AGI - L’ultima volta che aveva incontrato il presidente Vladimir Putin, poco più di due mesi fa a Sochi, per concludere un accordo a lungo termine che garantisse le forniture di gas a Belgrado, il leader serbo Aleksandar Vucic aveva puntualizzato che l’intenzione della Serbia rimane quella di aderire all’Unione europea, ma senza rovinare i legami con Mosca. Oggi, a Pechino, il presidente cinese Xi Jinping gli ha confermato l’amicizia “irriducibile” della Repubblica popolare, ricordando la Nuova via della seta e auspicando la promozione di progetti di cooperazione.
Solo poche settimane fa, Vucic aveva difeso a spada tratta l’”eroe nazionale” e numero uno del tennis mondiale, Novak Djokovic, nella disputa che l’ha visto opporsi all’Australia che lo ha respinto dal proprio territorio perché non vaccinato contro il Covid, impedendogli di partecipare agli Open e di eventualmente aggiudicarsi il 21/mo titolo del grande Slam (impresa poi riuscita al rivale storico Rafa Nadal). Il campione è considerato il simbolo dello spirito nazionalista del Paese, e durante il periodo della sua permanenza in Australia i sostenitori manifestavano nelle strade di Belgrado chiamandolo “Martire serbo dell’imperialismo”.
L’incontro di fine novembre fra Vucic e Putin era il diciannovesimo in 7 anni, a conferma di una vicinanza con Mosca che in questo periodo di contrasti con l’occidente rende la Serbia un’eccezione europea. Da quando, nell’ottobre del 2000, cadde il regime di Slobodan Milosevic, la Serbia ha in corso una transizione democratica che non si è ancora completata.
Nei Balcani, si ricorda in un'analisi dell’Ispi sulla Serbia, si usa dire che “tutto è iniziato in Kosovo e tutto finisce lì”, riferendosi al nazionalismo che ha distrutto la Jugoslavia. Dall’inizio di quel terribile conflitto sono passati oltre 30 anni, ma nonostante la caduta di Milosevic e la sua morte nel 2006, la questione del Kosovo resta aperta ed è uno dei principali ostacoli al procedere della Serbia nella strada di avvicinamento a Bruxelles.
Ancora nel 2021 l’Ue ha sollecitato il Paese da 7 milioni di abitanti a riconoscere l’indipendenza del Kosovo e a siglare un accordo con l’ex provincia divenuta autonoma, per introdurre controllli ai confini. L’Europa ha chiesto anche che la Serbia si allinei a Bruxelles sul tema delle sanzioni contro la Russia, un tema tornato di grande attualità in queste settimane di crisi ucraina. Su entrambi i dossier non sono finora stati compiuti progressi.