AGI - “Il programma Artemis manda un messaggio di inclusività, non solo per il suo carattere internazionale, ma anche perché porterà sulla Luna astronaute e uomini non bianchi. Un notevole passo avanti rispetto ad una tradizione di astronauti tutti maschi e bianchi”.
È quanto spiega all’AGI, Patrizia Caraveo, Dirigente di Ricerca presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica, intervistata in vista del lancio della missione Artemis I di questo pomeriggio che aprirà la strada ad un probabile ritorno dell’umanità sulla Luna. “Tra gli obiettivi del programma Artemis – prosegue Caraveo – vi è quello di una presenza stabile sulla Luna, al fine non solo di sfruttarne le risorse, ma anche per imparare a vivere su di un altro pianeta con lo sguardo rivolto a Marte. In quest’ottica sono molte le novità che connotano il programma Artemis rispetto al programma Apollo, da una forte presenza di operatori privati – si pensi a SpaceX – sino alla creazione di infrastrutture permanenti come il Gateway, una piccola stazione spaziale orbitante attorno alla Luna, che fungerà da stazione di scambio per gli astronauti in viaggio verso la Luna. In futuro gli equipaggi arriveranno su Gateway e qui troveranno poi il veicolo per l’allunaggio.”
La missione Artemis, aggiunge Caraveo – che non prevede un equipaggio, e che giungerà fino alla Luna e oltre per poi rientrare sulla Terra – funge da missione di prova per testare molti dei vari fattori in gioco in queste future missioni Artemis: “verranno vagliate – tra le altre cose – le prestazioni dei motori, del modulo dei servizi, nel cui sviluppo vi è una grande impronta europea, e degli altri componenti. Verranno in particolare testati i pannelli solari come fonte di alimentazione, che vanno a sostituire le celle a combustibile che sono legate, nella nostra memoria, all’incidente dell’Apollo 13. In più Artemis I farà un’orbita abbastanza elaborata attorno alla Luna proprio per provare le capacità dei motori di accelerare o decelerare in modo tale da poter descrivere diverse orbite.”
Questo punto, sottolinea la ricercatrice, è particolarmente rilevante in relazione al possibile sito di allunaggio della futura missione con equipaggio umano: “il sito di allunaggio sarà, a differenza di Apollo, nel Polo Sud della Luna e questo per un motivo ben specifico: per la presenza in loco di ghiaccio. Conoscere l’origine di questo ghiaccio è una sfida scientifica assai rilevante che si accompagna però anche alla – forse non tanto futuristica – opzione di utilizzarne l’idrogeno e l’ossigeno come carburante per alimentare future missioni spaziali, che potrebbero fare ‘rifornimento’ presso il nostro satellite”.