AGI - Messaggi terrorizzati sul cellulare, suppliche perché il presidente fermi i rivoltosi ma anche inviti a restare alla Casa Bianca, nonostante il verdetto elettorale.
Il Washington Post ha pubblicato una serie di messaggi desecretati legati a uno dei momenti più drammatici della vita democratica degli Stati Uniti: l’assalto al Congresso, il 6 gennaio 2021, da parte dei sostenitori di Donald Trump.
I frenetici scambi di messaggi che arrivarono sul cellulare di Mark Meadows, capo dello staff del presidente, coprono un periodo di due mesi, che comincia da dopo le elezioni presidenziali del 3 novembre 2020 e arriva al giorno dopo l’assalto a Capitol Hill.
Scrivono tutti: giornalisti, conduttori tv, membri del Congresso, parenti del presidente. In un messaggio del 31 dicembre 2020 Sean Hannity, uno dei volti più famosi della rete tv conservatrice Fox News, invia un messaggio sul cellulare di Meadows: “Non possiamo perdere l’intero staff della Casa Bianca - avverte - Non vedo come il 6 gennaio possa succedere quello che gli è stato detto. (Trump, ndr) dovrebbe annunciare che guiderà uno sforzo, a livello nazionale, per riportare l’integrità del voto”.
Il giorno prima dell’assalto al Congresso, sempre Hannity scrive a Meadows: “Sono molto preoccupato riguardo le prossime 48 ore. La pressione di Pence. Il consiglio della Casa Bianca che se ne andrà”.
Il riferimento è alla certificazione del Congresso dell’avvenuta elezione di Joe Biden, e le voci su dimissioni nello staff della Casa Bianca.
Mike Pence aveva già informato Trump che non avrebbe ostacolato la proclamazione del nuovo presidente. Il tono dei messaggi di Hannity appare in contrasto con le sue dichiarazioni fatte in diretta davanti a milioni di telespettatori, in cui rilanciava le accuse di brogli elettorali.
Poi arriva il 6 gennaio, quello del momento chiave: il comizio infuocato di Trump nell’area della Casa Bianca, l’accesso nella zona riservata di migliaia di sostenitori, poi la marcia verso il Congresso, l’assalto agli edifici di Capitol Hill, l’irruzione e la caccia ai “traditori”, tra cui lo stesso Pence.
Fuori viene issato un patibolo. Le immagini drammatiche rilanciate da tutti i media turbano anche lo stesso Hannity che in un altro messaggio a Meadows chiede di intervenire e di farlo in fretta: “Può rilasciare una dichiarazione? - lo implora, riferendosi a Trump - Dica alla gente di lasciare Capitol in modo pacifico”.
Secondo i documenti desecretati e consegnati alla commissione d’inchiesta della Camera, sono migliaia i messaggi di questo tenore arrivati sui cellulari di politici e membri della Casa Bianca. Alcuni, dal tono terrorizzato, arrivano dai rappresentanti repubblicani del Congresso.
Il destinatario è sempre Meadows: “È davvero brutta qui a Hill (Capitol Hill, ndr)”, scrive una persona identificata come ‘Gop member 1’, cioè membro del Grand Old Party, il Partito Repubblicano.
“Mark - è la supplica di un altro - deve fermare tutto questo ora”. “Gli dica di andare a casa”, è il messaggio drammatico, scritto a caratteri maiuscoli da un terzo repubblicano.
Secondo la commissione d’inchiesta, il tenore dei messaggi conferma la responsabilità di Trump che, nonostante le suppliche, alcune delle quali arrivate anche dalla figlia, Ivanka, non fece niente nell'immediato per fermare gli incidenti.
Il primo messaggio che l’allora presidente lanciò fu, sui social, per attaccare il vice presidente Pence, accusato di non aver fatto niente per fermare la certificazione della vittoria di Biden. Quello che, però, avviene il 6 gennaio appare come il risultato finale di giorni di tensione, in cui nell’aria c’era la sensazione che qualcosa di grosso sarebbe successo.
Il 4 gennaio Meadows aveva ricevuto un messaggio da James O’Keefe, fondatore di Project Veritas, organizzazione di destra che prende di mira i media progressisti, in cui venivano segnalate frodi elettorali ad Atlanta, in Georgia. L’ex governatore del Texas, Rick Perry, indicava già il 4 novembre 2020, all’indomani delle elezioni, una via per ribaltare il risultato.
“Ecco una strategia aggressiva - si legge nel suo messaggio, pubblicato dal Washington Post - perché gli Stati della Georgia, North Carolina e Pennsylvania e altri, controllati dai repubblicani, non dichiarano il risultato una str… e mandano i loro elettori a votare e poi si rivolgono alla Corte Suprema”. Ma non ci sarà seguito.
Il 7 gennaio, il giorno dopo la rivolta, Hannity scrive alla portavoce della Casa Bianca, Kayleigh McEnany, presentando un piano in cinque punti che prevede: “1 - Basta parlare di elezioni rubate. 2 - Sì, impeachment e 25esimo emendamento sono reali, e molte persone se ne andranno”.
“Mi piace, grazie. Il piano è quello. Aiuterò a rinforzarlo”. “Key ora. Basta matti”, conclude Hannity.
Dalla lettura dei messaggi emerege qualcosa di più inquietante: la consapevolezza diffusa, tra i repubblicani, che il 6 gennaio qualcosa accadrà.
Il membro della House Freedom Caucus, organizzazione che riunisce i rappresentanti repubblicani delle Camere di ogni Stato, scrive a Meadows quello che appare un avvertimento: “Se il presidente degli Stati Uniti permette che accada… daremo un colpo al cuore alla repubblica federale”.
Il colpo arriva. Alle 13.30 del 6 gennaio centinaia di trumpiani rompono la barriera di protezione della polizia e entrano dentro gli edifici del Congresso. Tra le persone asserragliate nelle stanze di Capitol ci sono anche i giornalisti, terrorizzati. Il reporter di Punchbowl News, Jake Sherman, invia a Meadows un messaggio: “Fate qualcosa. Siamo sotto assedio. C’è uno scontro alla porta della Camera. Siamo senza aiuto”.
Sul cellulare del capo dello staff di Trump arrivano altri messaggi dai repubblicani. “Il presidente deve fermare questo prima possibile” scrive uno. “Finitela ora”, implora un altro. “Il Presidente deve uscire e dire ai manifestanti di sciogliersi. Qualcuno può finire ucciso”, è il messaggio arrivato da un utente indicato come “persona fuori dalla Casa Bianca”.
Alle 14.38 Trump usa Twitter per dare il suo sostegno alla polizia di Capitol e invitare le persone a “essere pacifiche”. Ma le immagini che vengono trasmesse dai network mostrano scene di violenza incontrollata. Un altro conduttore di Fox, Brian Kilmeade, invia una supplica a Meadows: “Per favore, mandalo in tv. State distruggendo tutto ciò che avete raggiunto”.
Un’altra celebre conduttrice, Laura Ingraham, mentre in tv rilanciava le accuse di frodi elettorali, privatamente scrive a Meadows: “Mark, il presidente ha bisogno di dire alla gente di Capitol di tornare a casa. Sta danneggiando tutti noi. Sta distruggendo il suo lascito”.
C’è anche il messaggio del figlio del presidente, Donald Trump Jr. “Deve condannare questa m… prima possibile. Il tweet sulla polizia di Capitol non è abbastanza”. “Ci sto provando con forza - risponde il capo dello staff - concordo”. “Abbiamo bisogno di un messaggio dello Studio Ovale - lo incalza Trump Jr. - deve farlo ora. E’ andato tutto troppo oltre ed è sfuggito di mano”.
Solo alle 16.17 Trump posta un video in cui si rivolge ai sostenitori e dice: “Andate a casa e andate a casa in pace”. I messaggi del giorno dopo indicano la strategia per uscire da questa situazione. È ancora il conduttore di Fox, Hannity, a indicare la linea in un messaggio inviato a Meadows e al rappresentante repubblicano della Camera, e fedelissimo di Trump, Jim Jordan: “Ragazzi, dobbiamo ripulire tutto entro nove giorni. Non può (Trump, ndr) continuare a parlare di elezioni. Mai più. Non è stata una bella telefonata quella che ho avuto con lui. E ancora peggio, non mi piace non sapere se ha davvero compreso. Idee?”.
La conduttrice Ingraham invita ad abbassare i toni. “Tutti hanno bisogno di calma - scrive a Meadows - e di pregare per il nostro Paese e per quelli che hanno perso le loro vite la scorsa settimana”. Da quel momento Fox torna alla programmazione soft di sempre.