AGI - L’intesa bipartisan sui primi, timidi limiti alla vendita di armi da fuoco è la notizia che lega le prime pagine dei giornali americani, mentre le elezioni in Francia ricorrono su quelle europee. Ma anche l’Ucraina resta presente sui giornali internazionali, che con accenti diversi mettono in luce i successi dell’offensiva russa nel Donbass.
Washington Post
L’accordo bipartisan raggiunto da un gruppo di senatori democratici e repubblicani per introdurre restrizioni sulle armi da fuoco è in apertura sul Washington Post, che si mantiene comunque cauto. Sulla via di una legge “rimangono insidie chiave”, nota il giornale e spiega che “l’accordo quadro annunciato domenica equivale a una dichiarazione di principi, non a un disegno di legge completamente scritto” e che anche se “mentre le persone coinvolte nel processo hanno affermato la scorsa settimana che parti significative della legislazione sono già state scritte, nuovi punti di attrito sorgono spesso al Congresso durante il processo di stesura”.
La dichiarazione firmata da venti senatori - 10 democratici e 10 repubblicani – indica tuttavia che la legge “potrebbe avere abbastanza sostegno del Gop per sconfiggere un ostruzionismo, la regola della maggioranza assoluta del Senato che ha ostacolato la precedente legislazione sulle armi”. Ad accompagnare la notizia c’è un lungo servizio sulle reazioni dei familiari delle vittime di sparatorie di massa.
Occhi sull’economia con un focus dedicato alla Silicon Valley, dove i venture capitalist stanno tagliando gli investimenti e le società tecnologiche stanno riducendo il personale, il che spinge alcuni a prevedere che negli Usa sia in arrivo una recessione.
Tra gli altri titoli, il “dilemma” che il vaiolo delle scimmie pone alle autorità sanitarie americane: come informare i gay dei rischi senza alimentare l’omofobia, un reportage sull’occupazione russa nella regione ucraina di Kherson, e un ritratto di Chris Smalls, fondatore del primo sindacato interno dei lavoratori di Amazon.
New York Times
L’Ucraina resta il tema del giorno per il New York Times, uno dei giornali internazionali che ha mantenuto costantemente una grande attenzione per il conflitto e che oggi segnala i dubbi crescenti degli alleati di Kiev davanti ai successi militari russi: “Con il pendolo della guerra che si sta spostando in modo più decisivo a favore della Russia, gli alleati dell'Ucraina, le cui economie sono minacciate e la cui determinazione viene messa alla prova, potrebbero presto trovarsi costretti ad affrontare questioni molto più fondamentali del tipo di armi da fornire, come ad esempio se esercitare pressioni su l'Ucraina perché raggiunga un accordo di pace con la Russia o rischiare un'escalation russa con un supporto militare più aggressivo”.
In evidenza anche l’accordo quadro raggiunto dai negoziatori democratici e repubblicani del Senato su alcune “ridotte” misure di sicurezza delle armi, “un passo significativo verso la fine di un'impasse del Congresso sulla questione durata anni”, nota il Nyt.
Tra gli altri titoli, un servizio sul rigoroso divieto di aborto vigente in Polonia, con la storia di una donna di 22 anni morta per complicazioni della gravidanza e che abortendo si sarebbe salvata.
Wall Street Journal
Il primo accordo bipartisan per una stretta sulle armi da fuoco “deve ancora affrontare ostacoli per diventare legge, poiché la legislazione attuale non è stata ancora redatta. Ma il piano di compromesso spezzerebbe un blocco decennale sulla legislazione sulla sicurezza delle armi a seguito delle sparatorie di Buffalo e Uvalde che hanno provocato la morte di un totale di 31 persone, inclusi 19 bambini”: così scrive il Wall Street Journal, sottolineando che le misure oggetto dell’intesa “sono più ridotte rispetto a quelle cui i democratici puntavano”, e che “non viene proibita alcuna arma, né viene innalzata da 18 a 21 anni l’età per possederle”.
Tuttavia, sarà un banco di prova per saggiare l’effettiva disponibilità dei repubblicani a sostenere una normativa che va comunque nella direzione di porre limiti sulle armi.
In grande evidenza anche l’Ucraina, dove secondo Kiev “senza un ampio e rapido aumento dell'assistenza militare” occidentale si profila “una sconfitta nella regione orientale del Donbass”, e “ciò aprirebbe la strada alla Russia per proseguire la sua offensiva su Odessa e Kharkiv dopo essersi riorganizzata nei prossimi mesi, e in seguito potenzialmente anche fino alla capitale”.
Scenario su cui si confrontano gli alleati, che chiedendosi “se la Russia abbia davvero i mezzi per raggiungere questo obiettivo, anche se ottiene ulteriori guadagni nell'area del Donbass”. Se ne discuterà mercoledì alla riunione del gruppo di contatto della Nato sull’Ucraina, con il segretario americano alla Difesa, Austin.
Il quotidiano ritorna anche sul venerdì nero delle Borse, con uno sguardo piuttosto pessimista: la previsione è che profetti più bassi delle attese per colossi come Microsoft e Target possano spingere i listini ancora più giù.
Financial Times
I McDonald’s chiusi in Russia nel quadro delle misure punitive occidentali per l’invasione dell’Ucraina, riaprono con un nuovo nome e nuovi proprietari, russi, e il fatto per il Financial Times vale il titolo nella fascia alta della prima pagina. Sono 15 i fast food di nuovo operativi da ieri, e i clienti hanno fatto la coda. Altri 50 riapriranno oggi.
A centro pagina, il nuovo fronte di contestazione interna apertosi per Boris Johnson: molti parlamentari Tory si oppongono alla legge che il governo dovrebbe presentare oggi per modificare il regime degli scambi commerciali con l’Irlanda del Nord stabilito dagli accordi sulla Brexit. Una legge che “danneggerebbe il Regno Unito e tutto quello per cui si battono i conservatori”, nelle parole degli oppositori, e che, secondo Ft, metterebbe Johnson in conflitto non solo con i suoi deputati ma anche “con la Camera dei Lord, l’Unione Europea, gli ambienti parlamentari di Washington, e una fetta degli imprenditori nordirlandesi”.
Spazio anche alla decisione delle autorità finanziarie di inserire il Credit Suisse tra le banche sottoposte a vigilanza più stringente, dopo gli scandali che hanno investito l’istituto negli ultimi due anni, deprezzandone il valore azionario.
The Times
Il governo britannico prepara una stretta sui finanziamenti stranieri alle università “per garantire i valori del Regno Unito non vengano compromessi”: è la notizia del giorno per il Times, che nel titolo indica senza giri di parole il vero obiettivo delle nuove regole: la Cina. Gli atenei saranno obbligati a dichiarare ogni investimento superiore alle 75.000 sterline fatto da “attori stranieri” nei loro programmi di studio e di ricerca. Non vi sarà però obbligo di dichiarazione nel caso l’investimento provenga da Paesi membri della Nato o dell’Unione Europea, dall’Australia e dal Giappone: il che, secondo il giornale, equivale a dire che l’obbligo riguarda solo i flussi finanziaria orientati da Cina e Russia verso le università britanniche.
E il Times ricorda in proposito di aver rivelato, pochi giorni fa, che il Jesus College di Cambridge ha ricevuto centinaia di migliaia di sterline da un investitore “ritenuto uno degli uomini più ricercati in Cina”. In risalto sulla prima pagina anche la morte in combattimento dell’ex soldato britannico John Gatley, arruolatosi nelle forze ucraine, e il piano del governo di riformare le tariffe elettriche, sganciandole da prezzo del gas, nell’intento di ridurre le bollette.
Le Monde
Come ogni lunedì, Le Monde non è in edicola e dunque bisogna far riferimento al sito per trovare le notizie aggiornate. La pagina web è, ovviamente, dominata dai risultati del primo turno delle elezioni legislative in cui la sinistra “mette la maggioranza presidenziale in difficoltà”, come dice il titolo.
La coalizione Nupes guidata da Melenchon ha eletto quattro parlamentari e primeggia con il 26,10% dei voti, mentre i macronisti hanno conquistato un solo seggio e si piazzano al 25,81%. La vera partita si giocherà dunque nei ballottaggi, e secondo un’analisi del quotidiano per la Nupes potrebbe non andare bene come sembrerebbero indicare i risultati di ieri, perché la coalizione della gauche “dispone di una debole riserva di voti”, mentre attorno al presidente potrebbe compattarsi un “fronte anti Melenchon” che attingerebbe nel bacino elettorale della destra.
Le Figaro
Macron verso una maggioranza risicata, mentre la sinistra radicale si appresta ad entrare in forze in Parlamento. Questa la sintesi che Le Figaro fa in prima pagina dei risultati del primo turno delle legislative, finito pressocché in pareggio, in termini percentuali, tra la coalizione del presidente e la Nupes, guidata da Jean-Luc Melenchon.
Il giornale prevede però che al secondo turno sarà Macron a spuntarla, anche ieri ha ottenuto meno consensi di quanti ne avessi raccolti al primo turno delle presidenziali. “Emmanuel Macron sembra sulla buona strada per ottenere una maggioranza ristretta domenica prossima”, e ciò “dipenderà dalla buona volontà dei suoi alleati Edouard Philippe e Francois Bayrou. Resta da vedere se sarà una maggioranza assoluta o relativa.
“Non è ovviamente la stessa cosa: nella seconda ipotesi, il capo dello Stato, per ogni atto legislativo, sarebbe costretto o a chiedere qualche voto in più a destra o a sinistra, oppure ad usare l'arma (politicamente costosa e costituzionalmente limitata) dell’articolo 49, terzo comma, della Costituzione”.
Tale norma prevede che il primo ministro possa decidere di interrompere la discussione parlamentare di un disegno di legge, che in questo sarà dichiarato approvato a meno nelle 24 ore seguenti non venga presentata una mozione di sfiducia contro il governo. Ma qualunque maggioranza Macron conquisti, per Le Figaro sarà comunque “un disastro per il futuro: questo quinquennio mal nato sembrava già minacciato dalla ‘chiraquizzazione’; è difficile vedere come il minimo impulso riformatore possa venire da un'Assemblea priva di una vera maggioranza”.
El Pais
Le elezioni in primo piano su El Pais sono quelle regionali in Andalusia, dove si voterà domenica prossima, e l’apertura è riservata a un sondaggio commissionato dallo stesso giornale a 40db. L’indicazione è che si consolida il vantaggio del Partito popolare, con il candidato governatore Juan Manuel Moreno, avviato alla conquista di 48 seggi, sette in meno della maggioranza assoluta e 22 in più rispetto a quelli di cui dispone adesso il Pp.
I neo franchisti di Vox conquisterebbero 18 seggi, e i socialisti manterrebbero i loro attuali 33 seggi. La vera disfatta sarebbe quella di Ciudadanos, che resterebbe fuori dall’assemblea regionale perdendo tutti i suoi 21 consiglieri, e per i partiti della sinistra andalusa che scenderebbero da 17 a 10 seggi. Il sondaggio segnala anche un aumento dell’affluenza alle urne, prevista al 63%.
Di spalla, un titolo sulla bozza di bilancio che il ministero delle Finanze spagnolo sta preparando, e di cui El Pais ha preso visione: la priorità saranno gli aiuti per il caro energia, la transizione verde e i progetti di spesa dei fondi europei. Più in basso, spazio al voto in Francia, dove la sinistra avanza e Macron arretra, ma secondo il giornale il suo partito è favorito nel secondo turno, tra due settimane.
Frankfurter allgemeine zeitung
Il viaggio a Kiev del cancelliere tedesco Olaf Scholz assieme a Macron e Draghi, di cui comunque la cancelleria non ha dato conferma ufficiale, è il tema forte della prima pagina della Frankfurter Allgemeine Zeitung, attenta alle implicazioni di politica interna della missione. Dall’opposizione, attacca il vicepresidente della Cdu, Johann Wadephul, che commenta "meglio tardi che mai" e ricorda che Scholz aveva detto di non voler andare a Kiev, sottolineando che non c'è "spiegazione sul perché ciò che prima era impossibile è improvvisamente possibile".
Su questo ragionale anche l’editoriale della Faz: Scholz “aveva annunciato di non voler recarsi a Kiev per un servizio fotografico, come se ogni capo di governo, compreso lui stesso, avesse sempre avuto qualcosa di concreto con sé durante i propri viaggi”, scrive il giornale, e sottolinea che se andrà davvero, sarebbe preferibile che andasse “direttamente al fronte. Perché più che mai le forze armate ucraine hanno bisogno di armi e munizioni efficaci”.
A centro pagina, la Faz anticipa i piani del ministro dell’Economia Habeck per un inasprimento della normativa antitrust nel settore petrolifero. Tra gli altri titoli, le minacce della Cina sulla possibilità di una guerra se Taiwan dichiarasse l’indipendenza e le elezioni francesi con una “gara serrata” tra Macron e Melenchon.
China Daily
“Coloro che osservano che le società straniere stanno lasciando la Cina per sostenere l'affermazione che l'economia cinese è in declino, lo fanno nonostante le prove contrarie”: così scrive in un editoriale il China Daily, che rinnova le sue rassicurazioni sulla solidità della crescita.
“Il flusso verso l'esterno di alcuni elementi di produzione a basso valore aggiunto e di fattori economici ha perfettamente senso ed è inevitabile per un paese che sta scalando la catena del valore globale. Ma anche se alcune società la cui attività si trova nella fascia bassa della catena del valore si stanno trasferendo nel sud-est asiatico e in India, il paese è ancora una calamita per investimenti, affari e talenti e le società straniere continuano a essere attori indispensabili nell'economia cinese”, sostiene il giornale, secondo cui “il 71% delle società straniere in Cina campionate dal China Council for the Promotion of International Trade ha mantenuto la propria attività programmata nel primo trimestre di quest'anno, il 16,4% la ha ampliata e il 72,1% ha aumentato i propri investimenti in Cina di oltre il 5%”.
Segue una serie di dati su investimenti stranieri in Cina e commercio estero, che “indicano che il mondo continua ad avere fiducia nei fondamentali dell'economia cinese. L'influenza dell'epidemia sulla Cina è solo temporanea e, navigando costantemente contro i venti contrari sulla sua rotta tracciata, l'economia cinese è ancora un importante propulsore della ripresa globale”, conclude il giornale.
Quotidiano del Popolo
Un discorso a tutto campo, quello del ministro cinese della Difesa Wei Fenghe allo Shangri-La Dialogue di Singapore, dove non solo ha ribadito che la Cina è pronta all’uso della forza contro Taiwan nel caso di dichiarazione di indipendenza, ma ha anche più in generale parlato della collocazione strategica di Pechino nel mondo.
Un discorso che ha ampio spazio sul People’s Daily, edizione in inglese dell’organo ufficiale del Partito comunista cinese. La Cina lavora per una riunificazione pacifica ma "se qualcuno osa separare Taiwan dalla madrepatria, la Cina non ha altra scelta che entrare in guerra, combattere a tutti i costi e combattere fino alla fine", ha detto il ministro e ha avvertito di “non sottovalutare mai la forte determinazione e capacità dell'esercito cinese di salvaguardare la propria integrità territoriale".
Quanto ai rapporti con gli Usa, il ministro ha premesso che Pechino preferisce non definirli “di competizione” per poi criticare "la cosiddetta strategia indo-pacifica” di Washington, “pensata per contenere un altro Paese coartando i Paesi regionali e promuovendo conflitti contro alcuni Paesi", ha affermato Wei.
"Riteniamo che qualsiasi tipo di strategia dovrebbe seguire le tendenze della storia e del tempo e dovrebbe avvantaggiare la stabilità regionale e i paesi lì". Il messaggio è che "lo sviluppo della Cina è irreversibile” e che “non è una minaccia ma un contributo alla pace e allo sviluppo globali”.