AGI - Con una dimostrazione di solidarietà assoluta all'Ucraina la Casa Bianca ha deciso di mandare una delegazione ai massimi livelli a Kiev: domani, nel giorno tra l'altro della Pasqua ortodossa, il segretario di Stato, Antony Blinken, e il capo del Pentagono, Lloyd Austin, saranno a Kiev.
Una visita a sorpresa annunciata dallo stesso presidente Volodymr Zelensky e ancora non confermata dal Dipartimento di Stato e dal Pentagono.
Ed è solo l'ultimo tassello di una strategia, quella di Joe Biden, che lavora su più fronti per sgretolare e depotenziare il rivale russo: sostegno economico, militare, diplomatico a Kiev e poi sanzioni a Mosca per isolare il regime a livello economico, finanziario e tecnologico.
Blinken e Austin domani a Kiev
Convocata la conferenza stampa con i giornalisti stranieri nella stazione della metro di Kiev, è stato Zelensky a dare l'annuncio della visita a sorpresa a Kiev: ha detto di ritenere che non fosse un "grande segreto" che Blinken e Austin andranno nella capitale ucraina. In realta' il Pentagono ha rifiutato di confermare la visita e la Casa Bianca ha detto di non avere commenti in proposito.
Ma la visita è importante perché i due saranno gli esponenti di più alto profilo dell'amministrazione Biden ad arrivare a Kiev dall'inizio dell'invasione russa. Zelensky ha aggiunto che i due saranno a Kiev per discutere "dell'assistenza militare di cui Kiev ha bisogno". Era invece già noto che Austin questa settimana sarebbe arrivato in Europa.
Austin ospita alleati Nato (e non) nella base di Ramstein
Martedì infatti il segretario alla Difesa statunitense ha convocato gli alleati della Nato e dei Paesi partner nella base aerea statunitense di Ramstein, in Germania: sul tavolo, ha fatto sapere il Pentagono, le esigenze di difesa che l'Ucraina ha in questo momento e quelle che avrà in futuro. È l'amministrazione Biden che promuove l' incontro a cui hanno già confermato la presenza, su invito del segretario alla Difesa americano a nome dell'amministrazione Biden, venti nazioni. Ma se ne aspettano di più: secondo il portavoce del Pentagono, John Kirby, il Dipartimento della Difesa statunitense ha invitato 40 Paesi ed è in attesa di ulteriori conferme.
Alcune di queste nazioni appartengono alla Nato e altre no, ma l'incontro non si terrà sotto l'egida dell'Alleanza Atlantica perché è deciso che l'organizzazione non fornirà aiuti militari all'Ucraina anche se i suoi membri lo stanno facendo individualmente. L'ordine del giorno dell'incontro prevede, tra l'altro, uno scambio d'informazioni sulla situazione dell'offensiva russa; ma si parlera' di come modernizzare le forze armate ucraine in modo che possano affrontare qualsiasi sfida futura.
Armi e non solo, gli aiuti assicurati dagli Usa
Dall'inizio dell'invasione russa, il 24 febbraio, sono una trentina le nazioni che hanno inviato armi all'Ucraina, ma sono Usa e Gran Bretagna i Paesi che si sono esposti di più. Non a caso oggi il presidente Zelensky ha ringraziato esplicitamente tanto Washington che Londra e aggiunto che gli Stati Uniti dovrebbero influenzare gli altri Paesi europei e convincerli a inviare più armi; Zelensky vorrebbe che questo accadesse infatti più velocemente.
Solo giovedì il presidente Joe Biden ha inviato un nuovo pacchetto di 800 milioni di dollari in aiuti militari e altri 500 milioni in aiuti economici (oltre a vietare l'attracco nei porti Usa a qualsiasi nave collegata alla Russia). Il nuovo pacchetto di 800 milioni di dollari si aggiunge a quello che gli Stati Uniti hanno concesso all'Ucraina la scorsa settimana per lo stesso valore ed è pensato per soddisfare le esigenze degli ucraini nella battaglia per il Donbass.
Il dettaglio delle armi inviate è stato fornito dal Pentagono: 72 cannoni Howitzer da 155 millimetri e 144.000 pezzi di artiglieria, 72 veicoli tattici per il trasporto di questi cannoni, 121 droni Phoenix e attrezzature per la campagna. Kirby ha fatto notare che questo materiale, insieme ai 18 obici inclusi nel pacchetto della scorsa settimana, fornisce artiglieria sufficiente per cinque battaglioni.
Il Pentagono ha sottolineato che, dall'arrivo di Biden alla Casa Bianca nel gennaio 2021, gli Stati Uniti hanno dedicato all'Ucraina oltre 4 miliardi di dollari in assistenza alla sicurezza, di cui 3,4 mld dall'inizio dell'invasione russa lo scorso 24 febbraio. Biden ha sottolineato che il nuovo aiuto è "pensato" per le caratteristiche dell'attuale fase dell'offensiva russa in un'area, il Donbass, "che e' topograficamente diversa, e' pianeggiante, non ha montagne e richiede armi diverse per essere più efficace".
Parallelamente, il presidente degli Stati Uniti ha rivelato che il suo Paese stanzierà altri 500 milioni di "assistenza economica diretta al governo ucraino". "Questo pone il nostro sostegno economico totale per l'Ucraina a 1 miliardo di dollari negli ultimi due mesi", ha aggiunto Biden, precisando che gli aiuti serviranno a stabilizzare l'economia ucraina in grave difficoltà e a sostenere "le comunita' devastate dall'attacco russo".
Con questi ultimi esborsi, l'amministrazione Biden ha quasi esaurito i 13,6 miliardi di dollari che il Congresso degli Stati Uniti ha approvato il mese scorso per gli aiuti militari e umanitari a Kiev. Per questo il presidente ha gia' annunciato che intende chiedere al Congresso la prossima settimana di autorizzare altri fondi "per mantenere il flusso di armi e munizioni senza interruzioni".
L'arma delle sanzioni
Solo mercoledì è stato varato l'ultimo pacchetto di sanzioni statunitensi. Nel mirino la banca commerciale Transkapitalbank e una rete globale di oltre 40 individui ed entità. Le misure comprendono anche restrizioni ai visti per 635 cittadini russi. Colpito anche l'oligarca russo Konstantin Malofeyev e la societa' di criptovalute Bitrivier, con base in Russia. Il giorno dopo Biden ha vietato le coste e i porti statunitensi alle navi collegate alla Russia.
La misura riguarda le navi che battono bandiera di quel paese o che sono di proprietà o gestite da "interessi russi". Ma in precedenza erano state varate un'altra serie di misure: 'bersagliate' Sberbank, la maggior istituzione finanziaria russa, Alfa Bank, le due figlie adulte del presidente russo Vladimir Putin e la moglie e la figlia del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, tanto per citare alcune delle personalità e degli istituti nel mirino.
Ma non è detto che le sanzioni funzionino
Dopo la seconda Guerra Mondiale, l'Occidente ha utilizzato le sanzioni in modo sempre più frequente e nei luoghi più diversi, dal Sud Africa, all'Unione Sovietica, da Cuba al Venezuela, la Corea del Nord e l'Iran. Del resto, è abbastanza facile applicarle e rispondono bene all'esigenza di mostrare all'opinione pubblica che si "fa qualcosa" oltre all'impegno militare. Eppure storicamente le sanzioni non sono riuscite spesso a cambiare i regimi, nè tantomeno hanno fatto cambiare linea ai dittatori. Cuba, Venezuela e Corea del Nord non si sono mai piegate alle richieste americane.
E anche quando c'è stato qualche successo, questi sono stati limitati: sanzioni pesantissime hanno portato l'Iran al tavolo dei negoziati sul suo programma nucleare, ma il regime degli ayatollah non ha mai smesso di far valere il suo diritto di arricchire l'uranio. Il morso delle sanzioni è riuscito a sgretolare il sistema dell'apartheid in Sudafrica, ma non è stato determinante, solo uno dei tanti fattori.
E anche quando le nazioni arabe hanno imposto un embargo petrolifero agli Stati Uniti negli anni '70, questo ha sicuramente messo il Paese in difficolta' ma non ha certo indotto gli Stati Uniti a smettere di sostenere Israele.