AGI - La Turchia ha rimosso il veto all'ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Non un passo indietro, piuttosto una vittoria per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha visto soddisfatte tutte le proprie richieste, che ha rilanciato su scala internazionale la posizione turca contro il Pkk e diffuso un chiaro messaggio a tutti gli alleati sul sostegno al separatismo curdo e consolidato la propria centralità all'interno dell'Alleanza Atlantica.
Probabilmente il leader turco avrebbe voluto una operazione militare nel nord della Siria per colpire i separatisti curdi del Pkk-Ypg. Un'operazione più volte annunciata negli scorsi mesi su cui è però calato il veto di Usa, Russia e Iran. Un intervento militare avrebbe permesso al presidente di lanciare uno spot elettorale contro il terrorismo, toccando le sensibilissime corde del nazionalismo turco e recuperare un po' del consenso dissipato dalla crisi economica che affligge il Paese.
Tramontata almeno per ora l'ipotesi di un attacco nel nord della Siria, Erdogan è riuscito, come spesso gli capita, a escogitare una maniera per raggiungere il proprio fine e colpire i separatisti curdi, non con le bombe, ma con la diplomazia.
Un tira e molla che ha tenuto per più di un mese con il fiato sospeso tutta la Nato. Un tira e molla che al momento lo vede uscire vincitore. L'occasione che il presidente turco ha colto è arrivata con la richiesta di entrare nella Nato formulata da Svezia e Finlandia lo scorso maggio, quando i due Paesi scandinavi hanno abbandonato la linea della neutralità sull'onda delle preoccupazioni suscitate dall'aggressività della Russia e dall'invasione dell'Ucraina.
La richiesta di ingresso era infatti stata accolta positivamente da tutti i membri dell'Alleanza meno che dalla Turchia, che ha opposto un secco no all'ingresso dei due Paesi scandinavi. Un veto che aveva attirato su di sé l'attenzione del mondo, motivato da Erdogan sulla base del sostegno, asilo e protezione che i due Paesi garantiscono a terroristi del Pkk e dell'ala siriana Ypg.
Il presidente turco ha colto al volo l'occasione per rilanciare il tema Pkk e le critiche e le accuse agli alleati Nato per il sostegno al separatismo curdo. A farne le spese direttamente Svezia e Finlandia, tenute sulle spine per più di un mese, tuttavia il messaggio era diretto ad altri alleati, in primis Usa e Germania. Gli Stati Uniti sono infatti stati il principale alleato dello Ypg nel nord della Siria.
Un sostegno giustificato con la lotta all'Isis, ma che è andato ben oltre il conflitto con lo stato islamico infiammando ciclicamente i rapporti tra Usa e Turchia negli ultimi anni. Sempre in questi anni Ankara ha criticato spesso Paesi Nato come Germania, Francia, Belgio e Olanda per la tolleranza nei confronti della propaganda anti turca e filo Pkk.
Critiche che però finivano spesso nel vuoto, sortendo come unico effetto un botta e risposta tra diplomazie e consolidando l'idea dell'ossessione anti curda della Turchia in Europa. La guerra in Ucraina ha invece creato una prevedibile ed enorme attenzione rispetto alla posizione turca e permesso al governo Erdogan di rilanciare il tema Pkk a spese dirette dei due Paesi Scandinavi, destinatari diretti di un messaggio chiaro indirizzato a tutti gli alleati: stop sostegno al separatismo curdo.
Un aut aut che Ankara si è potuta permettere anche per la ritrovata centralità nella Nato. La Turchia difende il fianco est dell'Alleanza con il secondo esercito più importante dopo gli Stati Uniti, dall'inizio della guerra si è dimostrato l'unico Paese del Blocco capace di dialogare con la Russia ed è impegnato in questi giorni in una difficile trattativa per far uscire dai porti ucraini il grano bloccato.
Il no opposto da Erdogan è stato irremovibile fino a ieri, vale a dire quando a Madrid Erdogan ha visto soddisfatte le proprie richieste e rimosso il veto all'ingresso di Svezia e Finlandia. I due Paesi scandinavi hanno garantito "solidarietà e cooperazione contro il terrorismo in qualsiasi forma", condannando senza mezzi termini Pkk e Ypg.
Erdogan aveva ripetuto più volte che non si sarebbe accontentato di parole e che senza passi concreti da parte di Svezia e Finlandia la Turchia non avrebbe compiuto passi indietro. I due Paesi scandinavi si sono impegnati a impedire qualsiasi forma di raccolta fondi a sostegno del Pkk sul proprio suolo e "prenderanno in considerazione" la richiesta di estradizione di Ankara nei confronti di 33 terroristi.
Anche la richiesta turca di porre fine all'embargo sull'acquisto delle armi turche è stata accolta e, salvo sorprese la Turchia ora non si opporrà all'ingresso nella Nato dei due Paesi.
Tuttavia la vittoria di Erdogan va ben oltre le concessioni di Svezia e Finlandia e suona come un monito a tutta la Nato per il futuro. "Nessun Paese alleato ha subìto la brutalità del terrorismo come la Turchia". Parola del Segretario generale Nato Jens Stoltenberg. Parole che da un lato blindano la legittimità della posizione turca e dall'altro permettono al numero uno della Nato di tirare un sospiro di sollievo dopo un mese di sforzi per scongiurare il serio rischio di una frattura all'interno dell'Alleanza che in questo momento cruciale avrebbe fatto comodo solo alla Russia.
Stoltenberg vede rafforzata l'Alleanza nell'area del Baltico e risponde al presidente russo Vladimir Putin. Il prossimo mese sarà decisivo e non privo di rischi di clamorose fratture e marce indietro. Questa mattina il ministro della giustizia turco Bekir Bozdag ha dichiarato che Ankara sta già preparando le nuove richieste di estradizione per i 33 ricercati.
Estradizione per cui è però necessario che Svezia e Finlandia amendino le legislazioni in vigore, un processo che potrebbe richiedere tempo, creare un dibattito politico relativo la protezione dei diritti umani all'interno del Paese o addirittura consentire ai ricercati di Ankara di fuggire.
Un processo che presenta insidie e il rischio che le cose non vadano come la Turchia pretende. Incognite che permettono al presidente turco di tenere ancora sulle spine l'Alleanza e non escludono la possibilità di un passo indietro da parte della Turchia. Sebbene è difficile che Erdogan torni ad opporre un veto è possibile che il presidente torni ad alzare la voce e la posta in gioco, forte di un potere in ambito Nato che dall'inizio del conflitto in Ucraina è solo aumentato.