AGI - Sarà una giornata molto lunga, dicono gli sherpa impegnati a Lussemburgo nei negoziati dell'ultimo minuto per arrivare a una conclusione nella riunione dei ministri dell'Ambiente.
Al centro c'è il delicato pacchetto Fit for 55, il maxi provvedimento sul clima che prevede - tra l'altro - lo stop alla vendita di auto nuove a benzina e diesel nel 2035. Non tutti sono d'accordo.
Così come resistono divergenze sull'ammontare del Fondo sociale per il clima e sulla riforma dell'Ets, il meccanismo di scambio delle emissioni inquinanti, che verrebbe introdotto anche per il riscaldamento degli edifici e per i trasporti privati (ora riguarda solo le aziende ad alta intensità energetica, circa 11 mila nell'Unione).
Non tutti vedono di buon occhio l'imposizione della Commissione, approvata anche dal Parlamento europeo, di vietare le auto a motori termici dal 2035.
Tra gli Stati scettici c'è anche l'Italia che vorrebbe una proroga o almeno la possibilità che venga permesso l'uso di carburanti sintetici o non inquinanti. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, insiste sulla "neutralità tecnologica".
Ossia di permettere l'azzeramento delle emissioni mantenendo comunque tecnologie a combustione interna non inquinanti. Per il vice presidente della Commissione, Frans Timmermans, questa non è una soluzione. Si tratterebbe solo di "una proroga che non favorisce né i cittadini né l'industria del settore".
Nemmeno la Germania, maggior produttore e mercato automobilistico dell'Ue, accoglie la scadenza del 2035. Così come chiedono una proroga Portogallo, Slovacchia, Bulgaria e Romania.
Chiedono che sia prevista una riduzione del 90% delle emissioni di CO2 del nuovo parco auto nel 2035 per arrivare al 100% nel 2040, mentre per i furgoni si raccomanda un taglio dell'80% nel 2035 e del 100% nel 2040.
Il piano proposto dalla Commissione e condiviso dal Parlamento prevede un percorso di riduzione del 15% nel 2025 in rispetto al 2021, per passare al 55% nel 2030 e al 100% nel 2035.
Il braccio di ferro non riguarda però solo le auto. Si negozia anche sulla riforma dell'Ets (e le relative allocazioni gratuite) e l'introduzione dell'Ets per i trasporti privati e il riscaldamento degli edifici. Molti Stati sono contrari.
Così come sembra lontano un punto d'incontro sul Fondo sociale per il clima, che dovrà aiutare le famiglie contro la povertà energetica.
La Commissione lo vorrebbe di 72 miliardi ma la Germania ha già detto no. La Francia, che la presidenza dell'Ue ancora per un paio di giorni, ha proposto la mediazione a 59 miliardi. Ma Berlino e altri frugali pretendono un taglio più netto.
"Attorno a questo tavolo ci sono Paesi che hanno il Pil pro capite tra i 6 mila e gli 80 mila euro. Questo vuol che un’auto elettrica potrebbe costare sei mesi di stipendio per alcuni o dieci anni per altri. Quando parliamo di auto, è un mercato globale e i prezzi sono gli stessi più o meno ovunque", ha fatto notare Cingolani nel suo intervento.
"Se guardiamo agli interventi dei ministri, è facile notare come spesso l’ambizione climatica sia legata al pil pro capite. Questo è buono, è la democrazia ma ci dobbiamo aiutare l’un l’altro altrimenti falliremo", ha aggiunto. Cingolani ha tuttavia insistito sulla "necessità di avere degli obiettivi ambiziosi ma reali": "Quello che stiamo facendo qui è qualcosa di unico, che potrebbe essere d'esempio per il mondo. Ed è utile per tutti vedere che ciò che promettiamo sia fattibile".
"Non c’è tempo da perdere: dobbiamo dare un segnale chiaro all’Europa e al mondo che siamo pronti a fare il necessario per attuare le politiche climatiche e per questo dobbiamo arrivare a delle conclusioni oggi”, ha esortato Timmermans.
"L’Unione europea è l’Unione europea. Negozieremo e penso che nessuno lascerà la stanza senza un po’ di dolore ma parliamo del bene comune e ho impressione che gli Stati siano pronti a fare il necessario per il bene comune", ha aggiunto. "Siamo già andati troppo oltre e sarebbe una tragedia se non potessimo raggiungere un accordo oggi", ha concluso.