AGI - Il vertice della Nato che si apre oggi a Madrid appare come un consiglio di guerra, con il Consiglio di Sicurezza dell'Onu riunito per discutere della guerra in Ucraina, sullo sfondo dell'attacco russo al centro commerciale di Kremenchuk, che avrebbe causato 18 morti e 59 feriti. Mentre il conflitto tra Russia e Ucraina si trasforma in una brutale guerra di logoramento, prende il via uno dei più delicati e difficili dell'intera storia dell'Alleanza.
Sia il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, hanno sottolineato più volte nelle scorse settimane l'unità "senza precedenti" con la quale le nazioni alleate hanno risposto all'aggressione di Mosca ai danni di Kiev. Dietro le dichiarazioni formali c'è però una realtà più complessa. Diverse cancellerie europee non condividono l'approccio di radicale opposizione portato avanti nei confronti del Cremlino da Usa, Regno Unito e alcune nazioni dell'Est, in particolare la Polonia e i Paesi baltici.
Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha reiterato la necessità di "non umiliare" Vladimir Putin, consapevole che, nel medio periodo, l'Unione Europea dovrà ripristinare un dialogo con la Russia che è ineludibile anche per semplici ragioni geografiche. C'è poi la questione dei costi delle sanzioni, che rischiano di essere troppo pesanti per quelle economie, a partire dalla Germania, che dipendono dal gas russo in modo troppo significativo per potervi rinunciare presto e del tutto, un quadro che potrebbe mutare se si concretizzassero i drastici tagli delle forniture paventati oggi dall'Unione Europea.
"Le sanzioni danneggiano anche noi ma sono giuste", ha ammesso il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, in un recente incontro con gli industriali, che fin dall'inizio hanno protestato contro restrizioni che rischiano di far più male a Berlino che a Mosca. Proprio Scholz è il padrone di casa del G7 in corso a Elmau, in Baviera.
I leader del blocco (incluso Fumio Kishida, primo premier giapponese a partecipare a un vertice della Nato) si recheranno subito dopo nella capitale spagnola per proseguire il confronto sull'effetto delle sanzioni, su possibili nuovi aiuti militari all'Ucraina e sui piani di ricostruzione.
"La verità è che siamo ancora lontani da negoziati tra Ucraina e Russia" perchè Putin "ancora crede nella possibilità di una pace imposta", ha affermato Scholz giovedì scorso, "è quindi ancora più importante che restiamo fermi sul nostro percorso - con le nostre sanzioni, con le consegne di armi coordinate a livello internazionale, con il nostro sostegno finanziario all'Ucraina.
A Madrid sarà però difficile concentrarsi solo su questi temi. Non è stato infatti ancora superato il veto turco all'ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia, accusate da Ankara di sostenere il Pkk e le milizie curdo-siriane, considerate organizzazioni terroristiche in Turchia. Nelle settimane passate, si sono svolti incontri a più livelli tra i rappresentanti dei tre Paesi.
L'ultimo, avvenuto oggi a Bruxelles, è stato descritto con un certo ottimismo da Stoltenberg e dalla premier svedese, Magdalena Andersson, che in una conferenza stampa congiunta hanno elencato i passi intrapresi da Stoccolma per venire incontro alle richieste di Ankara, dall'avvio per le pratiche di estradizione dei ricercati curdi alla fine dell'embargo alle forniture di armi alla Turchia.
Good meeting with @SwedishPM Andersson. Look forward to our talks in Madrid tomorrow w/ Presidents @RTErdogan & @Niinisto to move forward with #Sweden & #Finland’s accession to #NATO & further address #Türkiye’s concerns. I welcome Sweden’s recent steps in fighting terrorism. pic.twitter.com/B2XCwu9xF9
— Jens Stoltenberg (@jensstoltenberg) June 27, 2022
Il segretario generale della Nato ha sottolineato i "passi concreti" intrapresi dalla Svezia. Andersson si è spinta ad auspicare che il vertice di domani con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e il presidente finlandese, Sauli Niinisto, possa essere risolutivo e consenta di iniziare il summit, se non con l'impasse archiviata, almeno con dei progressi tangibili.
Va però ricordato che Erdogan, pur abilissimo a giocare su più tavoli, si trova in una posizione assai scomoda. Intestatosi il ruolo di principale mediatore tra due nazioni con le quali condivide l'affaccio sul Mar Nero, il presidente turco non ha potuto dire subito sì all'adesione di Stoccolma e Helsinki, prospettiva che ha mandato Mosca su tutte le furie, anche per non perdere il suo status neutrale.
Gli altri 29 membri dell'alleanza faranno tutto il possibile per convincere Erdogan a giungere rapidamente a un compromesso ma Scholz ha già invitato ad abbassare le aspettative, affermando che "non sarebbe una catastrofe se avessimo bisogno di qualche settimana in più per giungere a un'intesa".
Stoltenberg stesso, pur parlando di "progressi", oggi ha sottolineato di non poter fare "promesse". Il rischio è che lo scontro su Svezia e Finlandia finisca per dominare, almeno sul fronte mediatico, un summit che vede la Nato aggiornare, dopo dieci anni, il suo "strategic concept".
L'Alleanza, che ha spedito decine di migliaia di truppe a rafforzare il suo fianco Est, non solo rafforzerà la deterrenza nei confronti del Cremlino (la forza di intervento rapido - ha annunciato oggi il segretario generale - verrà portata da 40 mila a 300 mila) ma, per la prima volta, menzionerà le sfide di sicurezza poste dalla Cina.
Al centro di tutto resterà la guerra
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, parteciperà al vertice in videoconferenza in più sessioni. La sua richiesta principale - più armi che consentano di contrastare l'esercito russo - è ben nota. Finora Kiev ha ricevuto aiuti militari e finanziari dall'Occidente per miliardi di dollari. In prima fila gli Stati Uniti, che hanno fornito armi per 5,6 miliardi di dollari.
Washington ha fatto sapere che i leader del G7 intendono "elaborare una concreta lista di proposte per aumentare la pressione sulla Russia". L'azione sanzionatoria coordinata dell'Occidente non sembra però aver inflitto finora danni gravi, almeno nel breve periodo, all'economia russa ma ha, anzi, esposto in modo impietoso la dipendenza energetica da Mosca di alcune nazioni europee.
We're grateful to President @POTUS and the American people for the decision to provide another $450 million defense aid package to . This support, including additional HIMARS, is now more important than ever. By joint efforts we will free land from the Russian aggressor!
— Володимир Зеленський (@ZelenskyyUa) June 24, 2022
Gli effetti delle sanzioni, dalla corsa dell'inflazione ai rischi di una crisi alimentare, rischiano di alienare quei Paesi in via di sviluppo che finora si sono astenuti dal condannare l'invasione dell'Ucraina e sono preoccupati soprattuto dal pericolo di una drastica riduzione delle esportazioni di cereali da Russia e Ucraina, tra i due maggiori produttori di grano al mondo.
Al G7 di Elmau stanno partecipando come ospiti India, Senegal (presidente di turno dell'Unione Africana) e Sudafrica, tre nazioni che hanno mantenuto un atteggiamento neutrale. Un quarto Paese ospite, l'Indonesia, pur avendo votato per il ritiro delle truppe russe in sede Onu, si è rifiutato di escludere Putin dal G20 che si terrà a Bali a novembre e ha esteso invece l'invito a Zelensky.
Per sperare di portare dalla propria parte le economie emergenti, il G7 dovrà dimostrare di volerle aiutare a scongiurare una crisi alimentare. Il precedente dei vaccini contro il Covid-19, che ha visto i Paesi ricchi accaparrarsi più dosi del necessario lasciando le briciole agli altri, non sembra un buon punto di partenza.