AGI - Alla fine il Marocco ha dovuto cedere e chiedere un prestito alla Banca Mondiale per far fronte alla crisi idrica in cui versa il paese. Un prestito – 163 milioni di euro – che arriva nel momento giusto. Il Paese, infatti, è stato colpito dalla peggiore siccità degli ultimi 40 anni, ha subito un grave deficit di precipitazioni da settembre 2021 e un allarmante calo delle riserve nelle dighe rispetto alla normalità. Si calcola un meno 89% rispetto alla media annuale.
I 163 milioni di euro stanziati dalla Banca Mondiale sosterranno progetti agricoli resilienti e sostenibili di fronte ai cambiamenti climatici e alla scarsità delle risorse idriche. Concretamente, si tratta di migliorare la qualità dei servizi di irrigazione e facilitare l'accesso degli agricoltori alla consulenza tecnica per questo settore.
Rabat sta diventando sempre più consapevole del cambiamento climatico. Secondo il ministero dell'Agricoltura, la siccità dovrebbe intensificarsi in Marocco fino al 2050 per effetto di una diminuzione della frequenza delle piogge (-11%) e di un aumento delle temperature (+1,3 gradi). Tuttavia, il settore agroalimentare contribuisce per il 21% al Pil nazionale. Quasi il 39% dell'occupazione dipende da questo settore.
Se in passato la siccità – ricorrente in Marocco – ha colpito soprattutto le regioni rurali e il settore agricolo, attualmente pesa, anche, sulla fornitura di acqua potabile nelle aeree urbane. Due grandi città, Marrakech (sud), capitale turistica, e Ouja (est), hanno evitato il peggio ricorrendo, dalla fine di dicembre, alle acque sotterranee per garantire il loro approvvigionamento.
Per contenere gli effetti devastanti della siccità, il governo ha pubblicato a metà febbraio un programma di aiuti per il settore agricolo, principale voce del Pil davanti a turismo e industria, e principale fonte di occupazione nelle zone rurali – quasi un miliardo di euro. Un programma che, tuttavia, non è sufficiente per far fronte alle carenze idriche, da qui anche la richiesta del prestito alla Banca Mondiale.
Con 600 metri cubi di acqua per abitante all’anno, il Marocco è ben al di sotto della soglia di carenza idrica. Solo per fare un confronto: la disponibilità di acqua era quattro volte superiore – 2600 metri cubi – negli anni Sessanta del secolo scorso. Al di là dei fattori ambientali, l’elevata domanda di acqua e l’eccessivo sfruttamento delle acque sotterranee contribuiscono a mettere sotto pressione le risorse idriche.
In un articolo per l’Istituto marocchino per l’analisi delle politiche (Mipa), la ricercatrice Amal Ennabih, stima che la scarsità d’acqua sia “profondamente legata al modo in cui questa risorsa viene utilizzata per l’irrigazione, consumando circa l’80% di acqua del Marocco ogni anno”. Una situazione ancora più allarmante, dal momento che solo il 10% dei terreni agricoli è irrigato.
Il regno, inoltre, si affida principalmente alla desalinizzazione dell’acqua di mare per rimediare al deficit idrico, processo estremamente inquinante a causa della salamoia prodotta. Ma anche l’implementazione di questo programma sta subendo ritardi. L’impianto di desalinizzazione di Casablanca è ancora in costruzione e la megalopoli economica del Marocco rischia un deficit idrico a partire dal 2025.
Un altro esempio: il ritardo nella consegna dell’impianto nella località balneare di Saidia (nord-est) ha causato una carenza idrica nelle città circostanti. Non solo si registrano ritardi nella realizzazione di impianti di desalinizzazione, ma anche nella costruzione di 15 dighe. Una nota positiva.
La minaccia di un deficit di acqua potabile – fino al 70% rispetto al suo fabbisogno – incombeva anche sulla città di Agadir, la capitale della regione agricola più importante del Marocco, un rischio evitato grazie alla nuova stazione di desalinizzazione. Le misure draconiane imposte ad Agadir nell’autunno del 2020 – l’acqua nei rubinetti è stata interrotta durante la notte – ormai sono solo un brutto ricordo.