AGI - "Bisogna chiamare le cose con il loro nome, perchè le parole hanno un senso anche se molte sono ambigue": le stragi perpetrate dalle truppe russe sui civili ucraini non sono ascrivibili, dice lo storico Franco Cardini all'AGI, alla categoria del "genocidio", come ha affermato il presidente americano Joe Biden. E ha ragione Emmanuel Macron, il presidente francese, a rifiutare l'uso di questo termine anche se la sua riluttanza ha ferito il capo di stato ucraino, Volodymyr Zelensky. "Biden non sa quel che dice, questo non è un linguaggio da politico laddove circostanze così serie lo imporrebbero", dice Cardini.
"Sarà superfluo ma ricordo che la costruzione dello Stato d'Israele si è basata sul principio che il genocidio per eccellenza è stato quello del popolo ebraico. E avevano ragione, anche se di genocidi nella storia se ne sono registrati pure altri. Il genocidio, ricordiamolo, non è la strage, non sono i massacri, ma è il tentativo sistematico e volontario di distruzione di un popolo da parte di qualcuno. Nemmeno coincide con la pulizia etnica, che significa abolire una realtà etnica da una certa regione per trapiantarla altrove, com'è successo nell'ex Jugoslavia", aggiunge Cardini.
Piuttosto, prosegue lo studioso, "un genocidio fu quello attuato dagli statunitensi nei confronti dei nativi americani, con metodi diretti e indiretti. Perchè anche mettere un'etnia in condizioni di non sopravvivere è parte del genocidio, anche far lavorare 16 ore al giorno certi poveri cristi con cento grammi di pane o una zuppa d'acqua è genocidio. Gli spagnoli, che pure hanno commesso atrocità in Messico o in Sudamerica, non hanno attuato un genocidio, anche se alle loro crudeltà si sono aggiunte stragi involontarie come i virus dell'influenza contagiati ai nativi, causandone lo sterminio. Nell'America del Nord vi fu invece la volontà di liberare territori per metterci i bianchi, e questa volontà proseguì nelle riserve indiane con la distribuzione di vestiario infetto e whisky".
Secondo Cardini, "questo fu genocidio. Quello degli ebrei fu genocidio. Non quel che stanno facendo i russi adesso". "Ma capisco", ammette, "che emotivamente emerga questa parola, che chi ne obietta l'uso passi quasi per uno che vuol minimizzare i crimini di Putin. Ma non si può usare un termine improprio".
Lo storico fiorentino obietta anche alla delusione di Zelensky verso la posizione di Macron: "Mi sento profondamente offeso da lui quando afferma che gli occidentali sono vigliacchi, mentre l'Occidente fa di tutto per aiutarlo. Anzi a mio avviso gli Stati Uniti stanno facendo il possibile perchè la guerra si prolunghi fino all'ultimo ucraino, perchè questo vuol dire l'ulteriore fornitura di armi. Se c'è chi rischia di perpetrare un indiretto genocidio nei confronti degli ucraini è proprio l'Occidente, perchè è molto improbabile che il conflitto si concluda con la vittoria di Kiev. Temo che se le cose andranno avanti, ci sarà una pesante distruzione dell'etnia ucraina. Ma comunque, ripeto, non sarà un genocidio e Zelensky non ha motivo di prendersela con Macron. Ho l'impressione che a Kiev la classe dirigente si sia un pò abituata a chiedere troppo al mondo occidentale".
Però le stragi di civili accadute, e quelle che verranno, sono inaccettabili al di là delle definizioni lessicali: "Ho l'impressione che Mosca stia operando un tentativo di contenere quelle uccisioni il piu' possibile, non perchè Putin sia una buona persona, ma perchè piu' civili muoiono in questa guerra peggio si ritrova lui rispetto all'opinione pubblica".
Intravede una fine del conflitto a breve? "Se si arriva in tempi brevi alla pace in Ucraina, col suo ingresso nella Ue ma non nella Nato, e poi entra nella Nato la Finlandia, allora temo che la situazione peggiorerà pure, perchè la Russia come ha già chiaramente e ripetutamente detto non potrebbe mai accettarlo. Dal 1962, quando accadde a parti invertite, dovrebbe essere chiaro che ci sono limiti oggettivi alla libertà di scelta dei popoli", conclude Cardini.