AGI - In fondo per chi ha imparato a prendere dimestichezza in questi ultimi mesi con la diplomazia ungherese se lo aspettava: l'Ungheria è tornata a bloccare il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia che prevede l'embargo al petrolio importato via mare.
Ma questa volta, dopo aver paralizzato le misure per quasi un mese pretendendo (e ottenendo) una deroga per il greggio che arriva via oleodotto (che serve Budapest), l'ambasciatore che a Bruxelles parla a nome del premier Viktor Orban si è presentato con una nuova richiesta: il patriarca della Chiesa ortodossa russa deve restare fuori dalla blacklist dell'Unione europea.
La riunione odierna doveva essere l'ultimo passaggio formale per mettere nero su bianco l'accordo politico raggiunto lunedì a mezzanotte tra i capi di Stato e di Governo. Ma l'accordo riguarda solo il greggio. Non si era entrati nel dettaglio anche delle persone "listate" (di cui poi vengono congelati i beni presenti nell'Unione).
C'è un altro fattore che non può restare in secondo piano. Nelle stesse ore in cui gli ambasciatori discutevano il nuovo stallo, dall'altra parte della strada, la Commissione europea approvava (seppure con la contrarietà della vice presidente, Margrethe Vestager, e le perplessità dei commissari socialisti e democratici), il Piano nazionale di ripresa e resilienza della Polonia. Che era rimasto bloccato assieme a quello dell'Ungheria appunto.
Tuttavia la guerra ha avvicinato Varsavia a Bruxelles, grazie soprattutto all'indefesso impegno del premier Mateusz Morawiecki, nei confronti da Kiev. Dall'accoglienza di milioni di rifugiati alla fornitura di armi all'appoggio senza esitazione a tutte le sanzioni, dando disponibilità a rinunciare pure alla deroga ungherese di cui poteva beneficiare essendo la Polonia servita dallo stesso oleodotto che arriva in Ungheria.
Formalmente Bruxelles ha dato il via libera al Pnrr da 35 miliardi di euro perché la Polonia ha accolto le richieste sull'indipendenza dei giudici, chiudendo (la settimana scorsa) la contestata Camera disciplinare.
Il Piano ungherese vale 7 miliardi di euro (tutti in sovvenzioni, ulteriori prestiti potrebbero arrivare per il RepowerEu) ed è ancora bloccato perché non è ritenuto soddisfacente nei capitoli che riguardano la trasparenza negli appalti e i controlli della spesa. Difficile non pensare che Budapest voglia barattare il suo veto sul pacchetto di sanzioni con il via libera al Pnrr. Ma, allo stato attuale, la Commissione non sembra avere intenzione di scendere ad altri patti. Non c'è alcuna garanzia che sarà l'ultimo compromesso.