AGI - "È ovvio che quello contro Daria Dugina è stato un atto di terrorismo. Come e' ovvio che da oggi non ci sono piu' luoghi sicuri in Russia. L'unico modo per proteggere il Paese è distruggere il nostro nemico naturale seduto a Kiev, Dnepropetrovsk, Kharkov, Nikolaev, Odessa e in altre città russe". Sono le parole di Akim Apachev, amico e tra gli ultimi ad aver parlato con la giornalista Daria Dugina ieri sera, prima che l'auto su cui viaggiava nella regione di Mosca saltasse in aria uccidendola, in quello che si sospetta possa essere stato un attentato.
A riportarlo è l'emittente ortodossa russa Tsargrad, per cui lavorava il padre della vittima, Aleksandr Dugin, per alcuni il vero obiettivo dell'aggressione. Dugin è un filosofo ultranazionalista, promotore dell'eurasismo che secondo alcuni ha ispirato anche le politiche del presidente Vladimir Putin.
"La sera del 20 agosto ho incontrato Daria e suo padre Aleksandr al festival 'Tradizione'", racconta Apachev, "abbiamo subito iniziato a discutere dell'idea russa, dell'impero e della guerra culturale. Daria era sempre acuta e profonda nel suo atteggiamento".