AGI - L'importanza della visita di Nancy Pelosi a Taiwan è stata volutamente amplificata dalle autorità cinesi per dare ulteriore prova della loro determinazione, del loro dominio su quel territorio e per isolarlo ulteriormente.
È questa la lettura di Francois Godement, esperto di Cina e relazioni internazionali nell'Asia orientale, al quotidiano Le Figaro, sottolineando che "il profilo di questa visita è stata gonfiata anche nei dibattiti interni agli Stati Uniti, quindi i cinesi non potevano non reagire".
La visita di Pelosi va ricollocata nel contesto politico americano in cui l'opinione pubblica ha una visione molto critica della Cina, che non riguarda soltanto quanto accade a Taiwan, ma anche nello Xinjiang, in materia di diritti umani e di aggressività verbale.
"Su questi temi, uno dei pericoli per Joe Biden prima delle elezioni di midterm è quello di essere superato dai Repubblicani. È bloccato tra la volontà di non prendere un'iniziativa rischiosa sulla Cina e il non dover apparire troppo morbido" ha detto lo storico francese, facendo notare che Pelosi "poteva svolgere questa visita, che va in direzione dell'opinione pubblica nazionale, essendo un personaggio legislativo, capofila dei democratici e con alle spalle un lungo passato di critiche sui diritti umani".
Finora, a parole, il presidente Biden ha fatto credere di voler mettere fine alla politica classica di ambiguità strategica ma in realtà, senza dirlo, gli Usa non vogliono un ricorso alla forza da parte della Cina e neanche vogliono indicare un sostegno a una dichiarazione d'indipendenza di Taiwan.
Pertanto, pur di non arrivare alla possibilità di un referendum a Taiwan - dove l'80-90% della popolazione è ostile alla riunificazione con la Cina - Pechino sta cercando di mostrare che il costo di un intervento americano sarà estremamente alto.
Sul versante cinese, secondo Godement, la visita di Pelosi ha disturbato i piani di Xi Jinping, nell'anno del XX congresso del Partito comunista cinese, pertanto è obbligato a "dare segni di potenza per non essere giudicato come troppo mite".
Aiutata anche dai media e dai social che fanno cassa da risonanza, la Cina non poteva non reagire "sia sul piano retorico che su quello di misure tese a mostrare la sua determinazione e il suo potenziale militare".
Per il professore di scienze politiche a Sciences Po e direttore per la strategia dell'Asia Center, la reazione di Pechino a questa visita evidenzia da un lato il rifiuto di capire la differenza tra potere esecutivo e legislativo.
Dall'altro prova ad intimidire per restringere sempre più lo spazio di libertà e di contatti internazionali di Taiwan.
"A causa delle manovre cinesi, l'isola è di fatto sotto un blocco informale, con una pressione economica e commerciale diretta. Una situazione terribile che, se dovesse proseguire, causerebbe in prospettiva un'escalation" ha anticipato Godement.
Al momento le azioni più pesanti sono misure commerciali, con il divieto di importazione di un certo numero di prodotti agricoli ed alimentari, vitali per parte della popolazione locale, oltre al blocco che obbliga Taiwan ad interrompere completamente voli e tragitti delle navi.
"La decisione del blocco temporaneo, senza essere nominato come tale, indica fin dove la Cina potrebbe arrivare senza aprire lei stessa direttamente un conflitto, ma mettendo gli Usa di fronte alla sfida di dover reagire, quindi di dare il via loro stessi al conflitto" ha analizzato lo studioso francese.
In definitiva, ha continuato Godement, è proprio questa la "fonte di preoccupazione, più forte dell'idea stessa di invasione diretta dell'isola, che finora deve fare i conti con ostacoli militari estremamente forti".
Rispetto al passato, sul piano militare, i mezzi cinesi sono molto più diversificati rispetto al 1993 - lanci di missili nello stretto sopra Taiwan - e nel 1997, in occasione della visita dell'allora presidente della Camera dei Rappresentanti, Newt Gingrich, tuttavia "non basta per pensare che possano arrischiarsi a lanciare un'offensiva in grande stile contro l'isola" ha concluso l'esperto francese.