AGI - Prosegue senza pietà la distruzione delle baraccopoli nella città di Port Harcourt, capitale petrolifera della Nigeria. Vicino alle acque inquinate della città, insediamenti informali fatti di materiali di scarto ospitano mezzo milione di persone. Cittadini minacciati di sgombero forzato, senza alternativa e compenso.
All’inizio di gennaio il governatore dello Stato di Rivers, Ezenwo Nyesom Wike, ha annunciato la demolizione di tutte queste abitazioni informali sul lungomare, diventate, secondo il governatore, “covi di criminali”. Demolizioni iniziate a gennaio e che proseguono a ritmo serrato.
Il quartiere di Diobu, nel sud-ovest della città, è stato semidistrutto. In sei giorni quasi 20mila residenti hanno perso la casa e i mezzi di sussistenza, perché grazie alla pesca, ai mercati mobili e al trasporto marittimo, la maggior parte di queste persone dipende dalla costa per sopravvivere. Insediamenti informali dove le persone si sono costruite una vita, un lavoro, la sopravvivenza. Molti di loro vivevano lì da più di dieci anni, costruendo tutto quello che c’è con le loro mani.
“Abbiamo vissuto pacificamente qui”, si lamenta Temuoemi Cottrail, venditore di pesce. Poi sono arrivati gli uomini armati, “non hanno parlato con nessuno, hanno semplicemente iniziato a mettere X su alcuni edifici”. Una X che significa la fine della tua vita, la certezza che perderai tutto. Gli uomini armati non spettano il tuo consenso, ti hanno avvisato con quella X e tanto basta. Le autorità, poi, non si curano di spiegare cosa diventerà il lungomare, una volta che tutte le baraccopoli saranno distrutte. Si limitato a dire che le demolizioni delle comunità informali sono necessarie e legali. La legge lo consente, purché sia nell’interesse pubblico. Ed è proprio l’interesse pubblico che le autorità non riescono a spiegare se non dicendo che gli insediamenti demoliti sono diventati “covi di criminali”.
Questi sgomberi forzati, inoltre, illustrano plasticamente il complesso sviluppo urbano delle città nel paese più popoloso dell’Africa – 220 milioni di abitanti – e, secondo le stime dell’Onu, nel 2050 la Nigeria diventerà la terza nazione più popolosa del mondo. Con una demografia galoppante e senza alcuna idea urbanistica, milioni di nigeriani continueranno a costruire e vivere nelle baraccopoli, in condizione di vita precarie e difficili. I paesi dove la crescita demografica sarà un vero boom sono anche quegli stati dove vivrà la più alta percentuale di poveri al mondo, circa il 40%. Si tratta della Nigeria dove la popolazione nel 2050 è stimata in 429 milioni di persone, ci cui 152 milioni sotto la soglia di povertà. Puoi demolirne quante ne vuoi, ma le baraccopoli informali continueranno a essere costruire se lo Stato non sarà in grado di affrontare con decisione e determinazione la povertà, costruendo un welfare degno di questo nome, con soluzioni abitative e alternative alle baraccopoli credibili.
A Port Harcourt, capitale dell’oro nero della Nigeria, primo produttore di greggio in Africa, un terzo degli abitanti vive (circa 700mila persone) in questi quartieri informali, i primi, inoltre, a subire i danni ambientali dell’estrazione di petrolio e gas.
“Le persone non si stabiliscono deliberatamente in insediamenti informali”, spiega Isa Sanusi, portavoce di Amnesty International Nigeria. “Non dovrebbero essercene in questo posto perché gli stati sono ricchi” e dovrebbero avere la capacità di soddisfare i bisogni delle popolazioni. A Diobu le autorità hanno detto ai residenti informali che avevano sette giorni per fare le valige, senza indicare un posto, un luogo dove potersi reinsediare, dovevano semplicemente andarsene, ma dove? Un pescatore di Diobu, Omobotare Abona, ha raccontato che quando sono arrivati, i poliziotti, hanno cominciato a frustare le persone che disperate chiedevano il tempo di poter mettere insieme quel poco di cose da portare con sé, fare le valige diremmo noi, ma niente, il tempo era scaduto e la X sulle case ne decretava la demolizione.
Le demolizioni sono iniziate tre settimane dopo che il governatore Wike l’ha annunciato nel suo discorso di Capodanno, criminalizzando questi luoghi perché servono, a detta sua, da covo e a nascondere i criminali, soprattutto i sabotatori degli oleodotti. Ecco l’interesse pubblico. Molti dei residenti del quartiere si sono traferiti altrove ospitati dai parenti, altri, molti altri sono rimasti sulla costa perché non sanno dove andare, dormono sui loro mobili, sui loro vestiti ammucchiati sui marciapiedi.
Le comunità che vivono in queste baraccopoli alimentano un’economia informale vitale per la città di Port Harcourt, che rappresenta fino al 65% dell’attività economica reale. Eppure vivono in condizioni di estrema povertà, senza alcun servizio pubblico e, tanto meno, rappresentanza politica. Sono nulla e non contano nulla. Sono molti i pescatori della costa che hanno mandato la famiglia altrove, l’hanno messa al sicuro dai parenti. Loro invece tornano periodicamente sul lungomare, dove è stata demolita la loro casa, aspettando il momento giusto per ricostruire, perché non hanno alternative.