AGI - Il presidente iracheno, Barham Salih, si è detto favorevole all'anticipazione delle elezioni politiche "per uscire dalla crisi" in cui si trova il Paese. "L'organizzazione di nuove elezioni anticipate con il consenso nazionale rappresenta un'uscita dalla crisi soffocante", ha affermato Salih in un discorso osservando che le elezioni "garantirebbero la stabilità sociale e politica e darebbero una risposta alle aspirazioni del popolo iracheno".
L'uscita di scena dalla politica irachena del leader sciita Moqtada al Sadr è terminata con una prova di forza nelle strade di Baghdad e Basra. I seguaci del leader sciita dopo due giorni di scontri con milizie pro Iran in cui hanno perso la vita 28 persone hanno abbandonato la Green zone di Baghdad portandosi dietro artiglieria, bastoni e ritirandosi a bordo dei tuk tuk, i treruote ormai simbolo dei tumulti degli ultimi anni in Iraq.
Le proteste erano esplose dopo che Al Sadr pochi giorni fa ha annunciato il ritiro dall'arena politica irachena, una decisione presa in seguito al fallimento di riformare "un sistema decadente e corrotto", fallimento causato da "leader sciiti e altri partiti sciiti". Lo stesso Al Sadr, sciita lui stesso, ha poi convocato una conferenza stampa a Najaf, per chiedere ai suoi seguaci di tornare a casa e chiedere scusa per i morti.
"Non è una rivoluzione perchè non è rimasta pacifica. Non doveva essere versato altro sangue in Iraq", ha detto al Sadr, che ha poi dato un'ora di tempo ai suoi per liberare la Green zone, minacciando, in caso contrario, di abbandonare lui stesso il movimento. I militari hanno subito annunciato la fine del coprifuoco nella capitale irachena. Conferma di un nuovo ordine, seppur precario, èarrivata dalle parole del premier Mustafa al Kadhimi, che di Al Sadr è alleato e ha definito le parole del religioso sciita "il piu' alto livello di patriottismo" e lo ha ringraziato per il dialogo "rapido e concreto per risolvere la crisi".
Si apre così un nuovo capitolo di una crisi iniziata con le elezioni di Ottobre scorso che hanno portato a uno stallo politico e un muro contro muro tra il blocco sciita di Al Sadr e le forze politiche pro Iran. Frizioni che hanno spinto la vicina repubblica Islamica a chiudere i confini e sospendere i voli tra i due Paesi. La lotta di potere in cui Teheran insiste per avere una fetta della torta è l'ennesimo elemento destabilizzante per un Paese che lotta per rialzarsi dopo decenni di instabilità. (
Un Paese che dal dopo Saddam è andato avanti, ma non si può dire si sia mai rialzato. Un Paese che non conosceva un vuoto di potere cosi' lungo in tutta la propria storia e che ora è reduce da uno stallo di 10 mesi, frutto proprio del muro contro muro tra i sadristi e le forze pro Iran. Prima della decisione di Al Sadr di ritirarsi dalla scena politica c'era stata l'annuncio del leader sciita di rinunciare alla vittoria elettorale di Ottobre, comunicata lo scorso giugno.
Altre settimane di scontri, un colpo per il Paese, un regalo per l'Iran e uno schiaffo per gli Usa, che speravano di liberare il Paese dall'influenza maligna di Teheran, cresciuta proprio dopo l'intervento Usa del 2003. Sadr aveva ottenuto 73 dei 329 seggi del parlamento iracheno anche per essersi smarcato da Teheran. Al Sadr ha poi partecipato a una coalizione facendo fuori gli altri partiti sciiti. Un duro colpo per Teheran, che ha visto di colpo ridimensionata la propria influenza nel Paese e in tutto il Medio Oriente di conseguenza.
Il ritiro dalla scena di Al Sadr è un regalo per Teheran, ma rimane la prova di forza di due città messe a ferro e fuoco da milizie sciite e anti Iran in poche ore, dimostratesi sempre pronte a imbracciare le armi. Per Teheran l'emergere di un movimento nazionalista iracheno rappresenta il peggior incubo possibile e i fatti degli ultimi giorni non escludano che l'incubo possa diventare realtà, al di là del ritiro di Al Sadr, che di per sè non esclude la possibilità di un ritorno.
Una battaglia andata avanti per le strade di Baghdad, dove i fedelissimi di Al Sadr si sono scontrati anche negli ultimi mesi e giorni con milizie pro Iran, ma le cui ripercussioni arrivano fino nel cuore della gerarchia clericale sciita, che una piramide di potere ce l'ha a differenza dei sunniti.
Se Baghdad è reduce da due giorni di coprifuoco anche un altro centro sciita, Basra, ha tremato, teatro di eventi che hanno fatto fischiare le orecchie agli ayatollah in Iran. Roccaforte di Al Sadr, gli uomini del leader sciita hanno attaccato il quartier generale di Asaib Ahl al-Haq, una delle principali milizie pro Iran e dato fuoco alle foto di Qasseem Soleimani e del suo vice, Abu Mahdi al Muhandis, fatti saltare in aria da droni americani a gennaio 2020
. La calma è tornata ora a Baghdad e Basra dopo l'appello di Al Sadr, ma è il mondo sciita a tremare, con quella che era stata per anni una apparente unità che ha rivelato una crepa al momento insanabile.