AGI - Il Sudan sta camminando sull’orlo del baratro. Il colpo di stato dello scorso anno, il 25 ottobre 2021, che ha riportato i militari al governo del paese, e la guerra in Ucraina sono una miscela esplosiva per un paese che, dopo le manifestazioni che hanno cacciato il vecchio dittatore Omar al-Baschir nel 2019 – trent’anni di governo indiscusso - sembrava aver visto un poco di luce nella sua travagliata storia.
La comunità internazionale aveva accolto con favore quella “rivoluzione”, a cui guardava tutta l’Africa, arrivando a condonare parte del debito, a riprendere i finanziamenti per risollevare l’economia. Invece, nell’ottobre del 2021, il sogno è svanito e ora il Sudan deve fare i conti con una crisi profonda, che si sta aggravando ulteriormente. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, avrà conseguenze drammatiche sulla sicurezza alimentare del Sudan.
Secondo il capo delle operazioni di Save the Children, David Wright, entro la fine del 2022 venti milioni di persone saranno insicure dal punto di vista alimentare su 45 milioni di sudanesi, quasi la metà della popolazione. E le ragioni sono presto dette: l’87% del grano arriva da Russia e Ucraina. Tutto ciò in un contesto dove, secondo l’Onu, già un sudanese su tre ha bisogno di aiuti umanitari in un paese dove l’inflazione si avvicina al 260%, la moneta è in caduta libera e il prezzo del pane è decuplicato dal colpo di stato militare che ha privato il paese di ogni sostegno internazionale. In un colpo solo lo Stato ha perso il 40% delle sue entrate: la Banca Mondiale ha sospeso due miliardi di dollari di aiuti e gli Stati Uniti 700 milioni.
Ma le cose vanno ancora peggio: Washington nel 2021 aveva inviato 300 mila tonnellate di grano, ma non consegnerà le 400 mila tonnellate promesse nel 2022. Tutto ciò, inoltre, avrà conseguenze estremamente gravi anche sulla fascia minorile della popolazione, la più indifesa. Le famiglie, infatti, potrebbero adottare strategie, per far fronte alla crisi, che andranno a penalizzare proprio queste fasce deboli della società.
E’ prevedibile che cresceranno l’abbandono scolastico, il lavoro minorile e i matrimoni precoci. Il Sudan è uno peggiori stati del mondo arabo per quanto riguarda la scolarizzazione: nella scuola primaria i tassi di iscrizione sono del 76%, ma solo del 28% in quella secondaria. Ma non solo. A soffrire di più saranno i 3,3 milioni di sfollati nel paese, principalmente nel Darfur devastato da decenni di conflitti, oltre al milione di profughi provenienti dal Sud Sudan, Etiopia ed Eritrea.
I colonelli sembrano, però, non curarsi nemmeno dell’inesorabile abbandono della comunità internazionale. Allo stato, tuttavia, sembra improbabile che i golpisti alla testa del paese lascino il potere per far ritorno nelle caserme. I militari – che gestiscono il paese sin dall’indipendenza nel 1966 - hanno il controllo dell’industria locale degli armamenti, il Sudan è il terzo produttore africano di armi dopo il Sudafrica e l’Egitto. L’influenza dei militari tocca molti altri settori vitali per l’economia del paese ed è questo uno dei motivi che ha portato al colpo di Stato e, oggi, renderà difficile un ritorno nelle caserme dei militari e un cambio di potere.
I colonelli si fanno forza, inoltre, del loro legame con la Russia. Non è un caso che i vertici di Khartoum, proprio in piena guerra con l’Ucraina, siano volati a Mosca per chiedere, probabilmente, rassicurazioni: nonostante la guerra siete al nostro fianco? E’ noto che i mercenari della Wagner sono presenti nel paese, ma Putin, che li sta richiamando da più scenari, continuerà con il sostegno a Khartoum? E’ tutto da scoprire. Non è chiaro, infatti, quali rassicurazioni abbia avuto Khartoum da Mosca, di sicuro il Sudan, nonostante la catastrofe che si profila, riceverà meno aiuti umanitari perché verranno reindirizzati in Europa dove l’Onu stima che 12 milioni di persone in Ucraina avranno bisogno di protezione, così come gli oltre 4 milioni che hanno già lasciato il paese.
La situazione dei sudanesi peggiorerà, da un lato, e dall’altro ci saranno meno risorse per aiutarli. Non è un caso che solo qualche settimana fa il segretario generale dell’Onu, Antonio Guteres, avvertiva del rischio di un “uragano di fame” in molti paesi, citando in particolare il Sudan. Per Khartoum il colpo di stato e il suo legame con Mosca è stato un bel affare.