AGI - Gli accordi di Minsk sono l'oggetto di due diverse interpretazioni che ne hanno determinato, di fatto, la mancata applicazione. Il cosiddetto formato Normandia (Russia, Ucraina, Francia e Germania), aveva mediato, assieme all'Osce, l'intesa tra Kiev, Mosca e le autoproclamate repubbliche filorusse del Donbass, Donetsk e Lugansk al culmine dello scontro militare iniziato 8 anni fa.
Nel 2014, sullo sfondo dell'offensiva in Donbass seguita all'annessione della Crimea da parte della Russia, si opta per la soluzione diplomatica e nella capitale della Bielorussia, i rappresentanti di Russia, Ucraina, Donetsk e Lugansk, assieme a quello dell'Osce, firmano il 'protocollo Minsk-1': l'impegno è al cessate-il-fuoco, al ritiro delle truppe dalla linea di contatto e a uno scambio di prigionieri.
Kiev acconsente a decentrare il potere con una legge ad hoc per uno statuto speciale delle regioni ribelli. Nel febbraio 2015, quando l'Ucraina sperimenta pesanti perdite contro le forze separatiste - sostenute politicamente e militarmente da Mosca, che, però, nega una sua presenza sul campo - si arriva alla sigla di 'Minsk-2'; il documento riguarda il ripristino del controllo delle frontiere orientali da parte di Kiev e l'organizzazione di elezioni in Donbass, seguite dalla reintegrazione delle repubbliche separatiste nell'Ucraina con uno status di autonomia speciale.
Gli accordi di Minsk hanno sempre e solo ottenuto una riduzione dell'intensità dei combattimenti, mentre le disposizioni politiche, mai attuate sono considerate da Kiev troppo favorevoli alla Russia. A distanza di otto anni, Mosca e Kiev perseguono due interpretazioni opposte del documento e la divergenza riguarda soprattutto la sequenza con cui applicare gli impegni, non specificata con chiarezza nei documenti: per il Cremlino vanno prima attuate le disposizioni politiche e poi quelle militari, per l'Ucraina il contrario.
Kiev vuole che la Russia e quelle che ritiene le sue 'forze per procura' si ritirino dall'Est in modo da riprendere il controllo del confine, solo allora è disposta a svolgere elezioni locali secondo standard internazionali e nel rispetto della legge ucraina; invece di concedere alle regioni separatiste uno status speciale come chiede Mosca, Kiev riconoscerebbe loro dei poteri extra, nell'ambito di un piu' ampio programma di decentramento.
Questa interpretazione negherebbe al Cremlino la capacità di continuare a controllare i territori dell'Est e avere così voce in capitolo negli affari ucraini, con rappresentanti delle regioni filo-russe seduti al Parlamento nazionale e autorita' regionali pronte a contrastare le politiche non gradite a Mosca, per esempio l'adesione alla Nato.
La sequenza degli obblighi da adempiere, nell'interpretazione russa, prevede invece prima le elezioni locali e il riconoscimento dello status speciale del Donbass. Scenario inaccettabile per Kiev che rifiuta di trattare in modo diretto con le autoproclamate autorita' separatiste, ritenute al pari di terroristi, e non accetta quello che sarebbe un voto sotto occupazione.
Per ora, sulla sequenzialita' degli obblighi, non si registrano ufficialmente ammorbidimenti. Da Mosca è arrivato diretto il monito all'Ucraina e agli Usa: qualunque revisione della sequenzialita' degli accordi di Minsk, "rischia di far deragliare il processo di pace", ha avvertito pochi giorni fa il ministero degli Esteri russo.
Cosa prevede il protocollo
Ecco i 13 punti rafforzati dal secondo accordo; che a distanza di 7 anni dalla firma, sostenuta da Francia, Germania, Russia e Ucraina, resta ampiamente inattuato.
1. Cessate il fuoco bilaterale, immediato e totale
2. Ritiro di tutte le armi pesanti da entrambe le parti, divieto di operazioni offensive e di sorvolo della zona di sicurezza da parte di aerei militari stranieri
3. Monitoraggio e verifica del rispetto dell'accordo da parte dell'OSCE, avvio di una missione di osservazione
4. Avvio di un negoziato per un autogoverno provvisorio nelle regioni di Donetsk e Luhansk, in conformità con il diritto ucraino, con l'obiettivo del riconoscimento, da parte del parlamento di Kiev, di uno statuto speciale per queste regioni
5. Amnistia per militari e combattenti di entrambe le parti, con l'eccezione dei reati gravi
6. Liberazione di ostaggi e prigionieri di entrambe le parti
7. Garanzia di assistenza umanitaria nelle zone del conflitto
8. Ripresa delle relazioni economiche e del pagamento delle pensioni
9. Ripristino del pieno controllo del confine dell'Ucraina da parte del governo di Kiev
10. Ritiro di tutti i militari, armi e attrezzature belliche oltre che dei mercenari stranieri dalla zona del conflitto; disarmo dei gruppi militari illegali.
11. Riforma costituzionale che preveda il decentramento amministrativo per le regioni di Donetsk e Luhansk.
12. Organizzazione di elezioni a Donetsk e Luhansk a condizioni concordate.
13. Rafforzamento del gruppo di contatto trilaterale composto dai rappresentanti di Russia, Ucraina e OSCE.