AGI - La Corte di Giustizia dell'Unione europea ha accolto il ricorso della Commissione europea, dichiarando l'inadempimento (infrazione) dell'Italia per il mancato rispetto, sistematico e continuativo, del valore limite annuale fissato per il biossido d'azoto in varie zone concernente la qualità dell'aria, sia per la mancata adozione, a partire dall'11 giugno 2011, di misure atte a garantire il rispetto nelle stesse zone dei valori limite di NO2 La Corte ritiene che l'Italia abbia mancato agli obblighi che le incombevano omettendo di provvedere al contenimento dei valori limite annuali di NO2, sistematicamente e continuativamente oltrepassati a partire dal 2010 fino al 2018 incluso negli agglomerati di Torino, Milano, Bergamo, Brescia, Firenze, Roma e nel comune di Genova.
Dal 2010 al 2017 incluso, nella zona A - pianura altamente urbanizzata; a partire dal 2010 fino al 2012 e a partire dal 2014 fino al 2018 nell'agglomerato di Catania; a partire dal 2010 fino dal 2012 e a partire dal 2014 fino al 2017 incluso, nelle zone industriali.
Inoltre l'Italia per la Corte l'Italia ha omesso di adottare, a decorrere dall'11 giugno 2010, le misure atte a garantire il rispetto del valore limite annuale di NO2 nell'insieme delle anzidette zone, in particolare per non aver provveduto a che i piani relativi alla qualità dell'aria prevedessero misure atte a limitare al periodo più breve possibile il superamento della soglia limite.
La Corte ha accertato il sistematico superamento del valore limite del biossido d'azoto in tutte le zone in esame, a decorrere dall'anno 2010. Secondo la Corte, l'oggettivo superamento del valore limite annuale fissato per il biossido d'azoto (pari a 40 g/m3), fattore inquinante dell'aria nocivo per la salute umana, è di per sé sufficiente per ritenere l'inadempimento dell'Italia all'obbligo previsto dall'art. 13 della direttiva 2008/50/CE.
La persistenza nel tempo della situazione di superamento del valore limite dimostra l'inidoneità delle misure adottate dall'Italia, con violazione dell'ulteriore obbligo di limitare il superamento al periodo più breve possibile previsto dall'art. 23 della direttiva 2008/50/CE.
La Corte sottolinea che non costituiscono valide giustificazioni quelle fatte valere dall'Italia, quali le difficoltà strutturali legate ai fattori socio-economici, gli investimenti di grande portata da mettere in opera, la tendenza al ribasso dei valori di diossido di azoto, i tempi di attuazione necessariamente lunghi dei piani adottati, le tradizioni locali, la presenza di cofattori causali esterni quali la configurazione orografica di certe zone e la circolazione dei veicoli diesel.