AGI - Ci sono intoppi per il trattato destinato a tutelare le aree marine extraterritoriali, che non è stato ancora non firmato dopo un quinto round d’incontri e trattative. È infatti fallito di nuovo, dopo due settimane di negoziati, venerdì 26 agosto, l’incontro tra gli Stati membri delle Nazioni Unite.
I lavori si sono infatti subito interrotti senza che si riuscisse a finalizzare il trattato per la protezione della biodiversità in mare aperto, restando da superare diverse importanti controversie per raggiungere un accordo cruciale per l'Oceano, tesoro fragile quanto vitale per l'intera umanità.
Lo scrive il quotidiano Le Monde, secondo il quale “dopo più di quindici anni di discussioni informali e poi formali per produrre un testo vincolante, volto a salvaguardare questa vasta area che copre quasi la metà del pianeta, questa quinta sessione doveva essere l'ultima, dopo la quarta di marzo”.
Ma nonostante le discussioni si siano protratte fino a venerdì sera, non è bastato. “Non siamo mai stati così vicini al traguardo in questo percorso”, ha tuttavia osservato la presidente della conferenza, la singaporiana Rena Lee. Per poi aggiungere: "Anche se abbiamo fatto ottimi progressi, abbiamo ancora bisogno di tempo per portare a termine gli accordi".
Però ha ottenendo l'approvazione della plenaria per sospendere il lavoro sine die. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite sarà ora sollecitata a riprendere questa quinta sessione in una data ancora da definire.
Liz Karan, dell'ONG The Pew Charitable Trusts, nel chiedere una nuova sessione d’incontri entro la fine dell'anno ha tuttavia messo l’accento sul fatto che “nonostante la delusione di non aver finalizzato il trattato in queste due settimane, siamo incoraggiati dai progressi compiuti”.
Più severo, invece, il giudizio di Greenpeace che ha accusato in particolare gli Stati Uniti e i Paesi della Coalition for High Ambition, guidata dall'Unione Europea (Ue), di aver atteso fino all'ultimo momento per dimostrare questa "autoproclamata ambizione". Troppo tardi: “Il tempo è scaduto”, ha denunciato Laura Meller, responsabile Oceans della Ong, “mentre i paesi continuano a parlare, gli oceani e coloro che dipendono da loro stanno soffrendo ", ha aggiunto in una nota l’organizzazione ecologista.
Tra le altre cose, Greenpeace aveva anche accusato, giovedì, l'Ue, gli Stati Uniti e il Canada di aver fatto precipitare i negoziati verso un fallimento a causa della loro "avidità" di mantenere le risorse per se stessi. Accuse respinte da un negoziatore europeo.
Trattato biodiversità, se non si chiude entro l’anno l’obbiettivo sfugge
Osserva il quotidiano della capitale francese: “Queste questioni di equità tra Nord e Sud attraversano molti negoziati internazionali, in particolare quelli sul clima dove i paesi in via di sviluppo sono vittime e non responsabili del riscaldamento ma chiedono invano ai paesi ricchi di rispettare le loro promesse di aiuti finanziari. Questo trattato riguarda specificamente l'alto mare, che inizia dove terminano le zone economiche esclusive (Zee) degli Stati, a un massimo di 200 miglia nautiche (370 chilometri) dalla costa, e che quindi non è sotto la giurisdizione di alcun paese. Mentre la buona salute degli ecosistemi marini è fondamentale per il futuro dell'umanità, in particolare per limitare il riscaldamento globale. Solo l'1% di questo spazio, che rappresenta il 60% degli oceani, è protetto".
Uno dei pilastri del trattato sulla “conservazione e uso sostenibile della biodiversità marina nelle aree al di fuori della giurisdizione nazionale” è quello di consentire la creazione di aree marine protette. "Un passo cruciale negli sforzi per proteggere almeno il 30% del pianeta entro il 2030 ", ha affermato questa settimana Maxine Burkett, un funzionario degli oceani presso il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Alcuni esperti temono, tuttavia, che se il trattato sull’alto mare non sarà concluso entro la fine dell'anno, l’obiettivo di esser raggiunto si allontanerà ancora di più.