AGI - 'J'accuse' di una giornalista neozelandese, incinta, contro le severe regole anti-Covid del suo Paese che le impediscono di rientrare per partorire e l'hanno costretta a chiedere aiuto ai talebani.
Charlotte Bellis, ex reporter per Al Jazeera dall'Afghanistan, ha raccontato sui media neozelandesi le sue traversie nel tentativo di tornare in patria, dopo aver scoperto la gravidanza lo scorso settembre mentre si trovava a Doha.
On Sunday I received a letter from a generic #MIQ email address suggesting I apply via a different category for an emergency spot to return to New Zealand to give birth. I attach their letter and my response to MIQ. pic.twitter.com/YPI3j3mBEZ
— Charlotte Bellis (@CharlotteBellis) January 30, 2022
Essendo incinta e non sposata, una condizione di illegalità nel Paese del Golfo, la donna si era licenziata e aveva cercato di rientrare in Nuova Zelanda ma senza successo a causa delle regole severe che richiedono a tutti, cittadini compresi, di stare in isolamento 10 giorni in hotel gestiti dai militari, creando lunghe file di attesa.
La giornalista aveva quindi deciso di spostarsi in Belgio dal suo compagno, il fotografo freelance Jim Huylebroek, ma anche lì non era potuta restare a lungo non essendo residente.
L'unico posto dove la coppia aveva un visto per vivere restava l'Afghanistan: Bellis ha raccontato di aver chiamato un suo contatto talebano e di aver ricevuto rassicurazioni che non c'era problema e "tutto sarebbe andato bene".
"Nel momento del bisogno, il governo della Nuova Zelanda ha detto, non sei la benvenuta qui", ha sottolineato lei. "Quando i talebani ti offrono - una donna incinta e non sposata - un rifugio sicuro, sai che la tua situazione è incasinata", ha aggiunto lei che la scorsa estate, con il ritorno dei talebani al potere, aveva conquistato l'attenzione chiedendo conto del loro trattamento delle donne.
Dopo aver denunciato pubblicamente la sua situazione, la reporter è stata contattata da funzionari neozelandesi che hanno rivisto la sua richiesta di rientro respinta e rispedito al mittente le accuse
Il ministro responsabile della risposta all'epidemia di Covid, Chris Hipkins, ha sottolineato che le misure prevedono il ritorno d'urgenza in patria e che c'era posto nei quarantena-hotel per persone in circostanze particolari: "Nessuno ha detto che non ci fosse".
Bellis ha raccontato di aver inviato 59 domande alle autorità neozelandesi per un ritorno d'emergenza ma di essere stata respinta e ha puntato il dito contro "clausole, tecnicismi e confusione".
"Ho capito che voleva tornare in una data specifica e che i funzionari l'hanno contattata per ulteriori informazioni poco dopo aver esaminato la sua domanda", ha sottolineato Hipkins. "I criteri di assegnazione di emergenza includono l'obbligo di rientrare in Nuova Zelanda entro i successivi 14 giorni. Bellis ha fatto presente che non intendeva muoversi fino alla fine di febbraio ed è stata incoraggiata dai funzionari a considerare di accelerare i suoi piani".
"Mi risulta che da allora i funzionari l'abbiano anche invitata a candidarsi per un'altra categoria di emergenza" e "le è stata offerta assistenza consolare due volte da quando e' tornata in Afghanistan all'inizio di dicembre", ha proseguito il ministro neozelandese, sottolineando che i "criteri di assegnazione di emergenza includevano la gravidanza".