AGI - La decisione della Banca Centrale turca di abbassare di 100 punti percentuali i tassi di interesse, portandoli dal 16% al 15% ha accelerato la perdita di valore della lira turca, che nelle ore seguenti ha toccato il minimo storico di 11,29 rispetto al dollaro e 12,79 rispetto all'euro, mentre l'inflazione è ormai al 20%. Solo lo scorso 21 ottobre la stessa Banca centrale aveva tagliato i tassi di 200 punti, dal 18% al 16%.
La lira turca ha gradualmente e lentamente perso valore a partire dal 2014, tuttavia il crollo lo si individua negli ultimi 3 anni, periodo di tempo durante il quale l'inflazione è più che raddoppiata e il valore della moneta più che dimezzato.
A questa situazione hanno sicuramente contribuito fattori come le ripetute frizioni con gli Usa e relative sanzioni degli ultimi anni, la crisi economica e del turismo legata al Covid e l'impatto di medio termine dell'enorme ondata di profughi che ha interessato la Turchia negli ultimi 10 anni. Tuttavia è innegabile che la politica perseguita dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intestarditosi sul taglio dei tassi di interesse, non abbia prodotto alcun miglioramento.
"Fino a quando sarò in carica continuero' la mia battaglia contro gli interessi alti e l'inflazione. Difenderemo la nostra gente dai tassi di interesse", ha detto Erdogan lo scorso 17 novembre, monito per la Banca Centrale turca, che avrebbe deciso meno di 24 ore dopo.
La decisione del taglio si allinea ai desiderata di Erdogan, che ritiene la Banca Centrale "indipendente", nonostante la rimozione forzata di tre governatori in meno di 2 anni. Decisioni e strategie che evidentemente non hanno rafforzato la credibilità monetaria della Turchia e hanno influito negativamente sulla fiducia degli investitori stranieri.
Erdogan ha anche affermato che la crisi in corso non ha nulla a che vedere con i precedenti collassi dell'economia turca, che nel 1994, 2001 e 2007 ha navigato in cattive acque uscendone sempre, anche se con le ossa rotte.
1994: La prima donna premier e il disastro del populismo
La crisi del 1994 viene spiegata dagli economisti turchi come il risultato di una gestione economica sconsiderata ispirata da una politica populista, con il Paese indebitatosi pesantemente e insolvente presso le banche di stato. Con la morte del presidente Turgut Ozal nel 1993 le elezioni indicano Suleyman Demirel presidente della Repubblica e Tansu Ciller prima premier donna nel Paese.
I debiti accumulati dalle banche pubbliche avevano permesso alle banche private di accumulare capitali attraverso prestiti con tassi di interesse molto alti, praticati alle istituzioni oltre che alla popolazione. La premier Ciller decise di vincolare tutte le istituzioni pubbliche alla presidenza del consiglio dei ministri, mentre nel 1994 il deficit raggiungeva livelli record.
Il governo tentò di porre un freno all'indebitamento pubblico abbassando i tassi di interesse attraverso delle misure eccezionali, tra cui l'annullamento degli appalti statali e l'aumento delle tasse su bond e obbligazioni.
Con il debito pubblico a 40 miliardi di dollari si virò su una politica di privatizzazioni che secondo i piani non avrebbe risparmiato neanche le poste nazionali e da cui si stimava sarebbero entrati circa 35 miliardi di dollari nelle casse dello stato. Il piano fu bocciato però dalla Corte Costituzionale e determinò una fuga di capitali che fece sprofondare la Turchia nei rating delle agenzie internazionali e crollare la lira turca che a inizio 1994 perse il 14% del proprio valore in un giorno e il 160% nei 5 mesi seguiti le misure prese dal governo Ciller. Un collasso che portò all'ipertassazione di carburante, gas e prodotti in monopolio di Stato e costrinse il governo a trovare un accordo con il fondo monetario internazionale per sospendere il debito per 14 mesi.
2001 - Il presidente lancia la costituzione contro il premier
La Turchia esce devastata dalla crisi del 1994 ma nei mesi seguiti il collasso economico il governo non compie le riforme di cui il Paese necessitava per mettersi al riparo da eventuali ricadute.
Della crisi del 2001 rimarrà la scena, ormai negli annali, del presidente di allora, Necdet Sezer, che lancia la costituzione contro il premier Bulent Ecevit. Impossibile da ripetere, perchè la nuova formula presidenziale ha soppresso la figura del premier.
I sintomi di un nuovo periodo di crisi arrivano nel 1998, quando la crisi del rublo azzera le entrate dalla Russia, uno dei principali partner di Ankara e nel 1999 quando il terribile terremoto nel Mar di Marmara distrugge Izmit e colpisce Istanbul. L'inflazione inizia a decollare e il governo applica tutte le misure suggerite dal Fondo Monetario Internazionale. tra cui interessi a tasso prestabilito e cambio fisso.
Misure che non fermarono la crisi di liquidità di fine 2000, un'impennata dei tassi di interesse applicati dalle banche e una fuga di capitali stranieri. A fare le spese della crisio sarà la banca privata Demirbank che viene commissariata. Gli aiuti del fondo monetario internazionale bloccano la caduta della Turchia per qualche mese, ma da febbraio 2001 la crisi diviene inevitabile.
Si arriva così al presidente che lancia la costituzione al premier, quest'ultimo abbandona la riunione e ai giornalisti dice "Siamo in piena crisi di stato". Per i mercati è il colpo di grazia, il tasso di interesse overnight arriva ad oscillare tra il 5.000% e il 7.500% e l'insolvenza rispetto alle richieste di cambio in valuta estera ammonta a 7 miliardi di dollari.
Dal tasso a cambio fisso si torna al tasso di cambio variabile ma non basta, serve l'intervento del vice presidente della Banca Mondiale, il turco Kemal Dervis, richiamato d'urgenza in patria per guidare l'economia e attuare un programma di riforme, ma sopratutto conccordare una sospensione del debito con il Fondo Monetario Internazionale.
- 2007 - Erdogan fronteggia la prima crisi
La crisi del 2007-2008 a differenza delle precedenti non fu generata direttamente da fattori interni, quanto da congiunture internazionali. Tuttavia le ripercussioni sulla Turchia mostrano la fragilità e la permeabilità agli scossoni dei mercati dell'economia turca, ovvero la crisi di liquidità globale causata dall'improvviso balzo verso l'alto degli interessi, con pesanti ripercussioni sui bond e le obbligazioni di stato.
A Settembre 2008 la bancarotta della banca statunitense Lehman Brothers spinse la banche dà stato di Usa (FED), Inghilterra (BoE) e Giappone (BoJ) ad attivarsi per porre un freno alla crisi di liquidità. Nella Turchia dell'Erdogan premier che sognava il cambio 1/1 dollaro/lira turca, i sogni si scontrano con una realtà in cui la valutazione della lira sul dollaro scende da 1,2 a 1,7 e non si avvicinerà mai più all'obiettivo sperato.
Il presidente, allora premier, riesce però a mantenere le redini del Paese, tenendo la crisi fuori dal settore finanziario e guidando il Paese in 4 anni di benessere, prima dell'inizio del caduta attuale, iniziata nell'estate del 2013 prima della drammatica accelerazione degli ultimi giorni.