AGI - L'invasione dell'Ucraina ha lasciato sgomenti anche numerosi analisti e commentatori russi che, come molti in Occidente, avevano sempre ritenuto la guerra l'ipotesi meno probabile, perché avrebbe portato più svantaggi che vantaggi a Vladimir Putin. L'invasione ordinata nella notte, su cui si era lanciato l'allarme da mesi, dice molto sulle ambizioni e priorità geostrategiche della Russia, ma appare anche come un indice dei suoi profondi problemi interni.
Ne ha parlato dal carcere, in un appello al mondo, l'oppositore numero uno di Putin, Aleksey Navalny, secondo il quale la guerra "e' stata scatenata per distogliere l'attenzione dei russi dai problemi che esistono all'interno del Paese, dal degrado dell'economia". La pensano così anche diversi esperti indipendenti.
In un'intervista all'AGI, il sociologo russo dell'Università Charles di Praga, Denis Bilunov, condivide l'idea che l'azzardo di Putin sia anche la cartina di tornasole di un forte malessere del Paese e il tentativo del leader del Cremlino di puntellare il suo consenso, che continua ad oscillare.
"Il punto di svolta", secondo Bilunov, "è l'impopolare riforma delle pensioni del 2018", con cui estende di cinque anni l'età pensionabile. Allora, il rating di Putin per la prima volta passa dall'87% del 2014 - guadagnato sulla scia del 'ritorno' della Crimea alla Russia - al 63%.
"In quel momento", spiega il sociologo, "Putin perde sostegno dello zoccolo duro del suo elettorato, perché la riforma ha colpito proprio le classi piu' povere, meno istruite, gli anziani che vivono non a Mosca e nelle grandi citta', ma nelle province, dove la gente fa affidamento per vivere solo sulla pensione e sul suo orticello".
Il Covid, poi, a differenza di quanto successo con altri leader mondiali, non ha rafforzato Putin: "Si è estraniato dai problemi concreti della nazione, chiuso nel suo famoso bunker ed è come se si fosse nascosto", delegando ai governatori locali la gestione della pandemia, ricorda Bilunov.
Quello del 2018-2019 è il secondo grande calo della popolarità di Putin in 10 anni e ha colpito le categorie più tradizionaliste della società. Il primo invece fu nel 2011-2013, dopo le proteste di Piazza Balotnaya a Mosca, la rivoluzione della classe media e dei giovani delle grandi città che cercavano rappresentanza politica e che fu repressa con la forza.
Parallelamente, continua il sociologo, "cresce l'inflazione, i salari rimangono al chiodo, il potere di acquisto della famiglie diminuisce mentre aumenta il numero di oligarchi e milionari".
L'autorevole economista Serghei Guriev, emigrato in Francia dove insegna all'Istituto di studi politici di Parigi, è convinto anche lui che la crisi ucraina sia stata creata "per distogliere l'attenzione dai problemi interni alla Russia: la lotta alla pandemia e' fallita, i redditi della popolazione non crescono, ci sono mille prigionieri politici".
Guriev è sicuro che con l'introduzione delle sanzioni anti-russe "non accadrà alcuna catastrofe macroeconomica, ma le persone dovranno dire addio alla crescita del proprio reddito".
Ormai i sondaggi del centro Levada, l'istituto demoscopico indipendente più autorevole, dicono che "i russi vedono Putin non più come il paladino della lotta agli oligarchi degli Anni '90 - come all'inizio della sua carriera politica - ma come il presidente dei ricchi".
Non significa poi che non lo votino, anche perché non c'è una vera alternativa al suo progetto politico in Russia, ma e' un dato che preoccupa per la tenuta del potere in quanto "le rivoluzioni non solo in Russia avvengono sempre in modo imprevisto".
Secondo Bilunov, il reale consenso di Putin si aggira non oltre il 25% e sullo sfondo di questo calo, il leader russo ha deciso di passare dal modello di democrazia di facciata a quello di autocrazia in stile Lukashenko. "Non sappiamo di preciso cosa lo abbia portato a compiere questo salto, ma penso che la guerra sia destinata a rimanere un tentativo senza successo di far rafforzare i suoi consensi".