AGI - La guerra in Ucraina, il debito sovrano, gli effetti a lungo termine della pandemia da Covid e lo shock degli effetti climatici, sono i fattori che pesano di più sull’economia del continente africano e ne rendono incerta e al ribasso la crescita. L’ultimo rapporto dell’African Economic Outlook della Banca africana di sviluppo (AfDB) spiega che il Prodotto interno lordo del continente ha registrato un forte rimbalzo nel 2021, crescendo del 6,9%.
Un rimbalzo sostenuto dalla ripresa della domanda globale, dall’aumento dei prezzi del petrolio che hanno avvantaggiato le economie esportatrici, dall’allentamento delle restrizioni per la pandemia nella maggior parte dei paesi e della crescita associata dei consumi interni e degli investimenti. La guerra in Ucraina, e l’aumento dei prezzi delle commodities alimentari iniziato ben prima dell’invasione russa, stanno facendo da freno alla crescita continentale per il 2022. La Banca africana di sviluppo prevede per quest’anno un Pil reale che decelererà al 4,1%.
Crescita a più velocità
La crescita dei paesi dell’Africa, nel 2021, è stata a più velocità. Quella maggiore si è registrata in Nord Africa (11,7%) e Africa Orientale (4,8%), ma nel 2022 dovrebbe decelerare in Nord Africa al 4,5% e stabilizzarsi in quella Orientale al 4,7%. In Africa occidentale, invece, la AfDb prevede che nel 2022 il Pil crescerà del 4,1% sugli stessi livelli dell’anno precedente. L’Africa australe, invece, ha avuto performance più accentuate, il Pil nel 2021 è salito del 4,6% a fronte di una contrazione del 6% registrata l’anno precedente, in linea con i paesi più sviluppati.
Ma l’anno in corso, secondo la AfDb, vedrà una crescita di solo il 2,5%. L’economia della regione patirà l’esaurimento degli effetti degli stimoli fiscali. Il Pil dell’Africa centrale crescerà del 4,6%, nel 2021 ha fatto registrate un +3,4%, dunque in controtendenza rispetto alle altre regioni del continente.
Gli effti della pandemia
La pandemia, poi, farà ancora sentire i suoi effetti. Nel 2021 oltre 30 milioni di persone sono finite sotto la soglia di povertà e 22 milioni di africani hanno perso il lavoro. Una tendenza, sempre secondo il rapporto African Economic Outlook, che proseguirà quest’anno e anche nel 2023. Miglioramenti potrebbero esserci a partire dal 2024, anche se il peso della guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia non hanno ancora espresso tutto il loro potenziale negativo. E tutto ciò si aggraverà ulteriormente se non dovesse sbloccarsi l’esportazione del grano dall’Ucraina.
Altro fattore di instabilità è il debito sovrano che rimane “una minaccia - scrive l’AfDb - per la ripresa economica dell’Africa nonostante le recenti iniziative di riduzione del debito”. Il rapporto debito-Pil rimarrà al di sopra dei livelli pre pandemia per quest’anno, mentre nel 2021 era del 70% e nel 2020 del 71,4%. Le iniziative della comunità internazionale hanno contribuito ad alleviare le pressioni sulla liquidità in molti paesi aumentando le riserve esterne, ma queste iniziative “non hanno cancellato – specifica la Banca africana di sviluppo - le vulnerabilità del debito, con 23 paesi africani a rischio”. Secondo la AfDB, tuttavia, è necessaria “una ristrutturazione del debito e la ridefinizione delle priorità di spesa pubblica per garantire la sostenibilità del debito a lungo termine”.
Gli effetti del clima
Da ultimo, ma non meno importante, l’impatto degli shock climatici. E non deve sfuggire il fatto che non essendoci più la ciclicità delle stagioni, tutto diventa più imprevedibile. Solo nel 2020 e nel 2021, si legge nel rapporto, nel continente sono stati registrati 131 disastri legati ai cambiamenti climatici dovuti a condizioni metereologiche estreme. “Il cambiamento climatico – scrive l’AfDB – pone rischi sostanziali per le economie africane, minaccia la vita e i mezzi di sussistenza di milioni di persone. Adattarsi ai cambiamenti climatici potrebbe costare al continente almeno 50 miliardi di dollari all’anno entro il 2050. In Africa orientale e occidentale, nello scenario col riscaldamento più elevato, si registrerebbe una riduzione della crescita del Pil pro capite fino al 15% entro il 2050”. In Africa centrale, ricca di foreste primarie, la diminuzione del Pil pro capite è meno accentuata, solo il 5%
I fattori negativi, che incidono sull’economia del continente, sono molteplici e vanno, appunto, dalla vulnerabilità del debito, condizioni finanziarie globali tese con l’aumento delle pressioni inflazionistiche, l’effetto del conflitto ucraino e le relative sanzioni alla Russia, i rischi climatici e ambientali e altre questioni sociopolitiche e di sicurezza mai risolte. Le sfide, dunque, che deve affrontare il continente africano sono molteplici.
Lo scenario descritto non è certo tra i più incoraggianti e si potrebbe aggravare ulteriormente con il perdurare del blocco del grano, la cosiddetta “guerra del grano”, che potrebbe generare una carestia su vasta scala, in particolare in Nord Africa, con possibili sconquassi dal punto di vista politico e rivolte sociali difficilmente arginabili. E, non ultimo, un flusso di migranti verso il continente europeo difficilmente sopportabile. Risolvere, e in fretta, la questione del grano fermo nei porti ucraini, oltre a scongiurare una catastrofe umanitaria, risulterebbe essere strategico per l’Unione europea.