AGI - Lo Stato Islamico, che ha messo radici nel Sahel, si sta spingendo più a sud, nei paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea.
Ormai i jihadisti, nella loro avanzata tentacolare, hanno preso già di mira tre paesi, che fino a pochi mesi erano relativamente tranquilli: il Togo, il Benin e la Costa d’Avorio. Si moltiplicano, infatti, gli attacchi e le stragi dei civili ai confini nord di questi paesi.
La tensione sta crescendo e le popolazioni che risiedono nelle province nord del Togo preferiscono lasciare le loro case per dirigersi in zone, per ora, apparentemente più tranquille. E ciò accade nonostante la visita del presidente e il dispiegamento di un contingente militare e di sicurezza per fronteggiare l’avanzata jihadista.
Le popolazioni, nonostante tutto, non si sentono rassicurate. È della settimana scora l’ennesimo attacco a vari villaggi che ha provocato decine di morti e feriti, una carneficina secondo alcune fonti.
È il quarto attacco di gruppi jihadisti che provengono dal Burkina Faso, paese ormai fuori controllo proprio a causa del terrorismo. Si è alzato anche il livello degli attacchi che paiono, secondo le forze dell’ordine, coordinati e ben preparati.
Intanto il Benin ha siglato accordi di cooperazione con il confinante Niger proprio per far fronte all’insicurezza che si sta allargando a tutta l’area e non solo al Sahel.
“Da tempo i paesi della subregione dell’Africa occidentale - ha spiegato il ministro della Difesa del Benin, Fortunet Alain Nouatin - sono scossi da un’ondata di terrorismo che ha colpito inizialmente i paesi del Sahel, ma che inesorabilmente, come già sapevamo, si sarebbe estesa ai paesi del Golfo di Guinea. Il Benin è stato colpito il primo dicembre 2021. Abbiamo capito molto presto che questa battaglia non è la battaglia di un solo paese, ma occorre una comunità di azioni dei paesi scossi dallo stesso fenomeno”.
In questo contesto si inserisce il cambio di strategia della Francia che vuole rendere meno “visibile” l’intervento militare e, in particolare, si affida ad accordi bilaterali con i paesi che richiedono l’appoggio francese nel contrasto al terrorismo.
Parigi vuole invertire completamente il rapporto di partnership: è il partener che decide cosa vuole fare, le capacità di cui ha bisogno e controlla lui stesso le operazioni svolte con il supporto francese. Secondo i vertici militari questo è il modo migliore per continuare ad agire efficacemente al fianco dei partener della regione.
E il presidente francese, Emmanuel Macron, si recherà in visita ufficiale a Cotonou, Benin, proprio alla fine di questo mese. L’ultimo presidente a visitare il Benin è stato Francois Hollande nel 2015. Al centro della visita e dei colloqui di Macron con il suo omologo beninese, Patrice Talon, ci sarà proprio la sicurezza.
Si è rafforza, inoltre, la collaborazione militare tra la Francia e la Costa d’Avorio, paese anch’esso colpito dal terrorismo. Non ha caso durante l’incontro tra il ministro delle Forze armate francesi, Sebastian Lecornu e quello della Difesa ivoriano, Tene Birahima Ouattara – che si è svolto nello scorso fine settimana ad Abidjan – quest’ultimo ha sottolineato il fatto che la Francia “è un partener di lunga data della Costa d’Avorio e sta impiegando sempre più risorse significative per aiutare il nostro paese ad affrontare i flagelli che minano la sottoregione”.
Dal canto suo il ministro francese sottolinea che non si possono “negare i rischi che ci sono nell’area settentrionale (della Costa d’Avorio, nda) a causa dei diversi gruppi terroristici che vogliono anche far crollare i nostri modelli di democrazia e le nostre organizzazioni”, e rivolgendosi alle autorità politiche ivoriane le ha definite “lucide, concentrate, disposte a impiegare mezzi. Abbiamo un’agenda in termini di riflessione sull’intelligence e di interoperabilità tra le nostre forze armate”.
La Francia possiede già una base militare importante in Costa d’Avorio e ha collaborato alla nascita dell’Accademia internazionale antiterrorismo. Il rafforzamento dell’asse militare tra Parigi e Abidjan va visto anche alla luce della riorganizzazione dell’impegno militare francese nel Sahel e, più in generale nell’Africa occidentale.
L’obiettivo, dunque, è quello di impedire che i jihadisti arrivino a Sud nel Golfo di Guinea, con lo scopo di avere uno sbocco al mare, ma soprattutto scongiurare che si crei un legame più solido tra i gruppi terroristici e la criminalità organizzata internazionale, comprese le mafie italiane presenti, in particolare, in Costa d’Avorio.
I gruppi terroristici già controllano molti traffici illegali, come quello di essere umani – le vie delle migrazioni attraversano i territori roccaforti dei jihadisti – ma anche quello delle vie della droga, in particolare cocaina, che prendono avvio proprio dai porti del Golfo di Guinea.
I trafficanti di cocaina sono già i migliori finanziatori dei gruppi jihadisti che operano nel Sahel. Il rafforzamento del legame tra criminalità organizzata internazionale e gruppi jihadisti sarebbe fatale per tutta l’Africa occidentale.