AGI - Nel giorno in cui, con ogni probabilità, giungerà sul suo tavolo il rapporto indipendente di Sue Gray sull'inchiesta del "Partygate", Boris Johnson continua a resistere alle richieste di dimissioni, nonostante ieri la polizia metropolitana di Londra abbia aperto un'inchiesta sulle feste a Downing Street tenute in barba alle restrizioni sanitarie in vigore nel Paese.
Bisognerà attendere almeno giovedì perché Johnson riferisca, come promesso, ai Comuni sul rapporto Grey. L'atmosfera era però già incandescente al 'question time', che ha visto il primo ministro impegnato in un aspro duello verbale con Keir Starmer, il leader dell'opposizione laburista, che è tornato a chiedergli di lasciare la guida del Paese.
Johnson viene accolto da un boato non appena entra in Aula. Gli schiamazzi, tra le risate dei laburisti e le acclamazioni dei conservatori, proseguiranno per tutta la seduta, costringendo più volte lo speaker Lindsay Hoyle a richiamare all'ordine. C'è pure lo spazio per siparietti ironici, come il deputato laburista Lloyd Russell-Moyle che augura a Johnson un "buon non compleanno" paragonandolo al Cappellaio Matto di "Alice nel paese delle meraviglie" che "non ha bisogno di un compleanno come scusa per fare festa".
Gran parte della sessione è dominata dallo scontro tra Johnson e Starmer, che gli chiede se intende dimettersi per aver mentito al Parlamento sul "Partygate". Johnson risponde con un sonoro "no" e accusa Starmer di essere uno "sfrenato opportunista" che, fosse stato al suo Posto, "avrebbe tenuto il Paese in lockdown".
"Se non capisci quanto sia significativo quello che è accaduto, devo davvero disperarmi", ribatte Starmer a proposito dell'inchiesta della 'Met Police'. Il leader laburista accusa poi il premier di "non rendersi conto dei danni inflitti al Paese dalla sua condotta" e di provare "disprezzo" per i valori nazionali come "la decenza e il rispetto".
"Quanti altri danni farà il governo al Paese per salvare la pelle a un premier non adatto al ruolo?", si è chiesto Starmer, "abbiamo un primo ministro sotto inchiesta, che non può lasciare il Paese, e il governo ne diventa sempre più complice ogni giorno che rifiuta di parlare, mentre i prezzi del carburante schizzano alle stelle".
Quando prova a cambiare argomento, menzionando questioni più importanti come "la crisi che infuria ai confini dell'Ucraina, con il governo britannico che sta radunando insieme l'Occidente", Johnson incassa le contestazioni più dure. Ma non cede e rivendica l'azione di un governo che "ha portato a casa risultati: ha portato a casa la Brexit e la più rapida campagna vaccinale d'Europa, il crimine + sceso del 10% e le offerte di lavoro sono a livelli record".
Il premier dribbla ogni domanda sul "Partygate" affermando di non poter commentare un'inchiesta in corso "come tu sai bene, essendo un avvocato", aggiunge rivolto a Starmer. "Il Paese ha bisogno di un leader, non di un avvocato", ribatte. Il gioco di parole, "a leader not a lawyer" verrà poi ribaltato da Russell-Moyle, che affermerà di preferire "un avvocato a un bugiardo", "a leader over a liar".
"Ci credo che mi vuoi fuori dai piedi", replica Johnson a Starmer, enumerando i risultati di un governo che, per ora, "continua a fare il suo lavoro, che è quello di portare le cose a termine". "Porteremo avanti il nostro piano, perché noi abbiamo un piano e una visione per questo Paese, mentre voi non avete nulla, questa è la differenza tra questo lato e l'altro", conclude un premier intenzionato ad andare fino in fondo e constatare la concreta entità della fronda interna.
Una volta pubblicato il rapporto Gray, i parlamentari conservatori decideranno il destino di Johnson, che vuole contare in aula chi gli resterà fedele fino alla fine. Ai Comuni la compagine Tories conta 359 deputati. Per innescare un voto di sfiducia ne bastano 54.