AGI - Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è determinato a far partire una operazione militare nel nord della Siria. Tuttavia quello che sarebbe il terzo intervento oltre confine contro l'organizzazione separatista curdo-siriana Ypg, quarto in totale considerando l'intervento del 2016 contro l'Isis, è stato congelato dalla contrarietà degli Usa e dai dubbi della Russia.
Il casus belli per Erdogan è stata l'uccisione da parte di miliziani Ypg lo scorso 10 ottobre di un militare e due poliziotti nelle vicinanza di Mare, nell'area del centro nord della Siria sottratta all'Isis e ora sotto il controllo di Turchia e Free Sirian Army, alleato di Ankara.
In seguito all'episodio l'artiglieria pesante turca ha tuonato ripetutamente e movimenti di truppe ci sono stati sia a ovest dell'Eufrate, a Manbij e Tel Firat, che a est, a Kobane, Ayn Isa e Tel Temir dove operazioni su piccolissima scala sono state portate a termine. Nonostante il "fuoco a volontà" e il via libera del Parlamento Erdogan, che in passato ha sempre realizzato le operazioni annunciate, si è bloccato dinanzi al semaforo rosso che Mosca e Washington gli hanno opposto.
Il presidente americano Joe Biden ha rinnovato il sostegno americano a Ypg. Motivo di tensione ormai cronico tra Washington e Ankara, che fa pesare la prossimità di Ypg al Pkk, organizzazione terroristica curda e sposta il conflitto da teatri di guerra a tavoli diplomatici. Sulla Siria Mosca ha altri piani e nonostante il silenzio, il presidente Vladimir Putin, con cui Erdogan è in costante contatto, ha cercato di dissuadere la Turchia dal compiere un intervento su larga scala.
Dall'altra parte i curdi di Ypg, con il capitano Abdul Kadir Effedili che ha dichiarato che al momento Ypg controlla il 25% del Paese e puo' contare su circa 50 mila uomini. "Abbiamo lottato contro l'Iss fianco a fianco della coalizione, siamo determinati a combattere contro chiunque minacci le città che abbiamo conquistato", ha detto il capitano Ypg.
E battaglia sarebbe stata, se non fosse che al momento le intenzioni di Erdogan sembrano cozzare contro un panorama cambiato rispetto agli anni scorsi, quando gli è stata carta bianca per manovre mirate a mettere in sicurezza il confine turco secondo i propri desiderata.
L'operazione 'Ramo d'ulivo' ad Afrin del 2018 e l'intervento nel nord est della Siria, 'Sorgente di Pace' del 2019 furono preparate per settimane, ma condizionati al via libera di Mosca nel primo caso e degli Usa nel secondo. Via libera che questa volta potrebbe non arrivare e costringere Erdogan a operazioni su piccola scala e mirate, per poter comunque raggiungere i propri obiettivi senza però poter cavalcare come in passato l'orgoglio nazionalista del Paese.