AGI - Mentre la diplomazia occidentale è all'opera per disinnescare la crisi in Ucraina e i leader di Kiev tentano di rassicurare che la minaccia di un'invasione da parte della Russia, almeno al momento, non c'è, si intensificano le turbolenze sul versante orientale del continente euro-asiatico.
Sotto osservazione sono tornati lo Stretto di Taiwan, per le incursioni di aerei da combattimento cinesi sul suo spazio aereo di Difesa, e la Corea del Nord, che oggi ha lanciato due sospetti missili cruise. La tensione tra Cina e Stati Uniti, intanto, si concentra in queste ore sul Mare Cinese Meridionale, con due incursioni in pochi giorni di unità navali Usa nelle acque contese da Pechino con i Paesi del sud-est asiatico, l'ultima proprio all'indomani della più grande incursione degli ultimi mesi di aerei militari cinesi nei cieli dell'isola.
La crisi in Ucraina è vista con attenzione anche da Pechino, che ieri ha seccamente smentito le voci di una richiesta fatta al leader del Cremlino, Vladimir Putin, dal presidente Xi Jinping, di non invadere l'Ucraina durante le Olimpiadi Invernali di Pechino 2022, al via il 4 febbraio prossimo. Si trattava di una "provocazione" e di una bufala": la Cina, ha ribadito l'Ambasciata cinese a Mosca, chiede il dialogo per risolvere la crisi con Kiev nella cornice degli accordi di Minsk.
Per avere le idee più chiare della sintonia di Pechino e Mosca sulla crisi in Ucraina, ma soprattutto sui difficili rapporti di Russia e Cina con l'Occidente, bisognerà aspettare proprio l'evento sportivo del mese prossimo, con l'attesa visita di Putin a Pechino, che sarà uno dei primi faccia a faccia di persona di Xi con un leader straniero dall'inizio della pandemia di Covid-19.
Intanto, i ministeri della Difesa di Cina e Russia hanno annunciato oggi di avere condotto un'esercitazione congiunta anti-pirateria nella parte settentrionale del Mare Arabico. In questo scenario, la Cina ha anche ribadito il proprio sostegno ai Paesi dell'Asia Centrale.
Xi ha promesso altre cinquanta milioni di dosi di vaccini contro il Covid-19 in donazione ai Paesi della regione e si è impegnato per portare entro il 2030 a 70 miliardi di dollari gli scambi con i cinque Paesi (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) oggi a quota 50 miliardi. A pochi giorni dalle festività del capodanno lunare, Pechino è tornata a mostrare il suo volto più aggressivo a Taiwan: sono stati 39 gli aerei da combattimento cinese che nella giornata di domenica hanno violato lo spazio aereo di Difesa dell'isola su cui Pechino rivendica la sovranità. Altri tredici lo hanno fatto ieri, mentre oggi il Ministero della Difesa di Taipei ha rilevato la presenza di soli due aerei militari.
Le cifre sono ancora lontane dalle incursioni di inizio di ottobre, quando Pechino inviò, in soli cinque giorni, 150 aerei da combattimento nei cieli di Taiwan. A preoccupare, però, non sono i numeri, ma il salto di qualità tecnologico operato da Pechino: la Cina ha utilizzato i caccia elettronici J-16D, in grado di svolgere missioni di sorveglianza elettronica e di disturbo delle comunicazioni e dei radar, e descritti dagli analisti militari cinesi citati dal tabloid Global Times come "la carta vincente" dell'Esercito Popolare di Liberazione.
La tensione è tornata a farsi sentire anche nel Mare Cinese Meridionale, con due incursioni di unità navali statunitensi nelle acque contese tra la Cina e altri Paesi litoranei: a poche ore dalla massiccia incursione nei cieli di Taiwan, due portaerei Usa, la Carl Vinson e la Abraham Lincoln, sono entrate nelle acque del Mare Cinese Meridionale per assicurare "l'uso legittimo del mare e il libero flusso del commercio e scoraggiare coloro che impediscono la visione condivisa di un libero e aperto Indo-Pacifico ora e nel futuro a lungo termine", si legge in una nota della Marina Usa.
Il riferimento indiretto è al ruolo di Pechino, che rivendica la quasi totalità delle acque del Mare Cinese Meridionale, nonostante una sentenza della Corte Permanente di Arbitrato dell'Aja neghi alla Cina ogni diritto storico o giuridico su quelle acque. Oltre alla crisi in Ucraina, il 2022 si è aperto anche con i ripetuti test missilistici nord-coreani.
Il regime di Kim Jong-un ha testato i missili ipersonici, sotto la diretta supervisione del leader, e ha lanciato missili balistici a corto raggio, spingendo per la prima volta l'amministrazione Usa guidata da Joe Biden a imporre sanzioni a cinque funzionari nordcoreani accusati di sostenere i programmi di armamenti del regime.
La situazione economica è sempre più complessa e la scarsità di cibo nel Paese preoccupa lo stesso Kim: qualche spiraglio di miglioramento potrebbe arrivare dalla ripresa del commercio via treno con la Cina, il maggiore partner commerciale di Pyongyang, dopo due anni di chiusure totali del Paese per evitare la diffusione del Covid-19.
A pesare sul clima è anche lo stallo dei colloqui con Washington, fermi ormai da tre anni, quando a fine febbraio 2019 fallì il secondo summit tra Kim e l'allora presidente Usa, Donald Trump: gli Stati Uniti dichiarano di non avere precondizioni nella ripresa del dialogo, ma chiedono a Kim di porre fine ad atti "destabilizzanti".
Pechino, invece, invita alla cautela e bacchetta gli Usa per le sanzioni inflitte a Pyongyang, che "non serviranno a risolvere il problema". Kim, intanto, appare pronto a ricorrere ai metodi forti per riportare la questione missilistica e nucleare nord-coreana al centro della scena, oggi occupata dalla crisi ucraina: all'ultimo incontro del Politburo del Partito dei Lavoratori da lui guidato, ha minacciato gli Stati Uniti che intende "reprimere fermamente gli atti ostili" contro il suo Paese e ha chiesto ai vertici del partito di "rivedere tempestivamente la questione della ripresa di tutte le attività che sono state temporaneamente sospese", un passaggio immediatamente interpretato da Seul come un'indicazione chiara che la Corea del Nord potrebbe riprendere i test nucleari e a lanciare i missili balistici a lungo raggio.