AGI - “Abbiamo chiaramente perduto la corsa per il primo posto”. Le amare parole del leader dell’Spd, Lars Klingbeil, si riferiscono al risultato elettorale in Nord Reno Vestfalia, dove i socialdemocratici domenica scorsa hanno messo a segno il peggior risultato della loro storia, ma qualcuno maliziosamente legge la dichiarazione in chiave federale: è da tempo che per Olaf Scholz e per l’Spd niente sembra andare per il verso giusto.
Sotto accusa per una linea tentennante sull’Ucraina, ampiamente superato in popolarità dai due ministri Verdi, Annalena Baerbock agli Esteri e Robert Habeck all’Economia - che si prendono le prime pagine e svettano nei sondaggi - ammaccato dal responso delle urne nello Schleswig Holstein e nel popoloso Nord Reno Vestfalia, incalzato dal leader della Cdu, Friedrich Merz (che si è preso la scena viaggiando in treno a Kiev per abbracciare “a sorpresa” il presidente ucraino Volodymyr Zelensky).
Uno scenario nella quale la coalizione ‘semaforo’ – quella che si è formata annunciando un “nuovo inizio” per la Germania dopo gli infiniti sedici anni merkeliani – inizia vistosamente a scricchiolare. Se non altro, stando agli ultimi sondaggi il movimento tellurico che nel sottosuolo sembra smuovere la politica tedesca è rispecchiato negli umori degli elettori: per la prima volta dalle elezioni federali del settembre 2021, la Spd si vede staccata di ben sei punti e mezzo dal blocco conservatore Cdu/Csu, scivolando al 21,5% dei consensi contro il 28%.
A profittarne soprattutto i Verdi, attestati ad un 20,5% pericolosamente vicino al partito che fu di Brandt e di Schmidt, laddove i liberali del ministro alle Finanze Christian Lindner finiscono sotto il tetto del 10%. In lieve crescita (0,5 punti) l’ultradestra dell’Afd, data da Insa all’11% dei voti, mentre non riesce a fermare l’inabissamento il partito della sinistra, la Linke, appiattito ad un desolante 3%.
Come non bastasse, anche in termini di popolarità sono i Verdi a prendersi la scena: nel favore dei tedeschi il cancelliere è superato sia da Baerbock che da Habeck, con la responsabile degli Esteri che per l’istituto Forsa convince addirittura il 61% degli interpellati, seguita dal titolare all’Economia al 59%.
Ebbene, il successore di Angela Merkel, al terzo posto, non va oltre il 48%. Sono dati che si fanno ancora più netti quando la domanda riguarda la rispettiva performance nella crisi ucraina: qui l’apprezzamento per Baerbock cresce addirittura al 70% e quello per Habeck al 66%.
Il cancelliere, al 49%, è scivolato di 23 punti in un mese. Guardando poi ai risultati ottenuti domenica scorsa dai Verdi in Nord Reno Vestfalia – dove hanno triplicato i consensi - qualcuno si spinge ad evocare scenari ambiziosi: i due superministri verdi, Baerbock e Habeck, “non sono più visti solo come possibili kingmaker ma come possibili contendenti per il trono: in altre parole, per la cancelleria”.
E il quotidiano Tagesspiegel a metterla in questi termini commentando il voto vestfaliano, dove peraltro la ‘terza gamba’ della compagine governativa, ossia l’Fdp, ha ottenuto un risultato “disastroso”, per dirla con le parole dello stesso Christian Lindner.
Allora picchia duro lo Spiegel: “A cinque mesi dall’inizio della coalizione la magia dell’inizio sembra svanita. In compenso vi è crisi ad ogni angolo”. Nel governo del ‘nuovo inizio’ si è litigato non solo sul tema caldissimo delle forniture d’armi pesanti all’Ucraina, ma anche sul mantenimento delle misure anti-Covid e si è già assistito ad una dimissione clamorosa (quella della ministra alla Famiglia Anne Spiegel), mentre altri due ministri, Christine Lambrecht alla Difesa e Karl Lauterbach alla Sanità, si trovano continuamente al centro di furiose polemiche.
Gli esperti pensano che Scholz soffra anche di un problema di comunicazione: dice il professore Frank Brettschneider dell’Università Hohenheim che Habeck e Baerbock sembrano costruire “un programma di contrasto” al cancelliere, “apparendo come sicuri di sé e chiari, tanto che danno l’impressione di agire secondo un piano”, un’impressione che invece “il cancelliere non dà”.
In più, sebbene a livello nazionale vengano date tutte le assicurazioni di lealtà al ‘semaforo’, in Nord Reno Vestfalia le parole dei Verdi hanno un altro sapore, facendo capire che non si disdegnerebbe un’alleanza con i cristiano-democratici del governatore Hendrik Wuest. Di fatto, vicini alla promozione a ‘partito popolare’, gli ambientalisti sembrano intenzionati a far pesare il proprio ruolo di chi ha i numeri per determinare il gioco, mentre cresce l’insofferenza dei liberali obbligati a muoversi alla loro ombra.
Certo, sebbene nei palazzi del potere a Berlino si mettano avanti le mani sostenendo che “non vi è un’alternativa ragionevole all’attuale coalizione semaforo” (parola catartica del liberale Lindner), la maggioranza dei tedeschi sembra pensarla diversamente: secondo un sondaggio dell’istituto Civey, il 65% dei tedeschi ritiene che il pessimo risultato in Nord Reno Vestfalia abbia “indebolito” il cancelliere Scholz.
E a Berlino in questi giorni si sente ripetere sempre più spesso una battuta: “Nel semaforo s’accende ormai una luce sola: quella verde”. C’è da giurare che nelle capitali del mondo – Kiev, Bruxelles, Parigi, Washington – si sia già preso nota.