AGI - Con il mondo che entra nel terzo anno della pandemia, non è il Covid bensì sono i rischi legati al clima, le crescenti fratture sociali e la minaccia cyber ad essere in cima alle preoccupazioni internazionali. A dirlo è il Global Risks Report 2022 del World Economic Forum. Secondo il documento, che sarà sul tavolo dei leader mondiali al Forum di Davos, 5 dei 10 maggiori rischi per il pianeta riguardano il clima o l'ambiente. Il rapporto invita i leader mondiali ad agire sul lungo termine, elaborando un'agenda per i prossimi anni.
Le minacce sul breve periodo, si legge, sono in particolare gli eventi atmosferici estremi, le divisioni sociali, le crisi umanitarie, il peggioramento della salute mentale delle persone, ma anche le malattie infettive, la crisi del debito e la diseguaglianza digitale. Sul medio periodo, invece, si aggiungono la mancata azione sul clima, il confronto geoeconomico, la perdita della biodervistà, l'incapacità di garantire la cybersicurezza e i danni causati dall'uomo all'ambiente. Sul lungo periodo si aggiungono le dispute geopolitiche sulle risorse naturali.
Nella classifica dei rischi per livello di gravità il primo posto è occupato dalla mancata azione climatica e il secondo dagli eventi atmosferici violenti. Al terzo posto si colloca la perdita della biodiversità, al quarto l'erosione della coesione sociale e al quinto le crisi umanitarie, cioè quelle legate al sostentamento.
E' solo al sesto posto, in una classifica di 10 rischi, che si trovano le malattie infettive. Ciò nonostante il Wef avverte che "con l'inizio del 2022, il Covid-19 e le sue conseguenze economiche e sociali continuano a porre una minaccia al mondo". "Le diseguaglianze sull'accesso al vaccino e le disparità che queste provocano sulla ripresa economica - prosegue il rapporto - rischiano di acuire le fratture sociali e le tensioni geopolitiche. Nei 52 Paesi più poveri, dove vive il 20% della popolazione mondiale, solo il 6% delle persone è stato vaccinato finora".
"Entro il 2024 - si legge ancora - le economie dei Paesi in via di sviluppo (esclusa la Cina) avranno perso il 5,5% del loro Pil rispetto ai livelli di crescita attesi prima della pandemia, mentre le economie avanzate li avranno superati dello 0,9% e questo accrescerà il divario mondiale creando tensioni all'interno e oltre i confini che rischiano di peggiorare l'impatto della pandemia e di complicare il coordinamento necessario per affrontare le sfide comuni, come quelle riguardanti il clima, la sicurezza digitale, il sostentamento delle popolazioni e la coesione sociale".
Al rischio sulle malattie infettive seguono i danni all'ambiente causati dall'uomo, le crisi sulle risorse naturali, le crisi del debito e, infine, le dispute geoeconomiche. Le aree di 'rischio emergente' sono invece la cybersicurezza, la competizione nello spazio, una transizione climatica disordinata e le pressioni migratorie. Ciascuno di questi temi richiede un coordinamento mondiale per una gestione efficace.
"La salute e le differenze economiche rappresentano delle fratture sociali. Sono temi che creano tensioni in un momento in cui la collaborazione all'interno delle società e in seno alla comunità internazionale sono fondamentali per garantire una ripresa mondiale più equa e veloce", spiega Saadia Zahidi, managing director del World Economic Forum.
Per Carolina Klint, capo dell'ufficio Gestione del rischio per l'Europa alla Marsh, "man mano che le aziende si riprendono dalla pandemia, concentrano giustamente la loro attenzione sulla resilienza organizzativa e sulle credenziali ESG. Con le minacce informatiche che ora crescono più velocemente della nostra capacità di sradicarle in modo permanente, è chiaro che nè la resilienza nè la governance sono possibili senza piani di gestione del rischio informatico credibili e sofisticati. Allo stesso modo, le istituzioni devono iniziare a comprendere i rischi legati allo spazio, in particolare il rischio dei satelliti dai quali siamo diventati sempre più dipendenti, alla luce delle crescenti ambizioni e tensioni geopolitiche".
Peter Giger, capo dell'ufficio rischi alla compagnia assicurativa Zurich, ritiene che la crisi climatica rimanga "la più grande minaccia sul lungo termine che l'umanità deve affrontare". "La mancata azione sui cambiamenti climatici - aggiunge - potrebbe ridurre di un sesto il Pil globale e gli impegni presi alla COP26 non sono ancora sufficienti per raggiungere l'obiettivo di (un aumento delle temperature entro) 1,5 gradi centigradi. Non è troppo tardi per un'azione da parte dei governi e delle imprese sui rischi che devono affrontare e per una transizione innovativa, determinata e inclusiva che protegga le economie e le persone".
Per l'Italia i maggiori rischi sono il debito e il clima
La mancata azione sul clima e la crisi del debito pubblico sono i primi due rischi che corre l'Italia. Subito dopo, sempre secondo gli intervistati, sono gli eventi atmosferici estremi, la "geopoliticizzazione" delle risorse strategiche e, infine, le disuguaglianze digitali.
In Francia, invece, gli intervistati hanno indicato l'erosione della coesione sociale come primo rischio per il proprio Paese. Al secondo posto hanno indicato la crisi del debito delle grandi economie e la "geopoliticizzazione" delle risorse strategiche, poi la mancata azione sul clima e l'assenza di misure per garantire la cybersicurezza.
Il sondaggio sulla percezione dei rischi in Germania ha dato il risultato seguente: al primo posto la mancata azione sul clima, seguita dall'erosione della coesione sociale e poi dalla concentrazione del potere digitale. Al quarto posto si colloca la crisi del debito nelle principali economie e, infine, la frattura delle relazioni interstatali e la geopoliticizzazione delle risorse strategiche. In Israele il primo rischio percepito e' quello degli attacchi terroristici, mentre nel Regno Unito e' la mancanza di misure in grado di garantire la cybersicurezza e negli Usa e' l'espolosione di bolle speculative nelle grandi economie