AGI - Senza sorpresa il presidente uscente del Nicaragua, Daniel Ortega, è stato rieletto per un quarto mandato con 75% dei consensi, ma l’esito del voto che ha escluso i sette principali oppositori, tutti in carcere, non viene riconosciuto da molti Paesi.
Secondo i primi risultati ufficiali diffusi dal Supremo consiglio elettorale sulla base dello spoglio delle schede in 49% dei seggi, Ortega, al potere da 14 anni, ha ottenuto il 75% delle preferenze mentre il tasso di affluenza è stato del 65,34%.
I dati sono già stati contestati da osservatori vicini all’opposizione: secondo l’osservatorio indipendente Urna Abiertas, il tasso di astensionismo è in realtà del 81,5%, dopo le dovute verifiche effettuate da 1.450 osservatori non autorizzati ma comunque presenti in 563 seggi durante la giornata elettorale.
Un altro elemento di prova della bassa affluenza alle urne, sottolineano diversi media internazionali, è il fatto che ieri a Managua, la capitale, le strade erano semi deserte.
Temendo proprio il disinteresse della popolazione, il Fronte sandinista di liberazione nazionale (FSLN, l’ex guerriglia al potere) ha organizzato campagne porta a porta per spingere la gente ad andare a votare. In Nicaragua l’opposizione è stata totalmente stroncata dal regime di Ortega e la maggior parte dei suoi leader sono detenuti in carcere oppure costretti a scegliere la strada dell'esilio.
La protesta a San José
Hanno organizzato una protesta a San José, capitale del Costa Rica dove sono rifugiati 100mila nicaraguensi, la cui parola d’ordine è stata “Rimanete a casa”, denunciando l’organizzazione pilotata delle presidenziali nel Paese di origine.
Secondo un sondaggio Cid Gallup, se fossero stati in grado di scegliere liberamente, il 65% dei 4,4 milioni di elettori iscritti avrebbe votato per un candidato dell’opposizione contro 19% per il presidente uscente.
In effetti nel voto di ieri Ortega ha affrontato cinque sfidanti poco conosciuti e ritenuti suoi collaboratori. Di fatto i suoi avversari più accreditati sono tutti finiti in manette nei mesi scorsi, con l'accusa di non meglio specificati attacchi alla "sovranità" del Paese di “tradimento” o “riciclaggio di denaro”, sulla base di una legge approvata dal Parlamento allo scopo di impedire la partecipazione al voto di figure in grado di mettere a rischio la riconferma di Ortega.
Così a giugno è stata arrestata la candidata favorita Cristiana Chamorro, figlia dell'ex presidentessa Violeta Barrios de Chamorro, insieme ad altri sei candidati alla presidenza.
A contestare il voto, ancora prima della diffusione dei risultati, è stato il presidente americano Joe Biden che ha definito le presidenziali una “commedia”. “Quello che il presidente del Nicaragua e sua moglie, la vice presidente Rosario Murillo, hanno orchestrato è una elezioni farsa che non è né libera né giusta e certamente non democratica”, recita un comunicato diramato dalla Casa Bianca.
Anche per la Spagna le elezioni sono una "farsa". Parere analogo quello della Divisione per le Americhe di Human Rights Watch, che sottolinea: il presidente Ortega “esercita il controllo di tutti i poteri, compresa l'Assemblea nazionale, i tribunali e il Consiglio elettorale supremo", ha ricordato Jose Miguel Vivanco, direttore esecutivo regionale.
L'ex guerrigliero Ortega
Eroe della rivoluzione, l’ex guerrigliero Ortega viene accusato dall'opposizione di comportarsi allo stesso modo del dittatore Anastasio Somoza Debayle che nel 1979 contribuì a destituire. A complimentarsi con Ortega, 75 anni, e la moglie Murillo, 70 anni, vice presidente dal 2017, ancora prima dei risultati è stato invece l’omologo del Venezuela, Nicolas Maduro.
“L’imperialismo e i suoi alleati striscianti in Europa puntano il dito sul Nicaragua, ma ci sono persone che amano il Nicaragua, ci sono persone che difendono il Nicaragua”, ha detto Maduro in un intervento radiotelevisivo, annunciando un suo prossimo viaggio nel Paese 'amico'.
Il piccolo Paese di America centrale, 6,5 milioni di abitanti, è il più povero della regione oltre ad essere in preda a ripetuti disordini causati da inflazione, disoccupazione e pandemia di Covid-19, la cui gravità è stata negata dal potere.
Il pugno duro di Ortega contro l’opposizione a pochi mesi dal voto rientra in una sua gestione del potere autoritaria e accentratrice che nella primavera del 2018 ha già causato più di 300 morti in violente repressioni delle manifestazioni contro il regime.
Da allora almeno 100 mila cittadini sono scappati. Dallo scorso giugno in tutto 39 personalità sono state arrestate in Nicaragua tra leader di opposizione, imprenditori, studenti, giornalisti e persino contadini sospettati di sostenere forze politiche rivali.