AGI - Si è concluso con un bagno di sangue lo scontro in un carcere ecuadoregno tra detenuti di bande rivali, con almeno 68 morti. I detenuti della prigione di Guayaquil, la città più grande del Paese, hanno combattuto con "ferocia", ha riferito Pablo Arosemena, il governatore della provincia di Guayas, dove si trova il carcere, lo stesso in cui a settembre una rivolta ha causato 119 vittime.
La rivolta è iniziata nella prima serata di venerdì, quando un gruppo di prigionieri ha cercato di entrare nel Blocco 2 del carcere dove erano detenuti i componenti di una gang rivale avanzando a colpi di pistola ed esplosivi, e armati di coltelli e machete. "Questi eventi sono il risultato di una disputa territoriale tra bande criminali all'interno del penitenziario", ha spiegato il comandante della polizia, generale Tannya Varela.
Circa 68 detenuti sono stati uccisi e altri 25 sono rimasti feriti negli scontri, secondo una dichiarazione diffusa su Twitter dalla Procura dell'Ecuador. Un intervento della polizia per cercare di ristabilire l'ordine "ha salvato vite", ha detto ancora il governatore Arosemena.
Le autorità hanno raccontato che ci sono volute delle ore per riportare la situazione alla normalità perché la violenza all'interno del carcere era così intensa che inizialmente la polizia è potuta intervenire.
Una delle bande all'interno della prigione, i Tiguerones, è rimasta senza capo, rilasciato dopo aver scontato parte della sua pena per furto e ricettazione di parti d'auto. Gli altri gruppi, allora, percependo la debolezza nei Tiguerones, sono andati all'attacco per eliminare la concorrenza. Il loro obiettivo, ha riferito ancora Arosemena, era quello di "entrare e compiere un massacro".
Le immagini diffuse sui social network, la cui autenticità non è stata confermata dalle autorità, hanno mostrato una pila di cadaveri ammucchiati nel cortile invaso dalle fiamme, mentre igruppi di detenuti si affrontavano a colpi di bastoni e machete. Alcuni detenuti hanno postato dei video sui social in cui chiedevano aiuto: "Siamo chiusi nel nostro padiglione. Vogliono ucciderci tutti", ha implorato un detenuto mentre in sottofondo si sentivano urla e colpi d'arma da fuoco.
Decine di persone si sono radunate fuori dai cancelli della prigione ieri mattina per cercare di capire le condizioni dei loro cari all'interno. "Sono esseri umani, aiutateli", recitava uno striscione tenuto da una delle famiglie, trattenuto da uno schieramento di polizia e soldati supportati da un carro armato.
Sono oltre 300 i prigionieri uccisi quest'anno nel sistema di detenzione criminale dell'Ecuador, dove migliaia di detenuti legati a bande di narcotrafficanti si affrontano in violenti scontri che spesso si trasformano in rivolte.
I disordini di settembre sono stati uno dei peggiori massacri carcerari nella storia dell'America Latina e le ultime violenze a Guayaquil hanno solo riaffermato lo stato di degrado delle carceri dell'Ecuador.
Bande di narcotrafficanti rivali stanno conducendo una sanguinosa faida nella prigione di Guayas 1 a Guayaquil, una struttura progettata per 5.300 detenuti ma che ne ospita 8.500.
Due settimane dopo il disastro di fine settembre, quando morirono 119 persone, il presidente Guillermo Lasso ha dichiarato lo stato di emergenza di 60 giorni nel tentativo di domare l'impennata di violenze legate alla droga.
Tra gennaio e ottobre di quest'anno, il Paese ha registrato quasi 1.900 omicidi, rispetto ai circa 1.400 in tutto il 2020, secondo i dati ufficiali del governo.