AGI - La speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi, ha lasciato Taipei, al termine della visita che ha fatto infuriare la Cina e che è durata, complessivamente, poco più di 19 ore. L'aereo con a bordo la delegazione del Congresso Usa da lei guidata è ripartito dall'aeroporto Songshan di Taipei alle 18.02, le 12.02 in Italia.
Alla ripartenza c'erano il ministro degli Esteri di Taiwan, Joseph Wu, e la direttrice dell'American Institute in Taiwan, la de facto ambasciata Usa sull'isola, Sandra Oudkirk, che hanno salutato Pelosi poco prima che l'aereo cominciasse a rollare sulla pista.
Pelosi ha assicurato che gli Stati Uniti non abbandoneranno Taiwan e la solidarietà di Washington verso l'isola è ora più che mai "cruciale". La visita è stata fortemente osteggiata da Pechino, che ha avviato ritorsioni contro Taipei. Ricevuta al palazzo presidenziale dal capo di Stato Tsai Ing-wen, Pelosi ha ribadito l'impegno degli Usa verso Taiwan, e ha elogiato Tsai per il suo ruolo di leadership.
La determinazione di Washington nel preservare la democrazia a Taiwan e nel resto del mondo è "ferrea" e Taiwan ha creato una "democrazia prospera" nonostante un "crogiolo di sfide", ha detto Pelosi. "La nostra delegazione è giunta a Taiwan per chiarire in maniera inequivocabile che non abbandoneremo il nostro impegno verso Taiwan", ha scandito la speaker democratica.
Taiwan non arretrerà alle minacce di Pechino
Tsai si è detta grata per la visita della delegazione americana, che ha definito una "eccezionale statista" e "una delle più leali amiche di Taiwan", e per il "robusto sostegno" degli Stati Uniti. Taiwan non si tirerà indietro" di fronte alle minacce militari di Pechino, ha aggiunto la presidente, e "continueremo a difendere la democrazia".
La speaker democratica è giunta nella serata di ieri sull'isola, innescando la condanna di Pechino, che ha convocato in piena notte l'ambasciatore statunitense in Cina, Nicholas Burns, e ha avviato esercitazioni di artiglieria in sei aree attorno a Taiwan, che si protrarranno anche dopo che Pelosi avrà lasciato l'isola, nel pomeriggio di oggi.
Il ministero della Difesa di Taipei ha condannato le esercitazioni militari annunciate da Pechino e ha promesso che darà una "risposta appropriata", sottolineando che le operazioni dell'esercito cinese mettono a rischio porti e metropoli dell'isola, tra cui la città costiera di Kaohsiung, e rappresentano un tentativo di "minare unilateralmente la pace e la stabilità regionale".
La ritorsione di Pechino per la missione di Pelosi a Taiwan è anche economica: l'amministrazione generale delle dogane cinese ha annunciato un divieto di importazione di agrumi e di alcuni prodotti ittici provenienti da Taiwan, mentre ieri erano finiti nel mirino i prodotti dolciari. Ancora più grave appare la sospensione dell'export di sabbia naturale verso Taiwan, che potrebbe creare problemi all'industria dei semi-conduttori.
E proprio su questo settore, la stessa Pelosi ha aperto a un possibile aumento della cooperazione tra Washington e Taipei, dopo l'approvazione del Congresso del 'Chips and Science Act'. Rappresenta una "buona occasione", ha detto, e ci sono "grandi opportunità" di cooperazione economica tra Stati Uniti e Taiwan.
L'oltraggio per la Cina
La sua visita è la missione del più alto funzionario Usa a Taiwan degli ultimi 25 anni (nel 1997 fu il suo predecessore Newt Gingrich a recarsi sull'isola) ma spinge su un terreno ancora più accidentato i già deteriorati rapporti tra Washington e Pechino. La Cina considera Taiwan parte del proprio territorio e destinata alla "riunificazione", anche non pacifica, con la Repubblica Popolare Cinese, e si oppone a ogni contatto con gli Usa.
L'arrivo della Pelosi a Taiwan è vissuto come un oltraggio, che mantiene toni altissimi contro la visita.
Oggi, il portavoce dell'Ufficio per gli Affari di Taiwan del governo cinese, Ma Xiaoguang, ha lanciato un nuovo duro monito, parlando di "collusione con forze straniere" da parte di Taiwan, che porterà l'isola alla "auto-distruzione" e la getterà "nell'abisso del disastro".
Il Cremlino: "La provocazione aumenta il livello di tensione"
Per Mosca, le parole della Pelosi sono una "pura provocazione". Lo ha denunciato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
Durante una conversazione con i giornalisti, ha affermato che "la linea per cui si sostengono libertà e democrazia effimere è una pura provocazione e questi passi dovrebbero essere chiamati con il loro nome". "Siamo convinti che nessun obiettivo di politica estera debba e possa essere raggiunto con iniziative cosi' provocatorie", ha aggiunto Peskov.
Allo stesso tempo, il portavoce del Cremlino ha invitato a non parlare di una nuova guerra su vasta scala, dopo la missione di Pelosi, anche se, a suo avviso, il livello di tensione non e' da sottovalutare. "Suggerisco di non usare parole cosi' forti, ma penso ovviamente che sia impossibile sottovalutare il livello di tensione che questa visita ha provocato nella regione. Questa è una pura provocazione", ha concluso.