AGI - La guerra del grano deve essere risolta nel più breve tempo possibile e vincerla non è solo una questione di “buon cuore”, ma anche strategica. I numeri dimostrano che la carestia potrebbe colpire oltre 400 milioni di persone. A questi si debbono aggiungere tutti coloro che vivono con gli aiuti alimentari delle Nazioni Unite.
Il Corno d’Africa e gran parte del Sahel si apprestano ad affrontare una carestia senza precedenti che, indubbiamente, sarà aggravata dalla guerra in Ucraina. Sbloccare centinaia di milioni di tonnellate di grano nei silos nei porti ucraini è dunque una priorità per scongiurare una catastrofe umanitaria che avrà ripercussioni globali che potrebbero durare anni.
Molto attivi su questo fronte, sono i turchi e i russi, anche se un accordo chiaro che garantisca tutti, in primo luogo gli ucraini, sembra lontano dall’essere siglato. La Russia, come stiamo vedendo in questi giorni, ha tutto l’interesse a scaricare sull’occidente la responsabilità di una possibile crisi alimentare globale. Un interesse che non deve stupire.
Di sicuro, come ha già fatto, farà partire le sue navi cariche di grano dai porti ucraini conquistati sul Mar D’Azov. Grano rubato, secondo gli ucraini. Grano di loro proprietà secondo Mosca. Al di là di chi abbia ragione questa è la realtà. Le navi hanno fatto rotta verso l’Africa dove la presenza russa si fa sempre più penetrante.
Il caso del Mali, nel Sahel, è l’aspetto più eclatante. È riuscita a “cacciare” la Francia da un’ex colonia. Poi c’è la Repubblica Centrafricana, anch’essa ex colonia francese. Qui la presenza russa è ancora più evidente. Poi c’è il Burkina Faso, ma ancora i recenti accordi militari e di sicurezza tra il Camerun e Mosca. Nel mirino di Putin, poi, c’è anche il Ciad dove nella capitale N’Djamena ci sono state manifestazioni anti francesi molto violente. Il sentimento anti-francese e anti-occidentale sta dilagando in gran parte del Sahel e Mosca lo cavalca e incoraggia abilmente.
Dall’altra parte del tavolo negoziale c’è la Turchia, Recep Erdogan, che non fa nulla senza che ne abbia un tornaconto significativo. Anche Ankara ha interessi diffusi in Africa. Oramai è un po’ ovunque, ha stretto accordi commerciali, di fornitura di armi, ma anche si sta impegnando molto sul fronte dell’aiuto alimentare, come in Somalia.
La forza della Turchia in Africa è assai maggiore di quella russa. Dal 2004 Erdogan ha fatto più di 50 viaggi nel continente africano e visitato oltre 30 nazioni. Solo nell’ottobre del 2021 il capo di stato turco ha visitato Angola, Nigeria e Togo e nello stesso mese, Istambul ha ospitato leader aziendali e dozzine di ministri degli stati africani per un vertice volto specificatamente ad aumentare il commercio.
Nei primi mesi del 2021 il commercio bilaterale Turchia-Africa ha raggiunto i 30 miliardi di dollari e l’obiettivo della Turchia è di aumentarlo ad almeno 50-75 miliardi di dollari nei prossimi anni. Inoltre circa 25 mila lavoratori africani sono attualmente impiegati nel continente da aziende turche in progetti del valore di 78 miliardi di dollari e più di 14 mila studenti africani hanno studiato in Turchia.
Il numero degli ambasciatori turchi distaccati nel continente è passato da 12 del 2005 a 43 nel 2021, mentre il numero degli ambasciatori africani ad Ankara è passato da 10 a 37. “Miriamo ad aumentare il numero dei nostri ambasciatori a 49”, ha detto Erdogan, affermando che il vertice di Istambul ha dato luogo a sessioni congiunte a livello ministeriale nei settori della sanità, dell’istruzione, dell’agricoltura e della difesa.
Turkish Airlines vola verso 61 destinazioni in Africa, l’Agenzia turca di cooperazione e coordinamento (Tika) ha 22 uffici locali, la Fondazione Maarif gestisce 175 scuole in 16 paesi e la presidenza dei turchi all’estero e delle comunità correlate offre borse di studio a oltre 5mila studenti africani. Una potenza di fuoco enorme che ha anche lo scopo di ottenere il sostegno africano per un seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Per Ankara, dunque, arrivare a una soluzione negoziata sul grano ucraino sarebbe un grande successo e rafforzerebbe i legami già molto stretti con l’intero continente. Obiettivo che ha anche lo zar di Mosca. Putin e Erdogan, su questa partita si intendono benissimo.
Tutto ciò avrebbe, inoltre, anche lo scopo di allontanare sempre di più il continente africano dall’influenza occidentale, sostituendola con quella turca e russa. La Cina, vera padrona del continente, sta a guardare anche perché non ha competitor. Vincere la guerra del grano non è solo una questione di buon cuore, ma ha una valenza strategica tale da spostare gli equilibri anche in Africa, dove quasi la metà degli Stati non ha votato o si è astenuta per la risoluzione delle Nazioni Unite di condanna all’invasione russa dell’Ucraina.
Di sicuro, se Erdogan avrà ragione in questa partita, sarebbe la sconfitta dell’occidente - oltre che quella dell’Onu - la cui diplomazia non fa altro che accusare Mosca della catastrofe alimentare. Non basta. Agli africani di certo non basta.