AGI - Dopo oltre venti anni, scompare dal campus dell'università di Hong Kong la statua che commemorava le vittime della strage di piazza Tiananmen. Il monumento dedicato agli studenti pro-democrazia di Pechino era uno degli ultimi simboli della repressione nel sangue delle proteste della primavera del 1989 rimasti a Hong Kong: il "pilastro della vergogna", il nome della statua in rame, alta otto metri, raffigura cinquanta volti angosciati e corpi torturati ammucchiati in una torre umana, ed è opera dello scultore danese Jens Galschiot, che si è detto "completamente scioccato" dalla rimozione della statua, e ha promesso che chiederà rimborsi per eventuali danni alla struttura.
Galschiot, che valuta la statua 1,4 milioni di dollari, aveva donato l'opera alla Hong Kong Alliance in Support of Patriotic Democratic Movements of China, l'organizzazione che fino al 2019 ha organizzato la veglia di commemorazione delle vittime della strage, l'unica a tenersi su suolo cinese, in seguito vietata ufficialmente sulla base di motivazioni sanitarie per evitare la diffusione del Covid-19.
Ogni commemorazione dell'eccidio del 1989 è vietata in Cina. La rimozione appare un nuovo capitolo della repressione di Pechino sulla città, sottoposta dal giugno dello scorso anno a una legge sulla sicurezza nazionale che ha costretto molti gruppi pro-democrazia a sciogliersi.
L'ordine per la rimozione era stato emesso a ottobre scorso e lo scultore danese aveva chiesto alle autorità di Hong Kong l'immunità dalla legge - che punisce con pene fino all'ergastolo chi viene ritenuto colpevole dei reati di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con forze straniere - per potersi recare a Hong Kong e riportare la statua in Europa.
Il lavoro di smantellamento dell'opera è cominciato nella tarda serata di ieri, quando sono state sistemate barricate nei pressi della struttura. Dopo lo smantellamento, la statua è stata montata su un container e un camion l'ha portata via nelle prime ore di oggi. La decisione di rimuoverla, si legge in una nota dell'ateneo, è stata presa "sulla base di un parere legale esterno e sulla valutazione del rischio per il migliore interesse dell'università".
L'opera verrà sistemata in un magazzino e l'istituto continuerà a cercare un consulto legale "per qualsiasi azione appropriata in seguito".
La statua era uno degli ultimi simboli rimasti a Hong Kong della strage del 1989, di cui il governo cinese non ha mai fornito i numeri ufficiali delle vittime. La repressione di Pechino sulla città in seguito alle proteste pro-democrazia del 2019 ha comportato anche la progressiva scomparsa di tutte le manifestazioni e i simboli della repressione cinese.
Oltre alla rimozione del "pilastro della vergogna", nei mesi scorsi, è stato costretto alla chiusura il museo dedicato alle vittime di piazza Tiananmen e sono stati arrestati i dirigenti della Hong Kong Alliance in Support of Democratic Movements of China, scioltasi la scorsa estate su pressioni delle autorità, che hanno accusato diversi dirigenti del gruppo di violazioni della legge sulla sicurezza nazionale.
La rimozione della statua in piena notte è stata vista come un atto di "codardia" da alcuni studenti ed è stata condannata, su Facebook, anche da uno dei più noti sopravvissuti della strage di piazza Tiananmen, Wang Dan, che oggi vive negli Stati Uniti, come "un tentativo di spazzare via la storia e i ricordi scritti con il sangue".