AGI - La crisi sta cominciando a mordere tutta l’Africa e la guerra in Ucraina si sta facendo sentire anche sull’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Le fragilità maggiori si avertono nell’Africa subsahariana, dove le economie sono più deboli e indebitate. Le previsioni, infatti, indicano un rallentamento della crescita economica in un contesto globale caratterizzato da molteplici, e nuovi, shock, elevata volatilità e incertezza. A sostenerlo è il rapporto Africa’s Pulse, lo studio semestrale che la Banca Mondiale realizza per monitorare lo stato di salute dell’economia dell’Africa subsahariana.
Dallo studio si evince che l’attività economica dovrebbe crescere del 3,6% nel 2022, contro il 4% del 2021. Diversi fattori stanno frenando lo slancio iniziato lo scorso anno: il rallentamento dell’attività economica globale, il persistere delle difficoltà di approvvigionamento, la comparsa di nuove varianti del Covid-19, l’inflazione elevata e i crescenti rischi finanziari dovuti ai livelli di indebitamento elevati e sempre più preoccupanti.
“L’invasione dell’Ucraina – scrive la Banca Mondiale - si aggiunge ai fattori che frenano la ripresa nella regione. Sebbene il commercio diretto e i legami finanziari con la Russia e l’Ucraina siano deboli, è probabile che la guerra colpisca le economie dell’Africa subsahariana attraverso l’aumento dei prezzi delle materie prime, l’aumento dell’inflazione alimentare, dei combustibili, l’inasprimento delle condizioni finanziarie globali e la contrazione dei flussi di capitali esteri alla regione”. Gli esperti, inoltre, prevedono che vi sia anche una riduzione degli aiuti umanitari che, invece, si andrebbero a concentrare in Ucraina e in quei paesi che stanno ospitando i milioni di ucraini fuggiti dalla guerra.
Intanto, secondo le agenzie umanitarie dele Nazioni Unite negli ultimi cinque anni i prezzi dei generi alimentari in Africa occidentale sono generalmente aumentati tra il 20 e il 30%, con la siccità e i conflitti nella regione che hanno spinto milioni di persone ad abbandonare le loro case e i terreni agricoli, cosa che ha di fatto bloccato la produzione alimentare in vaste aree, in particolare nella regione del Sahel. Una situazione di crisi che, con la chiusura delle frontiere a causa della pandemia, si è aggravata negli ultimi due anni a causa dell’interruzione delle catene di approvvigionamento. La guerra in Ucraina sta mordendo su questa situazione già estremamente fragile.
Con il mese del Ramadan, appena iniziato, queste criticità stanno emergendo tutti insieme, anche perché, tradizionalmente, con il mese sacro dell’Islam sale la domanda e, di conseguenza, i prezzi. In Senegal la pressione sulle famiglie musulmane che fanno scorta di cibo e bevande per soddisfare le esigenze di comunità e famiglie allargate dal tramonto e per tutta la notte, è particolarmente forte a causa della carenza di cibo. Austou Mandiang, un ambulante senegalese sentito dalla Reuters, spiega che al “mercato c’è carenza di cibo e i prezzi sono aumentati vertiginosamente. Torniamo a casa senza sapere cosa cucinare”.
A new @WorldBank-@UNICEF report shows that the lost earnings from the COVID-19 pandemic have left adults in 1 in 4 households with children going a day or more without food.
— World Bank Africa (@WorldBankAfrica) April 17, 2022
Find out more about the impact of the pandemic on children’s welfare: https://t.co/BLl9GqkZsd pic.twitter.com/0jpvCrpVs5
La maggior parte degli alimenti di base consumati in Senegal, come il riso, vengono importati, ma le sanzioni economiche di Ecowas contro il vicino Mali, solo per fare un esempio, hanno fatto crescere il prezzo anche della carne bovina a Dakar e in Gambia perché il bestiame maliano non può più essere venduto oltre confine. L’olio da cucina è del 50% più costoso e il prezzo del riso è aumentato ci circa il 10%.
Non aumentano solo riso e olio. In quasi tutti i paesi è aumentato il prezzo del pane. Solo per fare un esempio. In Niger una baguette è passata dai 0,38 euro a 0,45, rendendola così una merce rara per molti nigerini e il rischio che buona parte della popolazione di quel paese non potrà più permettersi di comprare pane. Questo aumento è dovuto alla crescita del prezzo della farina di grano, il cui prezzo è passato da 518 euro a circa 700 euro per tonnellata nel giro di poche settimane.
The war in #Ukraine is exacerbating food price inflation and impacting some of the poorest and most vulnerable countries.
— World Bank Africa (@WorldBankAfrica) April 15, 2022
Juergen Voegele, @WorldBank VP of Sustainable Development discusses the impact and response on #ExpertAnswers. #FoodSecurity pic.twitter.com/en7U9XaRAv
L’irrigidimento dell’economia globale e una riduzione dei flussi finanziari esteri verso la regione, l’aumento dei prezzi di carburante e alimenti porterà a una maggiore inflazione nei paesi africani. Le aree più colpite saranno le zone più povere e vulnerabili dei paesi, specialmente le aree urbane. Gli analisti temono, inoltre, che il contesto di instabilità politica possa scatenare disordini e proteste di piazza.
“Mentre i paesi africani affrontano una continua incertezza, l’interruzione delle forniture e l’impennata dei prezzi dei fertilizzanti e degli alimenti, le politiche commerciali possono fare la differenza assicurando il libero flusso di cibo nella regione”, spiega Labert Zeufack, capo economista della Banca Mondiale per l’Africa.
“Con uno spazio di bilancio limitato, i responsabili politici devono considerare opzioni innovative come l’abbassamento o l’eliminazione temporanea dei dazi all’importazione sui prodotti alimentari di base per aiutare i loro cittadini”.