AGI - Appena qualche settimana fa il tormentone dei giornali tedeschi era la battuta “dov’è finito Olaf?”: insediatosi a dicembre, il successore di Angela Merkel pareva esser diventato quasi invisibile, apparentemente incerto su come muoversi nella lotta alla pandemia (vedi alla voce obbligo vaccinale, sempre inseguito e poi rimasto alla carta) e balbettante sulle prime avvisaglie della crisi ucraina.
Non aiutavano i silenzi sul futuro di Nord Stream 2 oppure, via via che le truppe russe si stavano ammassando ai confini, vicende come quella dell’invio di soli 5000 elmetti a fronte delle continue richieste di forniture d’armi da parte del governo di Kiev. I sondaggi quasi subito avevano iniziato a registrare il crescente gelo degli elettori tedeschi, con la Spd che in men che non si dica si è vista sorpassare dall’unione Cdu/Cdu e la popolarità personale del cancelliere in rapida erosione.
Con l’invasione dell’armata russa in Ucraina è cambiato tutto. “La trasformazione”, la chiama il quotidiano conservatore Die Welt, certo non famoso per le sue simpatie verso il leader socialdemocratico.
Un cambio di passo percepito anche dal posizionamento in prima linea nella task force internazionale messa in campo ad affrontare la guerra: per stare agli ultimissimi appuntamenti, oggi la call con Xi Jinping ed Emmanuel Macron, ieri il colloquio a tre con il presidente americano Joe Biden, lo stesso capo dell’Eliseo ed il britannico Boris Johnson.
E’ con il precipitare del conflitto che Olaf Scholz “è diventato un uomo di Stato”, scrive uno dei più famosi giornalisti “di palazzo” in Germania, Robin Alexander: seguito da un frenetico attivismo diplomatico che lo ha visto zigzagare da Washington a Kiev, passando per Mosca, il cancelliere aveva già annunciato il ‘congelamento’ Nord Stream 2, la mega-pipeline miliardaria già completata ma ancora non in funzione volta a raddoppiare il flusso di gas russo verso la Germania, per poi dare non solo dare il via libera all’invio di armi verso l’Ucraina (sia pur attraverso l’Olanda e l’Estonia), ma anche annunciare investimenti miliardari a favore della Bundeswehr.
Una svolta a 180 gradi nella politica di difesa tedesca, finora caratterizzata dalla logica dell’“egemonia riluttante” così fortemente segnata dalla responsabilità storica della Germania nel Novecento. A dimostrazione di quanto la guerra in Ucraina stia lasciando un profondo segno nell’opinione pubblica tedesca, la reazione dei sondaggi non si è fatta attendere: passo dopo passo i socialdemocratici di Scholz stanno riconquistando le loro posizioni.
Nell’ultimissimo rilevamento dell’istituto Insa per la Bild, all’Spd è riuscito il controsorpasso nei confronti della Cdu/Csu di Friedrich Merz (25% contro il 24,5% dei consensi), mentre risultano stabili i risultati degli altri due partiti del governo ‘semaforo’, ossia i Verdi e i liberali dell’Fdp.
Soprattutto, il radar dei sondaggi registra un ritorno di fiamma dei tedeschi per il loro cancelliere. Il tasso d’approvazione per Scholz è cresciuto nel giro di pochi giorni di ben cinque punti, sempre stando all’istituto Insa, secondo cui il 46% degli interpellati si dice “soddisfatto” dell’operato del cancelliere. A detta di un altro sondaggio, quello realizzato da Civey per la Welt, è addirittura il 59% dei tedeschi ad approvare l’azione di Scholz dall’inizio dell’attacco russo.
D’altronde, non è certo per il suo carisma che l’ex ministro alle Finanze è asceso alla cancelleria: più che altro è stato abile nello sfruttare gli errori dei suoi avversari nella corsa elettorale, dall’allora capo della Cdu Armin Laschet beccato a farsi grasse risate nei luoghi delle devastanti alluvioni dell’anno scorso ai passi falsi della leader dei Verdi Annalena Baerbock, oggi celebrata ministra degli Esteri, così come gli è riuscito il colpaccio di mettersi in scena come il vero erede di Frau Merkel, per quanto appartenga al partito concorrente. E tuttavia l’apprezzamento per quella che è stata una brillante campagna elettorale si è presto vaporizzato.
Piuttosto, la “trasformazione” è arrivata con la dichiarazione di governo di due settimane fa, quella della “svolta epocale” scandita davanti al Bundestag. Con l’annuncio di 100 miliardi di euro da investire nella difesa, il cancelliere – così sostiene la Welt – ha travolto finanche i suoi alleati, i Verdi e i liberali. “In un modo o nell’altro, ora Scholz è il cancelliere che fornisce armi all’Ucraina che resiste e che vuole opportunamente equipaggiare i soldati tedeschi. Ora lo conosce tutto il mondo”, scrive ancora la Welt.
Dicono a Berlino che in realtà il piano di resilienza del cancelliere era stato preparato nei dettagli da molto tempo, così come non sarebbe stato frutto d’improvvisazione neanche il congelamento delle riserve della Banca centrale russa, discusso con i collaboratori della presidente della Commissione Ue e con quelli dell’Eliseo. Gli stessi funzionari, aggiungono i media tedeschi, con i quali lo stesso Scholz – all’epoca ministro delle Finanze – aveva messo in piedi l’architettura del Recovery fund con cui sostenere e rilanciare l’Europa duramente segnata dal coronavirus. Anche quella fu una svolta, rispetto agli anni dei “compiti a casa” e delle varie austerità di una Merkel prima maniera, un modo del tutto diverso di interpretare la coesione europea.
Poi c’è il tema del confronto diretto con Vladimir Putin da parte del capo di governo di un Paese nel quale una cera “sensibilità” verso la Russia ha una lunga e complessa tradizione.
Al pubblico tedesco, per esempio, ha fatto un'impressione positiva la performance del loro cancelliere al Cremlino - dopo la ben nota riunione di quattro ore al tavolo ‘monstre’ del presidente russo - quando Scholz ha ribadito nel suo solito modo imperturbabile che “l’inviolabilità dei confini in Europa e la sovranità degli Stati, anche dell’Ucraina per noi non sono negoziabili”.
D’altronde, per avere consigli su come comportarsi con Putin, Scholz si era rivolto in almeno due occasioni ad Angela Merkel. L’ultima di queste, fu la Bild a rivelarlo, una lunga telefonata in vista della sua missione a Mosca.
Ma la prima volta che i due hanno parlato a lungo di Putin, così dice la Welt, è stato a fine ottobre, quando ancora non si era insediato alla cancelleria, per la precisione all’Hotel de Russie di Roma, quando l’“ex ragazza dell’est” l’aveva presentato con tutti gli onori come suo successore al G20, presidente Biden compreso. Già allora, quattro mesi prima dell’invasione, la principale preoccupazione era il signore del Cremlino.