi islamisti radicali Jama’at Nusrat al Islam wal Muslimin (Jnim), è l’attore trainante dell’offensiva nelle regioni centrali e meridionali del Mali: nel 2022 ha lanciato 9 attacchi a 150 chilometri da Bamako, tra maggio e agosto, in una sorata di assedio della capitale, rendendo evidente la debolezza delle autorità maliane nelle azioni di contrasto.
La zona meridionale del paese è anche quella più densamente popolata, più del 60% degli abitanti Mali, e negli ultimi dieci anni è stata abbastanza risparmiata dalla violenza, ma gli analisti statunitensi ritengono che ciò potrebbe cambiare rapidamente. Ne è prova l’attacco alle postazioni militari di Kani, nel luglio scorso, dove si trova il quartier generale delle Forza armate maliane, a soli 10 chilometri dal palazzo presidenziale dove risiede il leader della giunta golpista, Assimi Goita.
Un Mali furori controllo, che ha deciso di ritirarsi dalla forza congiunta del G5 Sahel (ora composta da Mauritania, Ciad, Burkina Faso e Niger), sta preoccupando anche gli stati della regione saheliana. Non è un caso che il Burkina Faso e il Niger, colpiti dalla violenza jihadista iniziata nel nord del Mali nel 2013, hanno invitato Bamako a “tornare a riprendersi le proprie responsabilità”, proprio nell’ambito della cooperazione nella lotta al jihadismo.
“Abbiamo esaminato la situazione sub-regionale – ha spiegato il ministro della Difesa del Niger, Alkassoum Indattou – e abbiamo pensato che il Mali è oggi il grande assente nella cooperazione in materia di difesa. Dobbiamo lavorare affinché il Mali possa tornare ad assumersi le proprie responsabilità e a svolgere il proprio ruolo”. Dello stesso tenore le parole del ministro della difesa burkinabè, il generale Berthelemy Simporé.
Il ministro nigeriano, Indattou, poi, ha voluto sottolineare come Niger e Burkina Faso stiano collaborando e abbiano in “programma operazioni più regolari e permanenti sul terreno tra le varie forze armate per garantire che occupino il terreno, prendano il controllo e non lascino un solo centimetro, sia in Niger sia in Burkina Faso, ai terroristi”.
In questo contesto di perenne minaccia portato dai jihadisti in tutta la regione saheliana, il Mali sembra aver deciso di fare da solo, puntando tutto sulla propria forza, che si è dimostrata nei fatti inefficace, e sulla presenza dei mercenari russi della Compagnia Wagner.