AGI - La Turchia non abbandona la speranza di poter imbastire un negoziato tra Russia e Ucraina per giungere a un cessate il fuoco; e nonostante le difficoltà del momento, il dialogo tra Ankara e Mosca rimane apertissimo.
A confermarlo il faccia a faccia avvenuto nella capitale della Cambogia Phom Penh tra il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu e il collega russo, Sergej Lavrov, che precede di 2 giorni il viaggio a Sochi del presidente Recep Tayyip Erdogan che incontrerà il presidente russo Vladimir Putin.
Erdogan, dopo l'incontro avvenuto a Teheran lo scorso 19 luglio, vedrà per la seconda volta in pochi giorni il presidente russo, confermandosi l'unico leader Nato a poter sedere al tavolo con Vladimir Putin.
È un dato di fatto che qualcosa è cambiato: i due incontri sono avvenuti nell'arco di tre settimane, mentre non ve ne sono stati durante tutta la prima fase del conflitto, nonostante l'insistenza della diplomazia di Ankara.
"Abbiamo fatto una prima valutazione dell'andamento del corridoio del grano e parlato delle nostre aspettative e la speranza che nutriamo rispetto a un cessate il fuoco. Continueremo a impegnarci per la pace nella nostra regione e nel mondo", ha detto Cavusoglu dopo aver visto Lavrov.
Probabile che l'incontro tra presidenti segua lo stesso tenore del faccia a faccia tra i due ministri. Il Cremlino ha infatti negli scorsi giorni confermato tramite il portavoce Dimitry Peskov che l'accordo per il passaggio sicuro attraverso il Mar Nero delle decine di milioni di tonnellate di grano bloccate nei porti ucraini a causa della guerra è nell'agenda dell'incontro.
È interessante notare come Peskov abbia rivelato che l'accordo sarà rinnovato alla scadenza dei 120 giorni.
Proprio oggi il primo carico di 27 mila tonnellate ha superato l'ispezione dei membri del Centro di Coordinamento Congiunto stabilito a Istanbul, dove siedono rappresentanti di Russia, Ucraina, Turchia e Onu. Ottenuto il via libera la nave puo' proseguire alla volta del porto libanese di Tripoli.
La nave 'Razoni' era partita dal porto di Odessa lo scorso lunedì mattina ed era giunta a Istanbul ieri sera. La Turchia spinge per la partenza di una nave al giorno, alla luce anche del fatto che con almeno 25 milioni di tonnellate bloccate a Odessa, Chernomorsk e Yuzhny servirebbero circa 900 navi della portata della 'Razoni' per far passare tutte le derrate che rischiano di marcire creando una crisi alimentare di portata globale.
La possibilità del rinnovo del termine dell'accordo aumenta le probabilità che tutto il grano possa uscire dai porti ucraini, insieme al frumento e ai fertilizzanti prodotti dalla Russia che Mosca ha chiesto e ottenuto fossero inclusi nell'accordo.
Erdogan ha definito l'accordo per il passaggio del grano "il prodotto degli sforzi della Turchia", ma è consapevole che mantenere l'intesa in vita sarà la parte più difficile.
La firma ha avuto luogo in un clima di aperta ostilità e il fardello del mediatore e garante pesa più su Ankara che sull'Onu, il cui ruolo rimane importante per il carattere umanitario dell'intesa.
La possibilità di un negoziato vero, che possa avvicinare le parti ed eventualmente produrre un cessate il fuoco, è legata a doppio filo all'andamento dell'accordo sul grano.
Oltre al clima di profonda inimicizia che ha contraddistinto l'accordo, giunto dopo due mesi di negoziato, va ricordato che a 12 ore dalla firma i missili russi sul porto di Odessa hanno rischiato di far saltare l'intesa e ribadito quanto instabile sia la situazione.
Il dialogo tra Erdogan e Putin in questi anni si è sviluppato anche intorno alla Siria. Negli ultimi mesi il presidente turco ha ripetutamente minacciato un intervento militare nel nord del Paese, sarebbe il quarto, mirato a sottrarre al controllo dei curdi siriani dello Ypg stavolta le aree di Tal Rifat e Manbij e costituire un'area cuscinetto di 30km di profondità.
Un territorio che Ankara gestirebbe tenendo lontani i separatisti curdi e costruendo case per favorire il ritorno dei profughi siriani attualmente in Turchia. Per Erdogan sarebbe un doppio colpo in vista delle elezioni del 2023, visto che i sondaggi che al momento lo vedono in svantaggio rispetto a possibili altri candidati.
Tuttavia dopo la visita ad Ankara del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov lo scorso 8 maggio il tema dell'incursione in Siria è finito in secondo piano. In pratica la Russia, che controlla anche lo spazio aereo siriano, non ha alcuna intenzione di dare ad Erdogan il via libera per un attacco in Siria, un 'no' ribadito da Putin a Teheran lo scorso 19 luglio. Ankara ha continuato a sferrare operazioni su piccola scala su cui la Russia non obietta.
A Putin il presidente turco ricorderà gli impegni presi nel 2019, rispetto all'espulsione dei miliziani Ypg dal confine turco e ricorderà che se la Turchia dovesse sentirsi minacciata l'opzione intervento rimane sul tavolo.
"I nostri sforzi sforzi diplomatici possono essere rivolti ad altri ambiti, a partire dall'energia", ha detto Erdogan lo scorso lunedì, mentre l'Agenzia di Stato per il Nucleare russa, Rosatom riceveva un totale di 5 miliardi di dollari per portare a termine la centrale nucleare di Akkuyu, nel sud della Turchia. Altri 15 miliardi saranno trasferiti nelle prossime settimane.
Akkuyu sarà così la prima centrale nucleare turca, uno dei più grandi impianti al mondo, costruito in gran parte con i soldi di banche russe come Sberbank e Sovcombank.
Nucleare e gas finiranno nell'agenda dell'incontro di Sochi anche perché la Russia copre con il proprio gas il 45% del fabbisogno annuale della Turchia e le compagnie turche hanno in vigore contratti che garantiscono ogni anno forniture per 31.75 miliardi di metri cubi di gas.