AGI - “A Vladimir Putin ho chiesto di dichiarare un cessate il fuoco immediato. E gli ho proposto di venire a Budapest per colloqui con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, insieme al presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. La sua risposta è stata positiva, ma a certe condizioni”.
Parola di Viktor Orban. La scena si svolge ad una lunga conferenza stampa convocata dal premier magiaro, e la proposta al capo del Cremlino – benché non sia stato specificato di quali “condizioni” si tratti – appare emblematica di uno smarcamento da equilibrista dell’Ungheria rispetto all’Unione europea, che non arriva a caso a soli tre giorni da una vittoria elettorale che è andata ben oltre le aspettative.
E infatti Orban coglie l’occasione per mettere a fuoco la sua “terza via” a metà strada tra Bruxelles e Mosca: innanzitutto, il premier chiarisce che “non cederà” alle pressioni per estendere le sanzioni europee alle importazioni di petrolio e gas russi, sottolineando che una simile estensione rappresenta per Budapest “una linea rossa” da non oltrepassare.
Dopodiché Orban teorizza che non è opportuno attenersi ad una linea politica “prestabilita” nei confronti della Russia: “Dobbiamo essere prudenti, avere l’opportunità di adattarci, finora nessuno sa davvero come si svilupperà il conflitto e quali ne saranno i risultati”, a cominciare da quelle che potranno essere le ripercussioni sui rapporti tra Ue e Mosca.
“Non so quanto saranno profondi questi cambiamenti, qualcuno parla di una nuova cortina di ferro, qualcuno ipotizza che ci saranno nuovi danni alla sicurezza dell’Europa”, insiste il leader dell’Ungheria, “ma qualcosa sta accadendo: quando capiremo come si sta evolvendo la situazione, elaboreremo una nuova politica nei confronti della Russia”.
In pratica, “non sappiamo ancora se l’Europa si ritroverà contro la Russia, o se la Russia entrerà a far parte della sua architettura di sicurezza”. Per quanto riguarda l’Ucraina, così Orban, “non è ancora possibile prevedere se il suo territorio diventerà una zona cuscinetto, una zona smilitarizzata”.
E a chi gli chiede dell’inizio della procedura della Commissione Ue che lega l’erogazione dei fondi europei al rispetto dello stato di diritto in Ungheria, Orban la definisce “sleale, motivata politicamente, avviata su iniziativa della sinistra europea per aiutare quella ungherese”.
Insomma, accusato giorni fa da Zelensky di essere “il più fedele alleato di Putin nell’Ue”, il premier ungherese sembra impegnato in un equilibrismo notevole per mantenere un solido legame con il Cremlino e al tempo stesso rimanere ancorato nell’Unione europea: per cui fa sapere a Mosca di essere disposto a pagare le forniture di gas in rubli (“se i russi vogliono rubli, paghiamo in rubli”), ma al tempo stesso ricorda di essere un alleato Nato “e che condanniamo l’aggressione” all’Ucraina.
Affermazione in qualche modo confermata dal segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, che in un tweet informa di aver avuto anche lui un colloquio con Orban assicurando che “gli alleati Nato sono uniti nella condanna della brutale guerra della Russia contro una nazione sovrana indipendente”. Ungheria compresa.
Da Budapest a Mosca: per la verità, la versione del Cremlino del colloquio tra Putin ed il premier magiaro non fa cenno alla proposta di una tregua e di un incontro dei leader nella capitale ungherese, ci si limita a dire che si è parlato dello stato dei negoziati tra le delegazioni di Russia e Ucraina aggiungendo però la valutazione del presidente russo delle accuse a Mosca sugli orrori di Mosca: nient’altro che “provocazioni rozze e ciniche” di Kiev, ribadisce Putin.
Il quale, nel frattempo, ha però incassato l’appoggio del presidente serbo Aleksandar Vucic – pure lui appena rieletto - per una “ampliata collaborazione economica” tra Russia e Serbia, a cominciare dal settore energetico. A proposito di equilibrismi: la Serbia è candidato a diventare membro dell’Unione europea.